CASTELLI IN ARIA E INCAZZATURE REALI – NEL PD PIEMONTESE È SCOPPIATA LA RIVOLTA PER LA CANDIDATURA DELL'EX GRILLINA LAURA CASTELLI – LA VICEMINISTRA DELL'ECONOMIA ERA STATA PARACADUTATA NELL'UNINOMINALE DI NOVARA IN QUOTA DEM MA, DOPO LE POLEMICHE, HA FATTO UN PASSO INDIETRO: “LO SCOPRO DAI GIORNALI. NO GRAZIE” – NEL 2016 ERA STATA CONDANNATA PER DIFFAMAZIONE AGGRAVATA NEI CONFRONTI DELL'EX SINDACO DI TORINO PIERO FASSINO. UNA VICENDA MAI PERDONATA DAI DEM...
Bernardo Basilici Menini per “La Stampa”
Il Partito democratico nazionale alla fine è dovuto correre ai ripari e scegliere la soluzione più drastica: togliere Laura Castelli dalle liste elettorali per evitare la deflagrazione completa del Pd torinese e piemontese. Alla notizia che la viceministra - ex del M5S ora tra le fila di Di Maio da quando quest' ultimo è fuoriuscito dai pentastellati - era stata paracadutata nell'uninominale di Novara per la coalizione di centro-sinistra nella base subalpina dei Dem è scoppiata la rivolta.
Castelli per i militanti e gli iscritti è come il fumo negli occhi. Le cause risalgono al 2016, quando l'allora parlamentare grillina aveva insinuato un legame tra l'ex sindaco Piero Fassino e una giovane candidata alle amministrative. L'ex M5S è stata condannata per diffamazione aggravata. Una vicenda mai perdonata.
La prima a prendere la parola è stata proprio la vittima di quei fatti, Lidia Roscaneanu, che ieri ha annunciato di voler restituire la tessera del partito a causa di una scelta definita «ripugnante non solo per me, ma per tutta la comunità del Pd piemontese, che per anni ha subito costantemente i suoi insulti ingiustificati e privi di fondamento».
Ma la gravità della situazione è stata chiara solo a metà mattinata, quando è arrivato l'annuncio dell'auto sospensione dal partito di Saverio Mazza, in polemica con l'ingerenza romana. Mazza nel Pd non è uno qualunque: membro della direzione provinciale, è di quei militanti che «per la maglia» si è spaccato la schiena più volte, rischiando di pagarne le conseguenze. Se n'è uscito dicendo che «in politica ci si sta non solo con i numeri, ma anche con la dignità».
Il segretario metropolitano Marcello Mazzù, eletto alla carica da poco e quindi solitamente attento alle uscite, è stato laconico: «Ne abbiamo già digerite tante, con grande difficoltà e con una buone dose di Maalox, ma questa è dura da mandare giù». Insomma, come si diceva, la base torinese è esplosa.
QUANDO LAURA CASTELLI INCONTRA MARIO DRAGHI
Per capire quanto pericolosa fosse la circostanza a un mese dalle elezioni bisogna tradurre il messaggio che il segretario e la vicesegretaria Dem piemontesi Paolo Furia e Monica Canalis hanno mandato direttamente a Enrico Letta, parlando della «forte preoccupazione dei militanti del territorio nei riguardi dell'ipotesi di sacrificare candidature territorialmente forti per fare spazio a figure alleate particolarmente divisive»: «Scelte di questo tipo - hanno avvertito - rischierebbero di compromettere l'entusiasmo e la partecipazione di molti militanti».
Dietro ai toni pacati si legge in controluce un messaggio chiaro: a queste condizioni sarà dura trovare militanti disposti a impegnarsi nella campagna elettorale per le strade. I due, d'altronde, erano i primi a essere irritati, visto che Roma gli aveva già imposto una lunga serie di candidati paracadutati. Così, hanno spiegato chiaramente che quella di Castelli era la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso.
Alla fine, si diceva, è arrivato il dietrofront. A farlo la stessa viceministra, vuoi per uscire da sola prima che qualcuno la buttasse fuori, vuoi per risentimento. «Scopro dai giornali che sarei candidata all'uninominale di Novara. No grazie, "casa mia" è Collegno (Comune alle porte di Torino, ndr). Se la coalizione ha fatto altre scelte, ne prendo atto e in pieno spirito di squadra darò il mio contributo nei plurinominali di Impegno Civico». Insomma, formalmente Castelli rinuncia a una candidatura in un territorio che non è il suo.
Come leggere queste dichiarazioni? Lei non sapeva di essere stata candidata? Oppure c'era un accordo, che in teoria doveva rimanere nascosto fino a che le liste non fossero state depositate ufficialmente, e che è saltato quando tutto è finito alla luce del sole? Non si sa.
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Qualcuno arriva a ipotizzare che la notizia sia stata fatta filtrare apposta dalla segreteria nazionale del Pd per «bruciare» la viceministra prima che fosse troppo tardi. A rassicurare che la vicenda era chiusa ci ha pensato Furia nel pomeriggio: «L'esito della discussione è stato il ritiro di Laura Castelli dal collegio del Pd. Ringrazio il partito nazionale per aver compreso le nostre ragioni e aver operato in questa direzione, preservando la dignità del nostro gruppo dirigente».
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