gianfranco fini elisabetta tulliani flavia perina

CHIAMALO SE VUOI GOSSIP (MA È INFORMAZIONE) – BE’, QUANTO E’ BUFFO (E PATETICO) LEGGERE SULLA “STAMPA” FLAVIA PERINA CHE SI SCAGLIA CONTRO IL ‘’FANGOSO MONDO DEL GOSSIP” CHE HA PRESO DI MIRA LE “DONNE AL POTERE”, E PRECISAMENTE RACHELE SILVESTRI E PAOLA BELLONI – DEL RESTO, LA PERINA E’ LA STESSA CHE COME EX DIRETTORE DEL “SECOLO D’ITALIA” SI DISTINSE PER LIQUIDARE DAGOSPIA COME “MACCHINA DEL FANGO” PER AVER SVELATO L’IMBROGLIO DELLA CASA DI MONTECARLO DI FINI/TULLIANI (CHE POI RISULTO’ FONDATA E LEI CAMBIO’ MESTIERE)

Flavia Perina per “La Stampa”

 

flavia perina foto di bacco

C’è innanzitutto una doppia solidarietà da dare. A Paola Belloni, la compagna di Elly Schlein il cui nome e volto sono stati rivelati da una foto rubata. A Rachele Silvestri, la deputata di FdI che è stata obbligata a fare un test del Dna per tutelare suo figlio, appena nato, dalle maldicenze su una paternità “irregolare” frutto della relazione con un dirigente sposato del suo partito.

 

Sono due casi molto diversi ma che raccontano bene la difficoltà italiana di sintonizzarsi con l’irruzione femminile sulla scena nazionale e la resistenza ad abbandonare il vecchio vizio del gossip rosa come strumento di lotta politica.

rachele silvestri 1

 

Gli uomini (molti uomini) non si spiegano nemmeno perché la Belloni si sia risentita di quella foto: in genere le ragazze associate ai potenti ci tengono a farlo sapere in giro e posano volentieri per servizi che sembrano paparazzate ma sono in realtà photo-opportunity apparecchiate con cura.

 

Non capiscono neanche l’urgenza dell’on.Silvestri di rendere pubblico, allo scopo di smentirlo, un pettegolezzo che nessuno aveva ancora pubblicato, perché sono pochissimi gli uomini a cui viene in mente che il neonato in questione, fra pochi anni, sarà un bambino capace di leggere, capire, stare su internet, e un dubbio sulla figura del suo «vero papà» potrebbe travolgerlo.

PAOLA BELLONI

 

Ma la doppia solidarietà non basta. Se il personale è politico (e queste vicende parallele dimostrano quanto lo sia) bisogna andare oltre. Ora che le donne comandano il gioco dei due principali partiti, ora che sono loro le arbitre del discorso pubblico, possono fare qualcosa di più che mettersi in difesa, rimproverare, ammonire.

 

Ad esempio farsi le spalle larghe e intestarsi la guerra all’impero del gossip maschile che da un ventennio governa una larga parte del dibattito pubblico, una piccola ma potente macchina fangosa che ha usato abitudini, relazioni, persino vestiti o pettinature per demolire le avversarie interne, attaccare quelle esterne, intorbidare reputazioni o pretendere atti di sottomissione.

PAOLA BELLONI E ELLY SCHLEIN - FOTO DIVA E DONNA

 

Quando Silvestri attribuisce a «un uomo, probabilmente un politico» il pettegolezzo, studiato «per attaccare figure del mio partito e insinuare un degrado da basso impero», o in alternativa a «cacicchi in cerca di gloria», evoca il meccanismo che ha sostituito il confronto delle idee con le dinamiche tipiche di certe corti rinascimentali dove la maldicenza era il primo strumento per assicurarsi il favore del sovrano.

 

Ne abbiamo viste di ogni, in Italia, dove quasi tutte le parlamentari di successo hanno dovuto combattere il sospetto di essere sgualdrine fortunate, e di questa malignità si è fatta addirittura una scuola di pensiero: non molti anni fa un vecchio liberale come Piero Ostellino difendeva il diritto della donna «consapevole di essere seduta sulla propria fortuna» a farne «partecipe chi può concretarla», avvalorando la tesi che nessuna dovesse arrabbiarsi più di tanto se le davano della puttana.

 

marco travaglio flavia perina

Ora che le donne comandano, possono demolire questa paccottiglia insieme all’intero coté che l’ha accompagnata. I titoli sulla «patata bollente» o sulle «oche giulive», la denigrazione delle avversarie fondata sui capelli rossi (Ilda Bocassini), sulla nazionalità e il ceto sociale (Carola Rakete), sulle treccine (Greta Thumberg), sull’eccesso di idealismo (Malala Yousafzai), sull’esorbitanza dell’impegno (le due Simone, Silvia Romano), ma anche, dall’altra parte, la malcelata convinzione che dietro l’affermazione di ogni donna di destra ci fosse una storia di prestazioni sessuali ben remunerate.

 

FINI TULLIANI

Ora che le donne comandano, e una di loro sta con una donna, si può legittimamente aspirare anche a mandare al macero la retorica che è stata il sottotesto di tanti fidanzamenti o matrimoni da copertina, utilizzati per segnalare la “normalità” o l’affidabilità dei leader, dal celeberrimo bacio di Achille Occhetto alla moglie sulla spiaggia di Capalbio (indicato da molti come il primo cedimento della sinistra alla personalizzazione della politica) fino alle più recenti performance balneari di Luigi Di Maio.

 

flavia perina

Le fidanzate e le mogli che lo desiderano possono mettersi in mostra, quelle che non vogliono hanno il diritto di scocciarsi se vengono riprese, e anche qui la necessità di un passo avanti è evidente: oltre la lamentela, si può finalmente normalizzare l’idea che il canone femminile in politica sia diverso da quello delle “vestali laiche” della Prima Repubblica.

 

Tutti le ammiriamo, e in molti casi le rimpiangiamo, ma il prezzo che pagarono all’Italia maschilista e familista di allora fu enorme e per molti versi orribile, dai sacrifici imposti a Nilde Iotti per occultare un amore che mezzo mondo conosceva fino al “contenimento estetico” che tutte dovettero usare per non essere accusate di leggerezza e vanità.

 

GIANCARLO ELISABETTA TULLIANI - LABOCCETTA - GIANFRANCO FINI

Quel gioco dominato dagli uomini funzionava bene perché aveva nel mirino una minoranza dotata di scarso potere. La storia ha rovesciato i rapporti di forza, e le donne devono esserne consapevoli. Farsi le spalle larghe e lavorare per silenziare l’impero del sopracciò maschile che giudica le ragazze e le signore spettegolando sui loro amori, sui loro vestiti, persino sui loro figli, è possibile, è necessario, migliorerà la vita di tutte.

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