LA REAZIONE EUROPEA ALLA VITTORIA DI WILDERS IN OLANDA È UN SEGNALE PER MELONI (E SALVINI) – MASSIMO FRANCO: “È INTERESSANTE LA PRESA DI DISTANZA IMMEDIATA DI ALCUNI BERLUSCONIANI E DEL CAPOGRUPPO DEL PPE, MANFRED WEBER. È QUESTA PREOCCUPAZIONE A SPIEGARE LE DICHIARAZIONI DI ‘INCOMPATIBILITÀ’ TRA IL PARTITO DEL LEADER OLANDESE E I VALORI DEL PPE. SIGNIFICHEREBBE TERREMOTARE GLI EQUILIBRI CHE SI SONO CONSOLIDATI NEGLI ULTIMI ANNI; E CHE ANCHE GIORGIA MELONI HA PENSATO DI POTER MODIFICARE” – L’IPOTESI DI UN CORDONE SANITARIO PER EVITARE ALL’ULTRA-DESTRO DI DIVENTARE PREMIER (E FARE ASSE CON ORBAN IN CONSIGLIO)
1. UN MONITO OLANDESE PER MODERATI E SINISTRE
Estratto dell’articolo di Massimo Franco per il "Corriere della Sera"
La vittoria in Olanda del populista Geert Wilders […] rappresenta un monito non solo per i partiti moderati della destra. Chiama in causa la stanchezza politica delle sinistre; e il disorientamento di elettorati che cercano risposte «semplici» a una complessità che l’estremismo piega a proprio vantaggio.
Era prevedibile che rispuntassero immagini di Wilders con manifesti nei quali si legge: «Nemmeno un centesimo all’Italia» da parte dell’Ue. È la contraddizione di un nazionalismo che tende a fare blocco contro le istituzioni di Bruxelles, ma è il primo a dividersi quando si tratta di costruire una strategia comune.
MANFRED WEBER INCONTRA GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI - 11 NOVEMBRE 2022
[…] La sinistra italiana è stata rapida a segnalare l’esaltazione leghista dei «nemici dell’Italia». Ma è più interessante notare la presa di distanza immediata da Wilders, e implicitamente dal leader della Lega Matteo Salvini, di alcuni berlusconiani e del capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber.
Il populismo spaventa in primo luogo forze che temono una deriva a destra alle prossime Europee. È questa preoccupazione a spiegare le dichiarazioni di «incompatibilità» tra il partito del leader olandese e i valori del Ppe. Significherebbe terremotare gli equilibri che si sono consolidati negli ultimi anni; e che nei mesi passati anche la premier Giorgia Meloni ha pensato di poter modificare, intravedendo una maggioranza a Bruxelles contro i socialisti.
È stata la sconfitta dell’estremismo anti-Ue in Spagna e poi in Polonia a mostrare quanto sia scivolosa una simile strategia: sebbene la Lega continui a perseguirla in polemica con l’alleata e leader di FdI e con FI, accusati di puntare a un compromesso continentale con le sinistre.
La controversa manifestazione indetta a Firenze per il 3 dicembre da Salvini con l’ultradestra della francese Marine Le Pen è, indirettamente, legittimata e rafforzata dall’affermazione in Olanda di Wilders. Additare questo «cartello» ideologico come inquietante non risolve comunque il problema di un estremismo vivo e vegeto.
Il fenomeno chiama in causa non solo la politica del Ppe, e di una Cdu che in Germania avverte la concorrenza della destra estrema. A rivelarsi datate sono anche le agende di sinistre incapaci spesso di presentarsi come alternative: al punto che in alcune nazioni lo scontro sembra ridursi a quello tra centrodestra e estremismo di destra.
