mario orfeo . renzi

DA POMICINO ALLA BOSCHI - COME GALLEGGIARE NELLE PERIGLIOSE ACQUE DEI TG RAI? MARIO ORFEO CI RIESCE MEGLIO DI CHIUNQUE ALTRO - IN REDAZIONE LO CHIAMANO MORFEO: IL SUO TG1 FA DORMIRE E NON DISTURBA I POTENTI DI TURNO - IL PROFILO DI GIANCARLO PERNA

 

Giancarlo Perna per “La Verità

 

MARIO ORFEOMARIO ORFEO

Dirigendo da ben quattro anni il Tg1, Mario Orfeo è chiamato l' Inaffondabile. Una simile durata è in effetti rara. In 40 anni, meglio hanno fatto solo Emilio Rossi che fondò e diresse il Tg1 dal 1976 al 1981- non a caso detto «lo storico direttore» - e Clemente Mimun (2002-2006).

 

Orfeo però vive tempi più perigliosi dei suoi colleghi del passato. La nostra è, infatti, l' era dell' incertezza: tutto è sottomesso all' imperio di Matteo Renzi. In estate, sono stati silurati Marcello Masi al Tg2 e Bianca Berlinguer al Tg3. Intonso, è rimasto solo il Nostro. Scamparla mentre impera il Rottamatore è segno sicuro di virtù. Vediamo quali.

 

maria elena boschi mario orfeomaria elena boschi mario orfeo

Orfeo eccelle nel galleggiare. Scruta gli umori del Palazzo e sintonizza i timpani sui respiri delle alte stanze. Lo scotto che paga per questa certosina attenzione ai desideri del potere è un Tg inginocchiato. Ci sono interviste che gridano vendetta. Che so, hai davanti il ministro degli Esteri che, in ossequio alla Nato, manda i soldati al confine con la Russia, e gli lasci dire che non c' è ostilità verso Putin e che, anzi, puntargli addosso i fucili rilancerà il dialogo e torneremo a vendergli mozzarelle.

 

Ma perdinci, afferra Gentiloni per il bavero e chiedigli a brutto muso se c' è o ci fa con queste castronerie. Insomma, con i Tg di Orfeo ci si addormenta. Di qui il soprannome di Morfeo, il dio greco del sonno.

 

L' INTOCCABILE GIORGINO

 

francesco giorginofrancesco giorgino

Come direttore, Orfeo è rompiscatole. Nelle riunioni, tende - dicono - a mettere in cattiva luce i collaboratori. Fa lavate di capo e battutine che potrebbe risparmiarsi o fare privatamente. È il suo modo di ricordare che ha lo scettro in mano. Alcuni cambiamenti da lui voluti di recente hanno indisposto diversi colleghi.

 

In irate ambasce - ci dicono - è invece il chiomato Francesco Giorgino, il gagà del Tg, che, nonostante conduca ancora, sarebbe in bilico. Pare che Orfeo voglia parcheggiarlo considerandolo un residuo del berlusconismo. Tuttavia non osa, perché l' astuto Giorgino ha intanto traslocato dal Cav ad Angiolino Alfano. Rifugiato sotto l' ala del supponente ministro dell' Interno e nelle grazie della sua portavoce, Danila Subranni, è al momento un intoccabile. Il direttore, che è uomo di mondo, si è seduto senza fretta lungo il fiume e aspetta.

 

Orfeo, oggi cinquantenne, è sempre stato un fenomeno di precocità. Nel 1983, diciassettenne e ancora studente, era già in redazione a Napoli, la sua città.

 

A Napolinotte, il suo primo giornale, entrò grazie all' amicizia del nonno col direttore. L' avo materno era infatti il senatore dc Ludovico Greco, ex monarchico, seguace del famoso sindaco -armatore, Achille Lauro. Siamo nel ventre politico della Napoli di quegli anni. Questo ramo familiare dei Greco è sempre stato lo stellone di Mario: direttamente, nel corso iniziale della galoppante carriera; per li rami, in seguito.

