RANIERI DI MONACO – VITA, CALCI E MIRACOLI DELL’ALLENATORE GIRAMONDO: DAL CATANZARO AL CHELSEA SBANCANDO MONTECARLO - LE “PAGELLE” AL CALCIO DE’ NOANTRI

Malcom Pagani per Il Fatto Quotidiano

In un mondo dominato dal mercato, la progressione linguistica di Claudio Ranieri non esclude turbanti, suk e future contrattazioni di sapor Mediorientale. A 47 anni imparò lo spagnolo, a 50 l'inglese, a 62 il francese.

Domani forse l'arabo, anche se in Qatar, dove lo aspettavano prima che firmasse per tre stagioni con il Monaco, sembrano essersi rassegnati: "Avevamo definito ogni dettaglio, poi mi hanno chiamato da qui e nonostante non allenassi in seconda divisione dal '94 non ho dubitato". Ha fatto bene perché con il denaro del misterioso russo Ryobolayev, l'abusivo di Montecarlo, il "Ranierì" senza ascendenze nobiliari, rischia di accedere al trono.

Vive in un magnifico appartamento all'ultimo piano di una strada che anche nella toponomastica rimanda all'Italia. Meno di una nostalgia "Perché degli ultimi 15 anni ne ho passati 10 all'estero", perché dopo due vittorie e un pareggio, l'ultimo, venerdì scorso, con il Tolosa, il suo Monaco appena promosso il Ligue 1 è già in corsa per il titolo e perché per essere principi, la casa di Roma, con i manifesti di Liz Taylor travestita da Cleopatra alle pareti, le tazze elisabettiane e un abbonamento ‘reale' al pallone planetario in tv, è a solo un'ora e un quarto di volo.

Può sempre tornare qui. Durante l'estate scommettevano sul suo esonero.
Alla prima sconfitta in un'amichevole estiva hanno scritto: "Lo cacciano". Ho letto, ma non mi sono preoccupato. Fa parte del gioco mediatico, dei giornali da riempire ad ogni costo, del circo di cui ormai conosco ogni dettaglio. Sono nato nel 1951, non posso più andare dietro ai titoli estivi. Ora che mi ci fa pensare, ho notato anche un'altra cosa.

Quale?
Che ci sono amichevoli e amichevoli. Se perdevo sembravano finali di Coppa del Mondo, ma quando vincevo, le declassavano a gare senza importanza. È serio tutto questo? A me non pare. Ma ho un equilibrio forte, con gli anni alle sciocchezze ho fatto il callo.

A Monaco sogna la rivincita definitiva?
Voglio vincere, ma non sogno nessuna rivincita. Ho vinto molto e ho viaggiato ovunque. Chelsea, Valencia, Atletico Madrid, Juventus, Inter e Roma. Tutte prese e allenate sempre in momenti assolutamente particolari. Nessuno mi ha mai regalato niente, garantisco.

Soddisfatto?
Supersoddisfatto. Non mi sarei mai aspettato di arrivare fin qui, ma ero molto determinato a farcela . Poi devo ancora scrivere. Ci sono moltissime pagine bianche da riempire.

Tra quelle scritte anche l'esordio in serie A, con la Roma, nel '73.
A novembre, con quell'intelligentissimo "filosofo" che era Manlio Scopigno. Alla Roma arrivai minorenne, per finire nelle braccia del mago Herrera, un genio. Poi conobbi Liedholm, un maestro. Avrei dovuto aspettare il mio turno; ma volevo giocare. Così chiesi di andare via. Catanzaro doveva rappresentare un passaggio intermedio. Ci rimasi, felice, 8 anni.

Proverbio catanzarese: "Trovare un vero amico e così raro/ come un dì senza vento a Catanzaro".
Io ho trovato il vento e gli amici. Con Giorgio Pellizzaro, il portiere di allora, lavoro tutti i santi giorni da 20 anni e di tanto in tanto, con i vecchi compagni, ci ritroviamo a cena. Ci togliemmo soddisfazioni, sa? Battevamo le grandi di metà anni '70. Juve, Inter e Milan, quasi le stesse di oggi.

