mario draghi matteo salvini pier ferdinando casini

IL PATTO DELLA CIOCCOLATA CALDA - IL RETROSCENA DELL’INCONTRO TRA SALVINI E DRAGHI A VIA VENETO (CHEZ GIORGETTI), CHE HA BRUCIATO LA CANDIDATURA DI CASINI AL QUIRINALE - I DUE HANNO SORSEGGIATO UNA CIOCCOLATA CALDA, E IL PREMIER HA SPIEGATO AL “CAPITONE” PERCHÉ PER LUI “PIERFURBY” NON POTEVA ANDARE BENE: “UN CONTO È MATTARELLA, UN ALTRO È AVERE UN POLITICO SOPRA DI ME…”

Yoda per “il Giornale”

 

MATTEO SALVINI

Il sogno di Pier Ferdinando Casini di salire sul Colle più alto di Roma, il Quirinale, è tramontato per colpa di una cioccolata calda. Di prodotti culinari che hanno caratterizzato i momenti politici nodali della storia recente ce ne son stati tanti: dal celeberrimo patto della crostata a casa di Gianni Letta sulle riforme tra Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema; a quello delle sardine in cui Umberto Bossi e «Baffino» organizzarono il ribaltone contro il primo governo del Cavaliere; all'ultimo delle «pere cotte» a Villa Grande, sulla candidatura di Berlusconi al Quirinale.

pier ferdinando casini

 

Ora è venuto il turno della cioccolata calda. Venerdì 28 gennaio, in un appartamento di via Veneto, dépendance del ministero per lo Sviluppo Economico, padrone di casa Giancarlo Giorgetti, Mario Draghi ha incontrato Matteo Salvini e - sorseggiando appunto una cioccolata calda - gli ha spiegato perché per lui Casini non poteva andare bene come capo dello Stato.

MARIO DRAGHI

 

«Un conto è la conferma di Mattarella - gli ha spiegato -, un altro è avere un politico sopra di me al Colle». E il leader della Lega che fino ad allora aveva dato un mezzo assenso su Casini, o, comunque, non aveva detto di «no» a quella candidatura a Silvio Berlusconi, a Matteo Renzi e, addirittura, a qualche esponente del Pd dell'area vicina a Dario Franceschini, ci ha ripensato.

 

matteo salvini

Così quella cioccolata è diventata estremamente amara per l'ex presidente della Camera. È stata proprio quella riserva sul nome «politico» espressa dal premier a permettere che entrassero in pista due donne, anche se solo per dodici ore: prima Elisabetta Belloni, eppoi, durante la notte tra venerdì e sabato, Marta Cartabia.

 

Fuochi di paglia, certo, ma che sono serviti ad archiviare il nome di Casini. E pensare che qualche giorno prima quest' ultimo aveva chiamato il premier per chiedergli: «Caro Mario, ma tu sei contro la mia candidatura?». Ricevendo da Draghi una risposta in tipico stile gesuita, secondo i preziosi insegnamenti ricevuti in collegio: «Ma ti pare? Certo io preferirei il bis di Mattarella o un nome come quello di Giuliano Amato, ma non pongo veti su nessuno».

CASINI DRAGHI

 

Invece, il veto è arrivato eccome. Accompagnato dalle pressioni di Giorgetti e di alcuni governatori, la vera corrente draghiana dentro la Lega. E pensare che Casini aveva dato una serie di rassicurazioni a Salvini: sull'incarico di formare un governo in caso di vittoria del centrodestra alle elezioni («Lo darei a te, non certo alla Meloni»); e, ancora, sulla giustizia, argomento su cui il leader della Lega è estremamente sensibile. Salvini, però, non si aspettava un'opposizione così ferma da parte di Draghi. E nemmeno la sua capacità di manovrare dentro i partiti con i ministri del suo governo.

matteo salvini vota

 

In più, non aveva calcolato a dovere il particolare anagrafico: Casini è troppo giovane per un premier che in futuro potrebbe anche essere tentato di riprovarci. E ha ceduto di fronte alla cioccolata. Certo il «siluramento» della candidatura Casini non ha giovato più di tanto al premier. A parte gli endorsement di nove decimi della stampa nazionale a favore del suo trasloco al Quirinale, per molti il suo fallimento era segnato.

 

In un sms inviato ad un amico di vecchia data il 24 gennaio, cinque giorni prima della conferma di Sergio Mattarella, il neo presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, si era lasciato andare ad una previsione secca: «Draghi non andrà neppure in votazione». Più preciso di Nostradamus.

pier ferdinando casini adriano galliani pier ferdinando casini. MARIO DRAGHIdraghiMATTEO SALVINI PAGLIACCIO

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…