 

paolo cirino pomicinopaolo cirino pomicino

TIFOSO DEL MILAN, VA ALLO SPORT

 

L' adolescente, che era un patito del calcio e tifoso del Milan, fu subito collocato nella redazione sportiva. Fece faville. Sveglio, intraprendente, veloce, divenne, imberbe, la colonna del settore. Così, qualche anno dopo, fu coinvolto in un' iniziativa editoriale sontuosa e promettente: il lancio del mensile patinato, Itinerario, voluto da Paolo Cirino Pomicino, allora il numero uno dei politici napoletani di calibro nazionale.

 

Itinerario era una rivista ricca di inserzioni pubblicitarie, omaggio delle imprese campane al trionfante Cirino. Anche qui, a favorire l' assunzione di Orfeo, ci fu lo zampino di un Greco. Lo zio stavolta, Vincenzo Maria, fratello della madre e figlio del su citato senatore.

 

Questo zio, docente universitario, era il braccio destro di Pomicino nelle cose economiche, ossia il tesoriere della corrente andreottiana a Napoli e dintorni. Greco si illustrò particolarmente nella gestione dei fondi per la ricostruzione dell' Irpinia dopo il terremoto del 1980. Ma si occupò anche dell' Alta velocità e, come suole quando ci si occupa di maxi appalti, fu messo nel mirino dalla magistratura. All' epoca, si fece anche un po' di arresti domiciliari. Avendoci preso la mano, Vincenzo Maria, continuò a trafficare anche dopo l' eclissi di Pomicino.

 

I MANEGGI DELLO ZIO

 

debenedetti, caracciolo, ciarrapicodebenedetti, caracciolo, ciarrapico

Numerose le iniziative che portano la sua impronta nei lustri successivi e altrettante le batoste. Con una dolorosa coda l' estate scorsa, quando Greco è stato arrestato per un buco di 700 milioni di una società da lui amministrata. Immaginate l' imbarazzo che deve avere provato il nostro Orfeo per le vicissitudini di questo zio, tanto utile nei primi passi, quanto ingombrante oggi che è un uomo arrivato e immacolato come un giglio.

 

Ma torniamo alla sua carriera giornalistica, proseguita, così com' era iniziata, tra capacità personali e raccomandazioni politiche. Dopo avere lavorato alcuni anni nei medi giornali cittadini, giunse per Mario la grande occasione. Il quotidiano romano La Repubblica decise di varare un' edizione napoletana. Il giovanotto, ormai ventiquattrenne, fu subito cooptato, un po' perché aveva un certo nome e molto di più perché Greco, lo zio pomiciniano, lo aveva caldeggiato.

 

ezio mauroezio mauro

All' epoca, tra l' ingegnere Carlo De Benedetti, patron di Repubblica, e il mondo andreottiano c' erano solidi legami. Di quegli anni, infatti, è il famoso lodo Mondadori che concluse la guerra di Segrate tra il Cav e l' Ing. Arbitro dell' accordo, per comune volontà delle parti, fu Giuseppe Ciarrapico, un fine maneggione, nella manica di Andreotti, Pomicino & co.

 

L' APPRODO ALLA «REPUBBLICA»

 

Alla Repubblica, Orfeo trascorse oltre un decennio. Tanto che traslocò pure a Roma, nella sede centrale, entrando nelle grazie del direttore, Ezio Mauro, che di lui apprezzava l' indole mattiniera per cui alle 8.30 aveva già spulciato tutti i giornali.

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PIERFERDINANDO CASINI MARIO ORFEO FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PIERFERDINANDO CASINI MARIO ORFEO

 

Bazzicando i democristiani della capitale, Orfeo fece un altro incontro fatale, quello con Pierferdy Casini, che lo presentò al suocero Gaetano Caltagirone, proprietario del Mattino di Napoli e del romano Messaggero. Mario, ormai trentaseienne, piacque al magnate che, con divino capriccio, lo nominò direttore del Mattino nel 2002. Tornò nella sua città e, con un occhio al centrodestra allora dilagante, coltivò nuove amicizie. Si legò così a due emergenti della politica campana, il finiano Italo Bocchino e la sua bella, Mara Carfagna, di Fi.

