‘’ROBIN URL’’ - AARON SWARTZ, IL GENIO DELLA RETE MORTO SUICIDA A 26 ANNI, È DIVENTATO IL PRIMO MARTIRE DELL’ERA DIGITALE – IL PADRE: “AARON NON È MORTO SUICIDA. È STATO UCCISO DA UN GOVERNO OTTUSO E TRADITO DA UN'UNIVERSITÀ CHE L'HA FATTO PERSEGUIRE PER SOTTRAZIONE FRAUDOLENTA DI "PAPER" ACCADEMICI, ANCHE SE IL MIT DI BOSTON DOVREBBE ESSERE UNO DEI PIÙ GRANDI TEMPLI DELLA DIFFUSIONE DEL SAPERE”…

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

«Aaron non è morto suicida. È stato ucciso da un governo ottuso e tradito da un'università che l'ha fatto perseguire per sottrazione fraudolenta di "paper" accademici, anche se il Mit dovrebbe essere uno dei più grandi templi della diffusione del sapere». Robert, padre di Aaron Swartz, il genio della Rete, ideatore del sistema RSS e cofondatore di Reddit, parla con voce profonda, calma, durante la cerimonia funebre per il figlio, toltosi la vita venerdì scorso a New York. Siamo in un piccola sinagoga di mattoni rossi ad Highland Park una cittadina residenziale sul lago Michigan, a metà strada tra Chicago e Milwaukee.

Fuori ci sono molte auto nere della polizia e diverse pattuglie di attivisti di Anonymous e i simpatizzanti della battaglia di Swartz per un «open access» libero e universale: idee da vero «guerrigliero digitale», anche a costo di forzare i sistemi informatici di sicurezza e di mandare in soffitta il concetto di proprietà intellettuale. Ragazzi che sono venuti a dare una loro testimonianza, dopo l'enorme emozione per il gesto disperato di Aaron che si è tolto la vita schiacciato tra la depressione e la prospettiva di finire in carcere, stritolato da un sistema giudiziario che ha trattato un ribelle idealista come il peggiore dei criminali.

Che ha trasformato l'applicazione di un principio in sé giusto in una vera persecuzione. Ma la gente è lì anche per fare da cordone di protezione contro la Westboro Baptist Church: una chiesa - in realtà una setta estremista - che aveva minacciato di turbare il funerale manifestando contro la memoria di Aaron, bollato come «uno di quei cybercriminali che sono l'ultima faccia della sfida blasfema dell'uomo a Dio». Ma i disturbatori non arrivano e, nella sinagoga, famiglia e amici possono celebrare il loro dolore infinito e l'incredulità per questa vicenda che sta trasformando un ragazzo straordinario e fragile nel primo martire dell'era digitale.

È già così sulla Rete, dove da giorni infuriano le accuse contro i giudici, lo Stato e tutte le «istituzioni conservatrici» che difendono il vecchio ordine, dall'università ai media tradizionali. Anche la cerimonia contribuisce all'immagine del martirio, ma nelle parole di Robert, degli amici, dei professori, della fidanzata, c'è più sconcerto che rabbia. Non una ribellione antisistema, ma lo stupore di una comunità progressista davanti allo Stato faro della democrazia nel mondo che si dimostra feroce, incapace di applicare con equilibrio leggi vecchie e generiche che lasciano ai magistrati (in teoria anche loro progressisti) enormi margini per interventi discrezionali.

Certo, con la morte di Aaron torna in primo piano la disputa sul copyright: la battaglia tra i difensori della legalità, dei diritti di proprietà intellettuale e gli attivisti della Rete che vogliono smantellare il sistema, imporre una rivoluzione culturale in un sistema che giudicano irriformabile con gli strumenti tradizionali.

Gli amici che hanno condiviso con lui queste battaglie ricordano adesso la sua passione, l'impegno a battersi per l'«open access» sempre e ovunque, il suo desiderio di aprire la strada a nuovi paradigmi, di diventare una specie di prototipo di un nuovo tipo di intellettuale pubblico: «Aveva mille idee», ricorda uno di loro, «voleva trasformare anche la politica, ma senza approcci ideologici. Il suo era un atteggiamento da "computer scientist". Aveva visioni come quella delle "robo-polls", sondaggi automatici, affidabili e a basso costo che potrebbero cambiare le nostre vite e la democrazia. E voleva partire subito. Era febbrile, impaziente, questo il suo problema».

