“KISSINGER HA MESSO DRAGHI IN GUARDIA DAL CAPITALISMO IMPERIALE” – RINO FORMICA: “L’IMPERIAL CAPITALISMO TOTALIZZANTE E GLOBALIZZANTE È IN CRISI E KISSINGER HA TOLTO DRAGHI DALLA VICENDA POLITICA NAZIONALE E LO HA COLLOCATO IN UN GOTHA DI CARATTERE INTERNAZIONALE GLOBALE PER COSTITUIRE UNA DIFESA DELL’IMPERIAL CAPITALISMO. I PERICOLI DI GUERRA CHE SI AVVICINANO MIRANO AL CUORE DEL POTERE CAPITALISTA. PUTIN HA CHIUSO L’“OPERAZIONE SPECIALE” CON I REFERENDUM E HA APERTO UNA NUOVA FASE: LA GUERRA ALL’OCCIDENTE”
Umberto De Giovannangeli per https://www.ilriformista.it
Signore e Signori allacciate le cinture. Sta per iniziare un volo nell’alta politica. Alla guida è uno degli ultimi “Grandi vecchi” della politica italiana: Rino Formica.
Senatore Formica che campagna elettorale è stata quella che si avvia alla conclusione?
Una campagna elettorale inesistente. Inesistente perché fatta con argomenti non solo fuori dall’attualità in evoluzione ma soprattutto fuori da una qualsiasi previsione dei processi politici globali che sono in corso. A mio modo di vedere questa campagna elettorale è stata inesistente perché i partiti politici hanno cercato di parlare a quella area sempre più ridotta dei votanti e non parlano all’area dei non votanti, cioè a quell’area che è la vera grande incognita, non solo perché è un’area che si annuncia larga e abbastanza vasta, ma soprattutto perché non sono state a fondo sondate le ragioni della consistenza e della qualità di quest’area del rifiuto al voto. Perché in quest’area c’è di tutto.
Vale a dire?
C’è la disaffezione nei confronti delle istituzioni. C’è il distacco fra le forze politiche e il proprio tradizionale elettorato. Insomma, una sinistra che perde il contatto col popolo e una destra che perde il contatto con i ceti produttivi, attivi, dinamici della società. Questo è un elemento di grande incertezza, la determinazione della qualità dell’astensione. Che va a collocarsi in una situazione di grande incertezza che è il quadro internazionale. Il quadro internazionale può nelle prossime settimane, sicuramente nei prossimi sei mesi, cambiare completamente qualsiasi risultato elettorale.
antonio guterres volodymyr zelensky
Su cosa basa questa sua allarmata considerazione?
Intanto c’è una preoccupante crisi dell’Onu. Basta rileggere con un minimo di attenzione il discorso di Guterres, il numero uno del Palazzo di Vetro, all’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, il quale dice senza mezzi termini, che questo organismo internazionale non è più in grado di svolgere il proprio ruolo.
E se lo dice il timoniere vuole dire che la barca fa acqua da tutte le parti. E questa è la crisi dell’Onu. Poi c’è una situazione di carattere particolarmente europeo che ci riguarda direttamente, ed è la posizione di isolamento progressivo in cui si sta trovando la Russia nel contesto mondiale, che la porta ad atti che potrebbero essere atti disperati.
Perché, senatore Formica?
Beh, il discorso di Putin bisogna leggerlo come atto di disperazione, da isolamento. Con quel discorso che chiama alla mobilitazione parziale e adombra lo spettro della guerra nucleare, Putin ha chiuso l’“Operazione speciale” con i referendum e ha aperto una nuova fase: la guerra all’Occidente. Con una mobilitazione semi generale, con una modifica fortemente punitiva delle leggi sulla renitenza alla leva e soprattutto con un riferimento esplicito all’uso di qualsiasi arma totale. Questo naturalmente provocherà una situazione non solo nel campo europeo ma negli equilibri di carattere mondiale, porterà ad una situazione di ripensamento delle strategie generali delle varie aree geopolitiche in via di formazione nel mondo. Poi c’è un altro aspetto che non è stato sondato in maniera approfondita…
Di quale aspetto si tratta?
È la crisi dell’imperial capitalismo totalizzante e globalizzante. Il discorso di Kissinger è un discorso in cui il “grande pontefice” dell’imperial capitalismo benedicendo Draghi lo ha tolto dalla vicenda politica nazionale e lo ha collocato in un gotha di carattere internazionale globale per costituire una difesa non solo dell’imperial capitalismo ma del potere dell’imperial capitalismo. Perché quei pericoli di guerra che si avvicinano mirano al cuore anche del potere dell’imperial capitalismo. E qui per noi si apre un’altra questione, un’altra incognita nuova in un sistema già scosso.