 

LA BENEVOLENZA DI NAPOLITANO

 

giorgio napolitano a capalbiogiorgio napolitano a capalbio

La coppia gli fu utilissima per diventare direttore del Tg2 nel 2009. Fu grazie a loro, infatti, che la nomina ottenne l' appoggio del centrodestra, Berlusca in testa. Insediato nel nuovo incarico, Mario ebbe l' ulteriore fortuna di avere come dirimpettaio l' irruente Augusto Minzolini, direttore berlusconiano del Tg1, che si era scagliato in alcuni editoriali contro il Quirinale. Questo fece sì che Giorgio Napolitano, per ripicca, preferisse farsi intervistare dal Tg2 di Orfeo, snobbando la Rete ammiraglia. Così, Mario arricchì il suo carniere di protettori, conquistando anche le simpatie del capo dello Stato, e cominciò a sognare la direzione del Tg1.

 

augusto minzolini (2)augusto minzolini (2)

Doveva però aspettare la cacciata di Minzolini. Nell' attesa, poiché era rimasto in eccellenti rapporti con Caltagirone, partecipando a tutti i matrimoni della famiglia, assunse la direzione del Messaggero (2011). L' anno dopo, defenestrato l' intruso, prese la guida del Tg1, con gli auspici di Napolitano, Mario Monti, Gianfranco Fini, Max D' Alema, Casini, Bocchino, Carfagna, ecc. Oggi però, nella mutevolezza delle umane sorti, costoro non contano più un baffo. Chi lo garantisce, allora, di fronte al nuovo e invadente potere renziano? Maria Elena Boschi, dicono. Relata refero.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL TORTURATOR ALMASRI È LA PROVA CHE LA LIBIA USA I MIGRANTI A MO' DI PISTOLA PUNTATA SULL'ITALIA - CHE POI PALAZZO CHIGI NON SAPPIA GESTIRE LE SITUAZIONI DI CRISI E' LAMPANTE: SAREBBE BASTATO METTERE IL SEGRETO DI STATO, INVECE CHE MANDARE PIANTEDOSI A CIANCIARE DI " ALMASRI, PERICOLO PER LA SICUREZZA", E NESSUNO SI SAREBBE FATTO MALE - L'ATTO GIUDIZIARIO DELLA PROCURA DI ROMA NON C'ENTRA NIENTE CON IL CASO SANTANCHÈ - LO STRETTO RAPPORTO DI LI GOTTI CON I MAGISTRATI - LE VOCI DI VOTO ANTICIPATO PER CAPITALIZZARE ''GIORGIA MARTIRE DELLA MAGISTRATURA''. CHE NON È SUL TAVOLO: SOLO MATTARELLA DECIDE QUANDO SCIOGLIERE LE CAMERE (E SERVIREBBE CHE O LEGA O FORZA ITALIA STACCASSERO LA SPINA AL GOVERNO...)

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

DAGOREPORT - AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO SARANNO DOLORI PER LA MELONI INEBRIATA DAL TRUMPISMO - IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE SARÀ LA RATIFICA, UNICA MANCANTE DEI 27 PAESI, ALLA RIFORMA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES), A GARANZIA DI UNA CRISI BANCARIA SISTEMICA. LA DUCETTA AVEVA GIA' PROMESSO DI RATIFICARLO DOPO LA FIRMA DEL PATTO DI STABILITÀ. MA ORA NON POTRÀ INVENTARSI SUPERCAZZOLE DAVANTI A MACRON, SCHOLZ, TUSK, SANCHEZ, LEADER CHE NON NASCONDONO DIFFIDENZA E OSTILITÀ NEI CONFRONTI DELL'UNDERDOG CHE SI È MESSA IN TESTA DI ESSERE IL CAVALLO DI TROIA DELLA TECNODESTRA AMERICANA IN EUROPA - MA IL ROSPO PIÙ GROSSO DA INGOIARE ARRIVERÀ DALL’ESTABLISHMENT DI BRUXELLES CHE LE FARÀ PRESENTE: CARA GIORGIA, QUANDO VAI A BACIARE LA PANTOFOLA DI TRUMP NON RAPPRESENTI LE ISTANZE EUROPEE. ANZI, PER DIRLA TUTTA, NON RAPPRESENTI NEMMENO L’ITALIA, MEMBRO DELLA UE QUINDI SOGGETTA ALLE REGOLE COMUNITARIE (CHE HANNO TENUTO A GALLA IL PIL ITALIANO CON I 209 MILIARDI DI PNRR), MA RAPPRESENTI UNICAMENTE TE STESSA…