Tutti sanno che Aaron era psicologicamente fragile. Aveva grandi idee, ma era anche depresso. Pensava alla velocità della luce, ma quando si fermava a riflettere scopriva di aver commesso errori più o meno gravi. «Come quando - ricorda un suo professore - due anni fa definì un assassino, uno dei partecipanti a una mia iniziativa culturale. Ci rimasi malissimo e glielo dissi. Lui mi scrisse, disperato, ammettendo di aver sbagliato: "Un eccesso di zelo nel mio frenetico tentativo di difendere la mia totale indipendenza di giudizio", provò a spiegarmi».

Un aneddoto che rende bene la psicologia di questo innovatore e attivista passato per «hacker» agli occhi degli inquirenti. Uno che la legge l'ha violata più volte, entrando nei sistemi di certificazione pubblica e poi negli archivi del Massachusetts Institute of Technology, ma per aprirli a tutti, per offrire documenti federali gratis, anziché costringere gli utenti a pagare una, pur minima, tariffa. Una specie di Robin Hood delle tecnologie informatiche, insomma, non un ladro d'identità.

Certo, se rubi maglioni in un negozio quel gesto resta un reato e può portarti in prigione anche se l'hai fatto per regalarli agli «homeless». E adesso non è da escludere il rischio che la vicenda di Swartz - che agli occhi di Lawrence Lessig, il docente di Harvard massimo teorico della demolizione del copyright, è già «un'icona e un esempio» - venga utilizzata strumentalmente da chi vuole condizionare il futuro digitale in modo assai meno disinteressato.

Ma, ascoltando il racconto della famiglia e degli amici, non si può non essere colpiti dalla distanza tra gli errori, la foga di questo giovane genio informatico e l'ottusa risposta di un sistema giudiziario che ha applicato una legge troppo generica che risale agli anni Ottanta. Ma nel Paese in cui, come ha ricordato in lacrime la fidanzata di Swartz, Taren, vengono emesse le condanne al carcere più dure del mondo, i magistrati di Boston non hanno mostrato flessibilità, non hanno cercato di capire.

Altri geni, ha ricordato papà Robert - da Steve Jobs a Mark Zuckerberg, hanno ammesso di aver trasgredito qualche norma nella loro vita turbinosa, ma l'hanno fatta franca. Aaron ha, invece, trovato magistrati per i quali «un furto è sempre un furto, che sia fatto col computer o con un piede di porco» e che, davanti al timore di un suicidio dell'imputato, hanno suggerito la «profilassi» dell'incarcerazione. «Aaron» ricorda ora il suo avvocato, «voleva andare al processo di aprile con un'arringa sullo spirito della rivoluzione americana da pronunciare lì, in quel tribunale affacciato sulla baia di Boston. Ma non ce l'ha fatta».

 

AARON SWARTZAARON SWARTZ AARON SWARTZ AARON SWARTZ AARON SWARTZ ASSANGE ANONYMOUSScott Brown Massachusetts SenateMIT MASSACHUSSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGYSTEVE JOBS

Ultimi Dagoreport

turicchi, giorgetti, sala

FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO SALA, NON HA INTENZIONE DI TRASLOCARE ALLA PRESIDENZA DI NEXI PER FARE POSTO AD ANTONINO TURICCHI, CHE VANTA PERO’ UN ‘’CREDITO’’ NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL MEF PER AVER CONDOTTO IN PORTO LE TRATTATIVE ITA-LUFTANSA. MA ALLA PRESIDENZA DI ITA, INVECE DI TURICCHI, MELONI & C. HANNO IMPOSTO SANDRO PAPPALARDO, UN PILOTA PENSIONATO LEGATO AL CLAN SICULO DI MUSUMECI – ORA GIORGETTI SPERA CHE VENGA APPLICATA LA LEGGE CHE VIETA AI PENSIONATI DI STATO DI RICOPRIRE INCARICHI RETRIBUITI)…