Nella cerimonia a New York di assegnazione di un importante riconoscimento a Draghi c’è lo sganciamento di Draghi dalla semplice condizione di essere punto di equilibrio al servizio delle istituzioni italiane, per assumere un ruolo, certo anche per quanto riguarda gli assetti di direzione e di governo futuro politico del Paese, ma in nome e per conto della tutela del potere dell’imperial capitalismo di cui Kissinger ha lucidamente intravisto i segnali di una possibile crisi. Questo è un punto molto delicato.
E lo è perché incrocia una revisione possibile e imprevedibile delle alleanze e delle scelte di carattere internazionale. Un giorno con la Cina, un altro giorno contro la Cina, un giorno con la Russia e un altro ancora contro la Russia…Ed è tutto all’interno di paradigmi e di coordinate vecchie e superate. Che partono ancora dal presupposto che esista un vertice mondiale, Pannella avrebbe detto una cupola mondiale, che dirige e coordina i comportamenti delle varie aree imperiali. E non è così.
Perché la tecnologia ha stravolto anche questo potere delle minoranze oligarchiche mondiali, perché ha dato la possibilità in tempo reale all’umanità nella sua interezza di poter valutare un fatto che avviene in qualsiasi parte del mondo. Quando quattro miliardi di persone vedono contemporaneamente, assistono, prendono conoscenza e vengono investiti da un’atmosfera di pulsioni, di sentimenti e anche di affetti artificiali come è avvenuto con il funerale della regina Elisabetta, questo vuol dire che miliardi di persone possono contemporaneamente avere un comportamento univoco di fronte ad avvenimenti che mettono le popolazioni, il mondo, la gente, fuori dagli schemi oligarchici, delle minoranze dominanti del mondo.
Ma rispetto a questi scenari così importanti, epocali, che lei ha delineato, la politica italiana sembra essere troppo al di sotto…
Perché ha alle spalle trent’anni in cui è passata una idea sciagurata, esiziale, cioè che la politica era non solo inutile ma dannosa. Questa è l’idea che è passata. Noi abbiamo avuto trent’anni nei quali si è andato esaurendo tutto ciò che nel sistema aveva immesso il periodo precedente, dal ’45 al ’92, come formazione della coscienza politica del popolo. Nel Partito socialista all’inizio del ‘900 si aprì una discussione tra i dottrinari e i rivoluzionari della piazza. La lotta di classe era la violenza di classe o era la coscienza di classe. E i riformisti posero il problema che non c’è lotta di classe senza coscienza di classe.
E la coscienza di classe vuol dire che hai una dottrina di sostegno, hai un sapere che diventa non un sapere delle èlite ma di massa che domina il conflitto e il contrasto. E l’assenza della politica, nel senso più alto e nobile del suo essere e della sua funzione, produce o comunque lascia il campo libero alla ruvidezza, la grettezza anche dello scontro primitivo degli interessi più profondi che diventano sempre più fondamentalisti e poco legati alla ragione.
In tutto questo, e in attesa dei risultati elettorali, si può dire che in questo Paese esista ancora, nella dimensione e nei caratteri che lei ha indicato, una forza di sinistra?
Io ragiono così: la sinistra ufficiale ha fatto di tutto per perdere la sua base sociale. Prima ha creato il populismo e il populismo ha dentro di sé, nella pancia, la creazione del reazionarismo delle classi dirigenti. Il populismo è generatore di autoritarismo, perché in definitiva è l’utilizzo strumentale del ventre delle masse e non della ragione e della mente delle masse. Io vedo però un fatto positivo in un atteggiamento che inizialmente è negativo: il distacco da questa politica quotidiana delle nuove generazioni.
Questo apparentemente è negativo. Però apre la strada a una nuova generazione critica. Che viene dalla scuola, dall’università, dalla ricerca, dal lavoro duro, dalla emigrazione verso altri Paesi dove vi è maggiore possibilità non solo di lavoro dal punto di vista della sua primordiale espressione, cioè la sua remunerazione primitiva, ma anche dal punto di vista dell’umanizzazione della funzione dell’uomo.
L’uomo che ha bisogno del lavoro come scuola di umanità. Queste nuove generazioni sono il punto di appoggio, forse il punto di Archimede, per colmare questo vuoto politico trentennale che si è determinato nella situazione italiana. Forse siamo alla fine del vuoto. Quello che si capisce è che le vecchie oligarchie che hanno fatto quest’ultimo giro di valzer della formazione delle liste tra sei mesi saranno travolte.