IL PD IN SOLLUCCHERO PER LA VITTORIA DI KEIR STARMER MA L'APPROCCIO AL SOCIALE DEL "LABOUR" È LONTANO DALLA LINEA WOKE DI ELLY SCHLEIN - ESULTA L'AREA RIFORMISTA DEL PD: “CRESCITA, SICUREZZA, CONTRASTO ALLA CRIMINALITÀ, LA FINE DEL CORBYNISMO. UNA QUARTA VIA, MENO COOL, MA SOLIDA, RIVOLTA A TUTTO L'ELETTORATO, E NON SOLO ALLE TRADIZIONALI BOLLE DELLA SINISTRA. UNA LEZIONE PER TUTTI I PROGRESSISTI”
Matteo Pucciarelli per “la Repubblica” - Estratti
Se da una parte Giorgia Meloni perde il leader politico europeo col quale forse si era creato il miglior legame, cioè il conservatore Rishi Sunak, dall'altra il centrosinistra italiano guarda con soddisfazione — in un quadro generale di ascesa delle destre — alla vittoria dei laburisti guidati da Keir Starmer. La Gran Bretagna non è più in Europa ma il Labour rimane ancorato al Partito socialista europeo, oltre che all'Internazionale socialista ovviamente.
Mantenendo quindi relazioni e contatti con il Pd. Il responsabile esteri dem Peppe Provenzano dice che l'exploit laburista «ci dimostra che pur in un tempo di ritorno dei nazionalismi la destra si può non solo arginare, come speriamo avvenga domenica in Francia. Ma si può battere».
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Gli esponenti dell'area riformista del Pd Lia Quartapelle, Filippo Sensi, Pietro Bussolati e Diego Castagno hanno scritto un instant book dal titolo La Quarta via. Il Changed Labour, per approfondire il metodo Starmer. Una cosa è oggettiva: i laburisti inglesi oggi vengono guardati con maggiore simpatia in quella sinistra considerata moderata, oppure blairiana, non a caso Matteo Renzi — che non si definisce più di sinistra — già ieri mattina festeggiava come se avesse vinto lui le elezioni britanniche.
«Le cose più interessanti per me — riflette Quartapelle — sono l'ambizione di conquistare i voti degli altri. In Francia si tenta di fare argine contro l'estrema destra, il Labour ha cominciato a chiedersi come convincere gli elettori che non li votavano ed è una cosa che non si fa più».
Secondo punto: «La credibilità sulla politica estera, atlantista e pro-Ucraina senza incertezze, e un'agenda sociale forte, con interventi da socialisti del primo Novecento». Terzo, «Starmer ha preso sul serio le preoccupazioni dell'elettorato, ad esempio sull'immigrazione. Ricordo che i fratelli Miliband non volevano parlarne, lui ha ascoltato e provato a dare risposte».
Sensi cita questi fattori: «Crescita, creazione di ricchezza, sicurezza, contrasto alla criminalità, la fine del corbynismo e il recupero del meglio della stagione di Blair. Una quarta via, meno cool, ma solida, rivolta a tutto l'elettorato, e non solo alle tradizionali bolle della sinistra. Una lezione per tutti i progressisti». Dopodiché Starmer, forse proprio per via del suo approccio "pragmatico", non scatena un entusiasmo trasversale a sinistra. Nel mondo rossoverde, ad esempio, il vecchio leader defenestrato Jeremy Corbyn riscuote ancora molti apprezzamenti.
Anche la timidezza del Labour sulla questione mediorientale, con i socialisti europei e i dem attestati sul cessate il fuoco a Gaza e Starmer invece più conciliante con le scelte del governo israeliano, crea qualche distanza. Ma intanto, su questo tutti d'accordo, meglio lui che Sunak a Downing Street.
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