UNA POLTRONA PER TROPPI - NEI 5 STELLE E’ GUERRA PER I SOTTOSEGRETARI: “NON SIAMO AL COLLOCAMENTO” - PER L’ECONOMIA TESTA A TESTA BUFFAGNI-CASTELLI, FRANCESCO D’UVA GAREGGIA COME VICE ALL’INTERNO – AL M5S SPETTANO UNA VENTINA DI POSTI. GLI ASPIRANTI SONO IL QUADRUPLO E DI MAIO HA TROVATO UN ESCAMOTAGE PER NON FARSI TRITURARE DAGLI ESCLUSI. ECCO QUALE
Monica Guerzoni per corriere.it
Ministri gialloverdi a caccia di un posto da sottosegretario, ex sottosegretari che bramano per essere promossi viceministri, risse verbali a porte chiuse, presidenti di commissione che trattano i parlamentari come disoccupati all’ufficio di collocamento. E Giuseppe Conte che accelera, per chiudere il sipario dell’imbarazzante teatrino delle poltrone: «Dobbiamo fare il prima possibile». Venerdì al massimo, o perfino domani, con tanto di via libera del Consiglio dei ministri.
Alla buvette del Senato, Dario Franceschini si cuce la bocca: «Siamo ancora in alto mare». Il capo delegazione del Pd è nel pieno delle trattative con Vincenzo Spadafora, che ha in mano il dossier per il M5S. Ma se i dem si orientano nel bosco delle pretese grazie alla bussola delle correnti, i 5 Stelle sono nel caos.
Al M5S spettano una ventina di posti. Gli aspiranti sono il quadruplo e Di Maio ha trovato un escamotage per non farsi triturare dagli esclusi. «Io avrò l’ultima parola e sceglierò in base alle competenze — è stato il messaggio del leader ai presidenti delle 28 commissioni di Camera e Senato — Ma voi dovete propormi i candidati». Un po’ come dire, scannatevi tra di voi. È nata così l’idea di una «rosa» di cinque nomi da individuare tra i commissari, perché il capo politico possa poi pescare dal mazzo. Il rodeo dell’«autopromozione» ha prodotto 14 riunioni.
I presidenti Grande, Gallinella, Ruocco, Brescia, Lorefice, Rizzo e Gallo hanno promesso «discontinuità anche nel metodo», peccato che poi hanno cominciato ad azzuffarsi tra loro e con i colleghi. E quando hanno capito che Di Maio non manderà i presidenti di commissione al governo per non scatenare la guerra di successione col Pd, hanno sbottato: «Non siamo un ufficio di collocamento».
Dentro la Affari costituzionali se le sono date, a parole, di santissima ragione fino a notte. «Un metodo folle», commentava un deputato stravolto all’uscita. In compenso ecco i magnifici quattro per l’Economia: Stefano Buffagni, Laura Castelli, Alessio Villarosa e Marco Pellegrini.
A Palazzo Madama alcuni parlamentari 5 Stelle si sono azzuffati per via XX Settembre, dove Buffagni e Castelli sono testa a testa. A chi toccherà l’onere e l’onore di marcare stretto il ministro dem Roberto Gualtieri e il numero due in pectore del Pd, Antonio Misiani? Ed è vero che la ex ministra Barbara Lezzi sarebbe disposta a tornare al governo come vice?
Al Nazareno il tema è quanti renziani entreranno. «Se saranno cinque il governo durerà», è il pronostico di un senatore. Dal Pd arriveranno Maria Sereni e Lia Quartapelle agli Esteri, Lele Fiano all’Interno, Gian Paolo Manzella all’Innovazione, Walter Verini alla Giustizia e Anna Ascani all’Università: la vicepresidente del Pd già si scambia messaggini con Lucia Azzolina del M5S. Per l’Editoria dovrebbe spuntarla Andrea Martella, che avrebbe il delicato compito di portare il Pd a Palazzo Chigi. Al premier Conte sarebbe piaciuto assegnare la delega ai rapporti con la stampa al fidatissimo tecnico Roberto Chieppa.
Ma Riccardo Fraccaro smentisce l’intenzione di affiancargli un altro sottosegretario: «L’ho letto sui giornali». È dunque molto probabile che Chieppa resti segretario generale, con le mani più libere sull’organizzazione della presidenza. Francesco D’Uva gareggia come vice all’Interno. Luca Carabetta andrà al Mise e Giancarlo Cancelleri ai Trasporti. Nicola Morra resterà all’Antimafia, per non lasciare una casella così importante a Pietro Grasso di Leu o al dem Franco Mirabelli.