CARLO FUORTES, IL “MR. WOLF” DEI BENI CULTURALI – QUANDO UN TEATRO DELL’OPERA VA IN CRISI, FRANCESCHINI CHIAMA IL MANAGER “RISOLVO-PROBLEMI” – DOPO IL PETRUZZELLI DI BARI E IL COSTANZI DI ROMA, ORA FUORTES DEVE SALVARE L’ARENA DI VERONA (VISTO CHE È COSÌ IN GAMBA PERCHÉ NON LO FANNO MINISTRO?)
placido domingo con carlo fuortes
Ferruccio Sansa per ''il Fatto Quotidiano''
L'Arena di Verona commissariata. Che il botto fosse questione di giorni si sapeva, ma lo shock è lo stesso forte.
"Come per le banche c' è chi teme un effetto domino tra le 14 fondazioni lirico-sinfoniche", sussurra un noto sovrintendente che vuole restare anonimo.
Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha nominato commissario Carlo Fuortes, "manager culturale che ha già gestito con grande professionalità la crisi dell' Opera di Roma".
Per i dipendenti, forse, è la soluzione meno traumatica anche se non è definitiva. Sul tavolo di Franceschini si trovavano tre opzioni. Oltre alla liquidazione coatta e al commissariamento nelle ultime ore ne era comparsa un' altra: la nascita di una nuova società, l' Arena Lirica Spa. Soci fondatori sarebbero stati il Comune, la Camera di Commercio, la Fondazione Cariverona e un fondo di investimento per raccogliere i capitali di privati.
LA CENA DI GALA ALL ARENA DI VERONA
Si era parlato dell' imprenditore siderurgico Giuseppe Manni e degli avvocati Giovanni Maccagnani (legale del sindaco Flavio Tosi) e Lamberto Lambertini. La società avrebbe organizzato solo tre mesi di opere estive, con contratti a termine e il laboratorio delle scenografie trasformato in cooperativa autonoma. Un' ipotesi che metteva, però, a rischio 300 posti di lavoro.
Così ecco il commissario che avrà un compito ben definito: "Garantire - come spiegano al ministero - lo svolgimento della stagione estiva, verificare entro il termine previsto dalla legge del 30 giugno 2016 le condizioni che permetteranno alla Fondazione scaligera di adempiere ai parametri stabiliti dalla legge Bray per accedere al percorso di risanamento o, in caso contrario, avviare la liquidazione".
Resta da capire se saranno superati i nodi di fondo: l'Arena che non riesce proprio a girare, nonostante i 400 mila spettatori della stagione estiva e i 500 milioni di indotto. Il debito è di 24 milioni.
In città tanti puntano il dito sulle "spese troppo allegre" delle passate gestioni e sui tagli di cinque milioni di finanziamenti. Poi il costo del personale. C' è chi snocciola dati sugli oneri aziendali per i dipendenti: dai 90 mila euro dei solisti ai 65 mila degli orchestrali, fino ai 41 mila di un operaio. "Balle", ribatte un orchestrale, "Noi i sacrifici li abbiamo già fatti. Pesiamo soltanto per il 51% del bilancio della fondazione. Quindici punti meno degli altri".
Dopo mesi di trattative si era arrivati a un passo da un accordo che, secondo Tosi, avrebbe consentito di risparmiare 4 milioni l'anno escludendo licenziamenti, ma facendo ricorso a prepensionamenti e incentivi all' esodo. Una proposta bocciata da un referendum tra i dipendenti con due voti di scarto.
La fondazione ha poi l' obbligo della stagione invernale che arriva a costare, però, centinaia di migliaia di euro a spettacolo.
carlo fuortes e pier carlo padoan
Fuortes (che manterrà l'incarico all'Opera di Roma) pare cautamente fiducioso: "La Fondazione Arena merita uno sforzo comune e un impegno di tutte le forze culturali". Intanto si parte con la stagione estiva, tra lirica (il 24 giugno la Carmen di Bizet) e musica leggera da Adele a Renato Zero.
Ma molti temono che il virus possa diffondersi. Tanto che il sovrintendente di Palermo, Francesco Giambrone, ieri ha voluto rassicurare: "Noi siamo in attivo dal 2013". La lirica, bandiera italiana, rischia di essere ammainata?