Colpiscono le parole allarmate che Weber rivolge alla sinistra affinché «si svegli su migrazione e inflazione. Se non risolviamo i problemi, Wilders e gli altri continueranno a guadagnare terreno...». Sembra un allarme rivolto in primo luogo ai tedeschi tentati in modo trasversale da AfD. Ma l’eco arriva anche nell’Italia di Pd e M5S.
geert wilders con manifesto nemmeno un centesimo all italia 2
2. ONDA POPULISTA
Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”
Un quarto degli elettori ha votato per lui, regalandogli otto punti di distacco sul secondo partito. E questa volta Geert Wilders ci crede davvero. Vuole diventare premier. Ha già pronto lo schema di maggioranza: una coalizione a quattro formata dal suo Partito per la Libertà (PVV), dai liberali di centrodestra (VVD), dai centristi del Nuovo contratto sociale (NSC) e anche dal partito degli agricoltori (BBB). Lo ha annunciato lui stesso ieri, rilanciando un sondaggio secondo il quale il 61% dei suoi connazionali apprezzerebbe questo formato.
Ma il suo destino […] non dipende solo da lui. Per governare servono almeno 76 seggi e il PVV ne ha solo 37. Il futuro dei Paesi Bassi, e di conseguenza anche quello dell'Unione europea, è ora nelle mani della neonata formazione centrista NSC – un partito personale creato dal cristiano-democratico "anti-casta" Pieter Omtzigt – e soprattutto del Partito popolare per la libertà e la democrazia (VVD): dopo aver guidato ininterrottamente il governo per 13 anni con Mark Rutte, i liberali di centrodestra sono il vero ago della bilancia. E i Paesi Bassi si trovano davanti a un bivio.
Hanno la possibilità di consegnare il Paese nelle mani di un leader con una chiara agenda che prevede il pugno di ferro contro l'immigrazione, un dietrofront nella lotta al cambiamento climatico, il ritiro del sostegno all'Ucraina e un passo indietro nel processo di integrazione europea. Un simile cambio di rotta in uno degli Stati fondatori avrebbe fortissime ripercussioni per l'intera Unione europea.
Giorgia Meloni Viktor Orban Mateusz Morawiecki
Perché Wilders, se confermato premier, cambierebbe anche gli equilibri all'interno del Consiglio europeo: l'ungherese Viktor Orban e lo slovacco Robert Fico lo aspettano a braccia aperte tra i banchi dei sabotatori, quelli che vogliono «riprendersi la sovranità». Una compagnia di giro che potrebbe tentare anche la premier Giorgia Meloni, rimasta senza l'alleato polacco Mateusz Morawiecki.
Oppure potrebbe succedere l'esatto opposto. Centristi e liberali potrebbero fare un clamoroso sgambetto a Wilders, ignorare l'ordine di arrivo e iniziare a mettere insieme i seggi necessari per arrivare alla maggioranza. Esattamente quello che è successo in Polonia e Spagna, dove i partiti più votati (rispettivamente il PiS e il Partido Popular) sono stati relegati all'opposizione.
Il cordone sanitario darebbe vita a tutt'altra coalizione: VVD e NSC (44 seggi in totale) potrebbero unirsi al cartello elettorale formato da laburisti e verdi (25 seggi) e ai social-liberali D66 (9 seggi). Una formazione con un profilo nettamente diverso, che avrebbe una linea marcatamente pro-europeista.
Anche perché a guidarla potrebbe essere proprio Frans Timmermans, l'ex vicepresidente della Commissione europea e responsabile del Green Deal. Essendo il secondo classificato, in caso di fallimento di Wilders spetterebbe a lui fare la mossa […].
[…] Per i liberali […] c'è un aspetto non secondario da tenere in considerazione. Il premier uscente Mark Rutte punta a diventare segretario generale della Nato. Un obiettivo che potrebbe essere più difficile da raggiungere nel caso in cui il suo partito entrasse in un governo "di rottura".
Di certo Rutte potrebbe cercare di allungare il più possibile la durata dei negoziati: fino a quando non ci sarà un accordo sarà lui a guidare il governo. Nel frattempo, il leader anti-islam, condannato in passato per incitamento alla discriminazione, ha già smussato i toni: «Se diventassi premier, sarei il premier di tutti gli olandesi. Indipendentemente dalla loro religione, preferenza sessuale, colore di pelle, genere o altro». Un evidente tentativo di "normalizzazione". O, come sostengono alcuni analisti, di "melonizzazione".
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