donald trump

DAGOREPORT - LA DIPLOMAZIA MUSCOLARE DI TRUMP È PIENA DI "EFFETTI COLLATERALI" - L'INCEDERE DA BULLDOZER DEL TYCOON HA PROVOCATO UNA SERIE DI CONSEGUENZE INATTESE: HA RIAVVICINATO IL REGNO UNITO ALL'UE, HA RILANCIATO L'IMMAGINE DI TRUDEAU E ZELENSKY, HA RIACCESO IL SENTIMENT ANTI-RUSSO NEGLI USA - LA MOSSA DA VOLPONE DI ERDOGAN E IL TRACOLLO NEI SONDAGGI DI NETANYAHU (SE SALTA "BIBI", SALTA ANCHE IL PIANO DI TRUMP PER IL MEDIO ORIENTE) - I POTENTATI ECONOMICI A STELLE E STRISCE SI MUOVONO: ATTIVATO UN "CANALE" CON LE CONTROPARTI BRITANNICHE PER PREVENIRE ALTRI CHOC TRUMPIANI...

giorgia arianna meloni maria grazia manuela cacciamani gennaro coppola cinecitta francesco rocca

DAGOREPORT - MENTRE LE MULTINAZIONALI STRANIERE CHE VENIVANO A GIRARE IN ITALIA OGGI PREFERISCONO LA SPAGNA, GLI STUDIOS DI CINECITTÀ SONO VUOTI - SONDARE I PRODUTTORI PER FAVORIRE UNA MAGGIORE OCCUPAZIONE DEGLI STUDIOS È UN’IMPRESA NON FACILE SOPRATTUTTO SE A PALAZZO CHIGI VIENE L’IDEA DI NOMINARE AL VERTICE DI CINECITTÀ SPA, CARDINE DEL SISTEMA AUDIOVISIVO ITALIANO, MANUELA CACCIAMANI, LEGATA ALLE SORELLE MELONI, IN PARTICOLARE ARIANNA, MA DOTATA DI UN CURRICULUM DI PRODUTTRICE DI FILM “FANTASMA” E DOCUMENTARI “IGNOTI” – FORSE PER IL GOVERNO MELONI È STATA PIÙ DECISIVA LA FEDE POLITICA CHE IL POSSESSO DI COMPETENZE. INFATTI, CHI RITROVIAMO NELLA SEGRETERIA DI FRANCESCO ROCCA ALLA REGIONE LAZIO? LA SORELLA DI MANUELA, MARIA GRAZIA CACCIAMANI, CHE FU CANDIDATA AL SENATO NEL 2018 NELLE LISTE DI FRATELLI D’ITALIA - QUANDO DIVENTA AD DI CINECITTÀ, CACCIAMANI HA LASCIATO LA GESTIONE DELLE SUE SOCIETÀ NELLE MANI DI GENNARO COPPOLA, IL SUO COMPAGNO E SOCIO D'AFFARI. QUINDI LEI È AL COMANDO DI UNA SOCIETÀ PUBBLICA CHE RICEVE 25 MILIONI L'ANNO, LUI AL TIMONE DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA CHE OPERA NELLO STESSO SETTORE…

consiglio europeo giorgia meloni viktor orban ucraina zelensky ursula von der leyen

LE DECISIONI ALL’UNANIMITÀ IN EUROPA SONO FINITE: IERI AL CONSIGLIO EUROPEO IL PRIMO PASSO PER IL SUPERAMENTO DEL VETO, CON L’ISOLAMENTO DEL PUTINIANO VIKTOR ORBAN SUL PIANO IN CINQUE PUNTI PER L’UCRAINA – GIORGIA MELONI NON POTEVA SFILARSI ED È RIUSCITA A RIGIRARE LA FRITTATA CON MATTEO SALVINI: NON ERA UN DESIDERIO DI TRUMP CHE I PAESI EUROPEI AUMENTASSERO FINALMENTE LE SPESE PER LA DIFESA? DI CHE TI LAMENTI? - ANCHE LA POLEMICA DEL LEGHISTA E DI CONTE SUI “SOLDI DEGLI ASILI CHE FINISCONO IN ARMAMENTI” È STATA AGILMENTE NEUTRALIZZATA DALLA SORA GIORGIA, CHE HA FATTO “VERBALIZZARE” LA CONTRARIETÀ DELL’ITALIA ALL’UTILIZZO DEI FONDI DI COESIONE…