IL TRIS DI PITTIBIMBO - PRIMA DI METÀ GENNAIO, QUANDO INIZIERA’ LA LOTTERIA QUIRINALIZIA, RENZI VUOLE PORTARE A CASA ITALICUM, JOBS ACT E RIFORMA DEL SENATO (MA GLI SERVE IL ‘SOCCORSO AZZURRO’ O LA DIASPORA DEI GRILLINI)
Fabio Martini per “la Stampa”
Nell’augusto Salone dei Corazzieri - tra stucchi, arazzi settecenteschi e finte logge - Giorgio Napolitano sta pronunciando il suo ultimo saluto alle alte autorità dello Stato, un discorso per nulla rituale: Matteo Renzi ascolta con espressione seriosa, attento a non mutarla neppure nei passaggi per lui più gratificanti e non sono pochi. Anzi mai così tanti dal pulpito presidenziale.
Poi, quando il Capo dello Stato conclude il suo discorso, per il premier è come un «rompete le righe», Renzi torna Renzi. Gli si avvicina la «nemica» Rosy Bindi e lui la bacia e scherza: «Io vengo dalla Val d’Arno e lei dalla Val di Chiana, tra le due valli c’è sempre stato cattivo sangue, il nostro problema è quello!».
Poi, alle sue spalle si appalesa un’altra donna «tosta», Susanna Camusso e anche in questo caso Renzi dispensa baci: «Ti dovrei dire delle cose, se non ci fosse qualche giornalista...». Uno di loro stuzzica il premier: «E’ proprio Natale...». E Renzi, di rimbalzo: «No, no, il 24 faccio i decreti attuativi del Jobs Act e... non sarà una giornata di pace».
MANIFESTAZIONE PDL VIA DEL PLEBISCITO SILVIO BERLUSCONI E FRANCESCA PASCALE
Un Renzi che scherza con tutti, su di giri e però, appena finiti gli ultimi convenevoli al Quirinale, il presidente del Consiglio è tornato subito a palazzo Chigi per una riunione operativa. Assieme al ministro del Lavoro Poletti, per continuare a limare i decreti attuativi del Jobs Act. Certo, Renzi è uno stakanovista, è uno che lavora davvero dalla mattina presto a notte tarda, eppure mettere a punto il testo migliore della riforma del lavoro, non è soltanto una questione di iper-attivismo.
Renzi si sta mettendo avanti col lavoro in vista di un gennaio caldo e stavolta la consueta enfasi dei mass-media non c’entra. Tanto per cominciare il calendario istituzionale oramai è tracciato, anche se non è ancora ufficiale. Il 13 il presidente del Consiglio pronuncerà a Strasburgo il discorso conclusivo del semestre di presidenza italiana nella Ue e dunque, dall’indomani, ogni giorno è buono per le annunciatissime (non da lui) dimissioni del Capo dello Stato.
Lo farà con una lettera e da quel momento, secondo i dettami della Costituzione, dovranno trascorrere non più di 15 giorni prima che i Presidenti delle due Camere possano convocare in seduta comune i parlamentari e i delegati regionali.
Questo significa che prima della convocazione delle Camere riunite, quasi certamente il 2 febbraio 2015, il Parlamento avrà due settimane piene per potere deliberare tutto quello che sarà messo in calendario.
Teoricamente il governo potrebbe tirare su le reti con un «pescato» copioso: seconda lettura della riforma del Senato e di quella elettorale, approvazione finale nelle apposite Commissioni parlamentari del Jobs Act. Per il governo saranno settimane piene o settimane bianche? In altre parole, gli «alleati» di Forza Italia consentiranno al governo una pesca miracolosa proprio alla vigilia delle delicatissime sedute per l’elezione del Capo dello Stato?
Ieri sera al Quirinale, il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, il forzista Francesco Paolo Sisto, dubitava: «Mi sembra difficile che senza Capo dello Stato si possano approvare riforme di quella entità».
Dunque governo e maggioranza resteranno nella palude? «Mi sembra difficile che qualcuno riesca a paralizzare tutto fino alla fine di gennaio - sostiene il vicepresidente dei senatori Pd Giorgio Tonini - sicuramente Renzi continuerà ad occupare la scena, sempre all’attacco, potendo sostenere che lui sta lavorando e gli altri paralizzano».
Intanto questa mattina alle 8 il premier incontrerà i senatori sulla riforma elettorale: non è escluso che, davanti al maxi-ostruzionismo della Lega, la maggioranza decida di by-passare le Commissioni e di portare direttamente il testo in aula.