Oggi c'è anche il Napoli.
De Laurentiis vuole rivivere l'epopea maradoniana ed è sulla strada giusta. A Napoli sono stato, so cosa si aspettano e conosco Benitez. Grande allenatore. Ottimo preparatore. Ha bisogno di tempo perché dopo l'addio di Mazzarri sono cambiati gli uomini e il modulo. Spero glielo diano.

L'Inter che fu sua che impressione le fa? Sono in arrivo i soldi indonesiani.
Mi dispiace per Moratti. È un signore che all'Inter ha dato tutto. Quando siamo stati promossi in Ligue 1 è stato tra i primi a complimentarsi. Prima o poi le cose cambiano. È la vita. Nasci, cresci e inevitabilmente passi la mano.

Succede anche a voi. E la gratitudine è un oggetto misterioso. Non era stato lei a consigliare Stramaccioni ai dirigenti dell'Inter quando lui lavorava ancora alla Roma?
Ma è il nostro lavoro. Siamo allenatori. Se veniamo chiamati, dobbiamo andare. Se tutto si svolge con lealtà non ci vedo niente di male. Sono una persona rispettosa. Laica.

Squadre italiane che la incuriosiscono?
La Juve è ancora la più forte e sono pazzo di Tevez. È molto più di un calciatore capace di risolvere una gara. Inizia l'azione, dialoga, si mette a disposizione. Segna sempre e quello con la Sampdoria non è certo stato il suo gol più difficile. Poi osservo con interesse la Fiorentina. Montella mi piace, è coraggioso, già saggio, bell'acquisto per la categoria.

Nessuno indica la Roma tra le favorite.
Proprio per questo mi aspetto buone cose. Paradossalmente può essere la sorpresa.

E la Lazio?
La Lazio spende poco e ottiene risultati superiori all'investimento. In questo senso mi pare che Lotito stia facendo capolavori.

Dal mancato scudetto del 2011 a oggi per la sua Roma sono state solo lacrime.
Da romanista, non aver vinto quel titolo mi dispiace enormemente e continua a lasciarmi l'amaro in bocca. Ci sono stati episodi strani, ma non voglio più parlarne. Cerco di essere sportivo. È andata in un certo modo.

Dopo è andata molto peggio.
Sia Luis Enrique che Zeman sono stati sfortunati.

La piazza è sconcertata per le cessioni.
I tifosi vogliono vedere una società. Finora non l'hanno vista o non credono a quello che vedono. Non è vero che i romanisti siano impazienti, sanno anche aspettare, ma i patti devono essere chiari. Se ogni giorno viene venduto un giovane si fanno domande normali: "Ma chi siamo diventati?".

Osvaldo le piace?
Come calciatore, molto. Come uomo non lo conosco.

E Lamela?
Moltissimo, ha enormi margini di miglioramento, ma la anticipo. Al Monaco non verrà. Abbiamo Falcao. Siamo a posto così.

Quando il Falcao romanista sbarcò a Roma lei giocava ancora.
Ma con quel Falcao le similitudini si fermano al nome. Il mio è una punta, l'altro un centrocampista. All'epoca giocavo con un altro attaccante, Palanca.

Lui segnava anche da calcio d'angolo. Potrebbe suggerire il colpo a Falcao.
Non ne ha bisogno, sta benissimo in area. Ha tutto, semplicemente tutto. In più arriva per primo all'allenamento e se ne va per ultimo. È un allenatore aggiunto, al Monaco ce n'è più d'uno.

Secondo i giornali Falcao potrebbe andarsene dal Monaco.
Balle. Invenzioni. Rimane con noi. Lo dicevano già in estate, poi si è visto come è andata. Il mio presidente non lo venderebbe mai.

Com 'è il suo discusso magnate russo dal patrimonio stimato in 10 miliardi di dollari?
Entusiasta. Si fa vedere. Discutiamo. C'è un traduttore, a imparare il russo non sono ancora arrivato.

Ryboblev si aspetta risultati immediati?
Sa benissimo che dobbiamo crescere anche se ha speso molti soldi e nelle coppe europee, meglio se in Champions, dobbiamo arrivare. Abbiamo iniziato bene, ma arriveranno momenti difficili.