donald trump elon musk

DAGOREPORT – SIC TRANSIT GLORIA MUSK: A TRUMP SONO BASTATI MENO DI DIECI GIORNI DA PRESIDENTE PER SCAZZARE CON IL MILIARDARIO KETAMINICO – LA VENDITA DI TIKTOK A MICROSOFT È UN CAZZOTTO IN UN OCCHIO PER MR. TESLA (BILL GATES È UN SUO ACERRIMO NEMICO). POI C’È LA DIVERSITÀ DI VEDUTE SUL REGNO UNITO: MUSK VUOLE ABBATTERE IL GOVERNO DI STARMER, CHE VUOLE REGOLAMENTARE “X”. E TRUMPONE CHE FA? DICE CHE IL LABURISTA STA FACENDO UN “GOOD JOB” – L’INSOFFERENZA DEL VECCHIO MONDO “MAGA”, L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E I DAZI ALL’EUROPA: IL TYCOON ASPETTA PERCHÉ VUOLE DISCUTERE CON LONDRA…

stefano boeri cino zucchi beppe sala

DAGOREPORT! LA "POLITECNICO CONNECTION" MILANESE, CHE HA PORTATO AI DOMICILIARI STEFANO BOERI E CINO ZUCCHI ERA STATA RACCONTATA SUL “FATTO” DA EMILIO BATTISTI NELL’AGOSTO DEL 2022 – L’ARCHITETTO SQUADERNAVA LA RETE DI RELAZIONI PROFESSIONALI TRA I VINCITORI DEL CONCORSO E I COMMISSARI BOERI E ZUCCHI LA “RIGENERAZIONE URBANA” A COLPI DI GRATTACIELI, SULLA QUALE IL SINDACO SALA TRABALLA, NASCE SEMPRE NELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO, DOVE IMPAZZA DA DECENNI UNA LOTTA INTESTINA TRA DOCENTI, QUASI TUTTI DI SINISTRA - L’INUTILITÀ DEI CONCORSI, OBBLIGATORI, PERÒ, PER LEGGE, QUANDO SAREBBE PIÙ ONESTO CHE...

nicola gratteri giorgia meloni magistrati magistratura toghe

DAGOREPORT – IN POLITICA IL VUOTO NON ESISTE E QUANDO SI APPALESA, ZAC!, VIENE SUBITO OCCUPATO. E ORA CHE IL CENTROSINISTRA È FRAMMENTATO, INCONCLUDENTE E LITIGIOSO, CHI SI PRENDE LA BRIGA DI FARE OPPOSIZIONE AL GOVERNO NEO-TRUMPIANO DI MELONI? MA È OVVIO: LA MAGISTRATURA! - LA CLAMOROSA PROTESTA DELLE TOGHE CONTRO NORDIO ALL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO, LE INDAGINI SU SANTANCHE' E LA RUSSA, I DOCUMENTI DEI SERVIZI SEGRETI SU GAETANO CAPUTI, PASSATI “ACCIDENTALMENTE” DALLA PROCURA DI ROMA AL “DOMANI”: TUTTI “INDIZI” CHE LA GUERRA È COMINCIATA – VIDEO: GRATTERI CONTRO NORDIO A “OTTO E MEZZO”

giorgia meloni ignazio la russa daniela santanche

QUESTA VOLTA LA “PITONESSA” L’HA FATTA FUORI DAL VASO: IL “CHISSENEFREGA” LANCIATO A GIORNALI UNIFICATI POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO DELLE SUE DIMISSIONI - LA MINISTRA DEL TURISMO, CON ARROGANZA MAI VISTA, DICHIARA URBI ET ORBI CHE SE NE FOTTE DEL PARTITO E DELLA MELONI (“L’IMPATTO SUL MIO LAVORO LO VALUTO IO”). INFINE LANCIA UN AVVERTIMENTO ALL’AMICO-GARANTE LA RUSSA (“NON MI ABBANDONERÀ MAI”) – ALT! LA "SANTADECHÈ" SMENTISCE TUTTO: "SE GIORGIA MELONI MI CHIEDESSE DI DIMETTERMI NON AVREI DUBBI. NON HO MAI DETTO 'CHISSENEFREGA". QUINDI NON UNO, MA QUATTRO GIORNALISTI HANNO CAPITO MALE E HANNO FATTO "RICOSTRUZIONI FANTASIOSE"?