IL DIETROFRONT DEI TRUMP-POPULISTI! DA LE PEN A SALVINI," DA FARAGE AL M5S: I NAZIONALTRUMPISTI DELL’OCCIDENTE ALLA NOTIZIA DEI MISSILI USA IN SIRIA ROMPONO CON IL PRESIDENTE USA – E ADESSO PER I SOVRANISTI DE’NOANTRI NON RESTA CHE PUTIN…
Sebastiano Messina per la Repubblica
NEL GIRO di una notte, l' uomo che fino a ieri rappresentava «l' inizio della rivoluzione mondiale» per i leader populisti di tutto il mondo - essendo lui, Donald Trump, il più potente di tutti loro - è finito nella colonna dei cattivi. Alla notizia dei missili Usa sulla base siriana i nazionaltrumpisti dell' Occidente rompono con l' amico Donald.
Per loro, prima della solidarietà populista viene il principio sovranista: mai mettere il naso negli affari di un altro popolo, neanche quando un dittatore usa le bombe al cloro per sterminare i civili. Il voltafaccia è spettacolare, perché all' appello non ne manca uno solo.
Neppure Nigel Farage. Ve lo ricordate, l' alleato europeo di Grillo? Lui che il 25 febbraio ebbe l' onore di essere il primo politico inglese a incontrare il nuovo presidente degli Stati Uniti, fotografato a cena con Donald e Ivanka a un tavolo da sette del Trump International Hotel di Washington, lui che vedeva nel miliardario americano il profeta di una «rivoluzione mondiale», ebbene proprio lui ieri si è dichiarato «molto sorpreso» - espressione che nel codice lessicale della politica indica un dissenso profondo - dalla mossa di Trump, e ha fatto persino un tweet per avvertire il suo potente amico che «molti suoi elettori sono preoccupati» (e devono essere preoccupazioni davvero forti, per essere arrivate in poche ore da una parte all' altra dell' Atlantico).
«Sorpresa» è l' aggettivo scelto anche da Marine Le Pen, la battagliera paladina dei nazionalpopulisti francesi. Per lei, che ha ereditato dal padre il sogno di conquistare l' Eliseo, la vittoria di Trump contro tutti i pronostici era «un grande segno di speranza», perché «ha reso possibile l' impossibile» (ovvero: la sua vittoria in Francia). Ma adesso lei non gli perdona di «essere tornato a fare il gendarme del mondo», violando il principio di sovranità che è la sua vera bandiera, e alla vigilia delle presidenziali lei ora teme che il possibile torni a essere impossibile, almeno a Parigi. E dunque ciao Donald, dice Marine.
Anche in casa nostra i trumpisti della prima ora stanno ripiegando velocissimamente. Colpisce - anche se non stupisce - la fulminea rapidità di Matteo Salvini, che durante le primarie americane postò su Facebook un selfie con Trump, lui con la cravatta allentata e il fazzoletto verde padano nel taschino e il candidato con il pollice alzato in segno di vittoria. Fu un mezzo infortunio, perché quello che doveva essere il segno di un' alleanza transoceanica si rivelò poi uno scatto rubato, quando l'«amico» americano dichiarò gelido a Hollywood Reporter che non solo non conosceva Salvini ma non l' aveva mai visto: «Non ho voluto incontrarlo ». Eppure Salvini restò trumpista, e il giorno del giuramento pubblicò un' altra foto: stavolta c' era solo lui, ma indossava la t-shirt con la faccia del presidente.
SALVINI ALL INCONTRO CON TRUMP
Ora però le cose sono cambiate, e Salvini accusa Trump di aver commesso «un clamoroso errore», di aver fatto «un regalo all' Isis » e di aver «violato il diritto internazionale». Mai più t-shirt americane, dunque, per il leader della Lega.
Poi ci sono i Cinquestelle, platealmente spiazzati dalla mossa di quello stesso Trump che aveva fatto fare a Beppe Grillo salti di gioia, il giorno in cui batté, contro tutti i pronostici, Hillary Clinton. «È pazzesco!» scrisse di getto il capo del Movimento sul suo blog. Questa vittoria, spiegò, attingendo al suo repertorio, «è un vaffanculo generale». Anzi, «è la deflagrazione di un' epoca, è l' apocalisse dell' informazione, della televisione, dei grandi giornali, degli intellettuali, dei giornalisti».
Era strafelice, Grillo, non solo perché Trump aveva fatto «un VDay pazzesco», ma perché lui vedeva chiaramente un' affinità, una somiglianza, tra la vittoria incassata dal neopresidente e il boom dei Cinquestelle: «Ci sono delle similitudini fra questa storia americana e il Movimento» assicurava.
E adesso, proprio adesso che Luigi Di Maio si preparava a partire per Washington con la non tanto segreta speranza di una photo-opportunity con il presidente americano, arriva la notizia dell' attacco alla Siria. La similitudine sfuma. Grillo stavolta tace, ma i suoi parlamentari mettono nero su bianco la loro condanna («La soluzione a una guerra non può essere un' altra guerra») e il responsabile esteri del Movimento, Manlio Di Stefano, già chiama a raccolta il fronte pacifista: «Se il governo italiano dovesse minimamente pensare di collaborare a questo crimine, mi troverete sotto Palazzo Chigi, e spero che possiate essere tutti voi con me: questa gente è pericolosa ».
E i bombardamenti di Assad?
Su quelli si è già pronunciato Di Battista: «I dittatori vanno destituiti, ma devono destituirli i popoli sovrani, non le bombe straniere ».
I trump-populisti dunque disarmano e rompono le righe, da Londra a Parigi, da Milano a Roma. E man mano che calano le quotazioni di Trump, al mercato del populismo sovranista salgono velocissimamente quelle del suo rivale: Vladimir Putin.
matteo salvini e marine le pen ballano in pista 1