Con il francese come va?
Molto meglio. Ha ragione Luis Garcia. Non basta il sì o il no, se ti vuoi davvero spiegare, le sfumature linguistiche sono importanti. Intanto in conferenze stampa uso il francese. Se vi volete divertire, qualche errore lo faccio di sicuro.

A proposito di russi. Lei ha già conosciuto Abramovich.
Lavorare per lui era come vivere dentro al fantacalcio: "Ranieri, prendiamo pure altri giocatori, ma tutti quelli che verranno dovranno essere più bravi di quelli che ci sono". Comprò la squadra dopo un quarto posto miracoloso. Entrammo in Champions e quella qualificazione, con il Chelsea a un passo dal fallimento, lo convinse a rilevare il club. Ho bellissimi ricordi.

E di Jesus Gìl, il presidente bancarottiero dell'Atletico Madrid?
Con il Valencia che da anni agonizzava a metà classifica andammo in Champions e vincemmo la Coppa del Re proprio contro l'Atletico. Allora fece di tutto per ingaggiarmi e promise una campagna faraonica. Sfortunatamente, appena arrivai a Madrid, gli bloccarono i conti in banca, la squadra venne commissariata e arrivò il giudice fallimentare.

Il progetto era eliminare Gìl e far retrocedere l'Atletico. Obbiettivi riusciti. Prima di una partita il giudice mi convocò: "O vince o la caccio". Mi alzai e mi esonerai da solo. Essere licenziato da un giudice sarebbe stato troppo per chiunque.

E lei "chiunque" non è.
Sono partito dall'Interregionale e sono arrivato in Champions. Provo orgoglio, anche se so che non posso piacere a tutti.

A Cecchi Gori piaceva.
Conobbi Mario, il patriarca, vedendo in bassa frequenza le partite negli studi Rai a Saxa Rubra e gli feci una buona impressione. Ci andavo spesso perché libero da contratti, sedendomi in tribuna, sembrava ambissi al posto di qualche collega. Vittorio, il figlio, era un amante del bello. Per Firenze e per la Fiorentina avrebbe voluto la luna. Ha cercato di lottare, ma anche se non ci è riuscito, di lui ho un buon ricordo. Mi dispiace che abbia perso il suo patrimonio.

A che punto è la notte del calcio italiano?
Stiamo venendo fuori dalla crisi e alcuni campioni ritornano. Poi le difficoltà esistono, con certe potenze economiche non si può competere e di fronte alla realtà non si può fingere di essere ciò che forse non si sarà più.

Ha visto Balotelli a Verona? Di fronte ai fischi razzisti un calciatore che deve fare?
A Verona il pubblico si è comportato benissimo. Segno che esiste un argine alla stupidità. In generale è molto difficile dire cosa sia giusto e troppo semplice cavarsela ripudiando il razzismo. Da un alto il calciatore deve lasciarsi passare sopra gli schiamazzi pensando che chi ulula, non è stato dotato dal buon dio di grande intelligenza. Dall'altra parte sento che non basta e che di fronte alla demenza, l'autorità non può limitarsi a osservare. Qualcosa deve fare.

Il Milan invece è sembrato poca cosa. Allegri rischia?
La società ha programmato il suo futuro, lo ha fatto con Allegri e sono sicuro che gli verrà lasciato tutto il tempo per lavorare in serenità. Per ora Il Milan non può fare due partite alla settimana. Nel secondo tempo, di fronte a un Verona ordinato, mancava velocità.

Ha rimpianti, Ranieri?
Per me il rimpianto è uno stimolo a fare meglio. Le mode passano. Sento parlare di calcio moderno da allenatori che vantano il cambio del modulo in corsa e mi viene da ridere. Lo facevo a Cagliari già 20 anni fa. Pubblicizzare il proprio prodotto, autopromuoversi, vendere la Fontana di Trevi, siamo sempre da quelle parti.

A Londra disse: "Ho capito che 2 inglesi fanno un popolo, ma 57 milioni di italiani no".
Siamo individualisti. In tutto. Ma non voglio entrare in politica.

In polemica vuole dire.
(Ride) Né in polemica, né in politica.

 

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