UNO NON VALE UNO – SALVINI E DI MAIO CONTINUANO A RIPETERE CHE MANDANDO IN PENSIONE 400 MILA PERSONE SI LIBERERANNO ALTRETTANTI POSTI DI LAVORO. MA NON È COSÌ – I PRECEDENTI: NEL PIANO INDUSTRIALE DI POSTE ITALIANE OGNI 10 RITIRI PER ANZIANITÀ CI SARANNO SOLO 3,8 INGRESSI. E ANCHE NEGLI ALTRI PAESI EUROPEI…
Andrea Ducci per il “Corriere della Sera”
Uno vale uno. L' efficace slogan del M5S punta ad essere declinabile anche sul fronte degli ingressi e delle uscite dal mondo del lavoro. L' intervento per la riforma della legge Fornero ha preso ormai corpo e con esso l' assunto che la revisione del sistema pensionistico agevoli «il ricambio generazionale e consenta ai giovani di avere accesso al mercato del lavoro».
A suggerire che per ogni lavoratore che andrà in pensione subentri un giovane neo assunto è, del resto, la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. La riforma introduce una novità, la cosidetta quota 100, intesa come la somma dell' età anagrafica (62 anni) e contributiva (minimo 38 anni) quale requisito per accedere al trattamento previdenziale. «Solo attuando tale ricambio generazionale si raggiungerà anche il fondamentale obiettivo di immettere nuove risorse nel mercato del lavoro», specifica il documento.
L' intento è chiaro. Il vicepremier Matto Salvini non ne fa mistero. «Partiremo dall' inizio dell' anno con la piena riforma della legge Fornero. Vuol dire che potenzialmente possono andare in pensione 400 mila persone e si liberano altrettanti posti di lavoro», dice. L' idea che l' abbassamento dei requisiti per accedere alla pensione si trasformi in un turn over generazionale seduce anche l' altro vicepremier.
Luigi Di Maio, nella sua veste di ministro del Lavoro, tratteggia un preciso scenario.
«Con quota 100 mandiamo in pensione le persone e assicuriamo un ricambio generazionale nelle imprese permettendo, per esempio, alle partecipate dello Stato con cui stiamo parlando di fare un turn over 1 a 2, ovvero per un impiegato che viene pensionato vengono assunti due giovani», spiega Di Maio.
Al di là del sapore dirigista, la misura va oltre l' effetto sostituzione, generando addirittura un aumento dei posti di lavoro. Nella pratica i tanti casi di incentivazione all' esodo e prepensionamento da parte di aziende pubbliche e private evidenziano saldi negativi sul fronte dell' occupazione.
Nel febbraio scorso il gruppo Poste Italiane, la più grande azienda del paese in termini di persone occupate (138 mila) ha presentato il piano industriale. La società, quotata in borsa, conta ben 11.300 dipendenti con più di 60 anni di età e il 53,5% dei lavoratori ne ha oltre 50. Tanto che l' età media in azienda è esattamente di 50 anni.
Un caso, insomma, di scuola. Nel piano illustrato alla comunità finanziaria, oltre alle stime su ricavi e margini, c' è il dato sul lavoro: entro il 2020 usciranno 18 mila persone e ne saranno assunte solo 7 mila. In pratica, a 10 pensionamenti corrisponderanno 3,8 nuove assunzioni.
A confermare che fare ritirare dal lavoro le persone più anziane non genera effetti significativi sull' occupazione giovanile sono i dati di Eurostat. In Olanda nella fascia di età compresa tra 60 e 64 anni risultano occupati il 55,6% dei cittadini (in Italia sono il 39,6%), un dato che presupporrebbe un basso tasso di occupazione tra i più giovani.
La statistica segnala al contrario che i ragazzi olandesi di età compresa tra 15 e 24 anni hanno un lavoro nel 62,3% dei casi. Una dinamica analoga è riscontrabile anche per Regno Unito, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Austria.
L' auspicio che il flusso di circa 490 mila persone che andranno in pensione, grazie al superamento della Fornero, spinga le aziende a sostituirli con altrettanti nuovi occupati può fuorviare. L' assenza di correlazione vale, d' altra parte, anche al contrario. In Slovacchia i giovani (15-24 anni) occupati sono il 26,9%, una percentuale non distante dall' Italia (17,1%), una dinamica che potrebbe spiegarsi con un elevato tasso di occupati nella fascia dei senior alla soglia della pensione. Le cifre dicono, invece, che gli slovacchi al lavoro con età 60-64 anni sono solo 3 su 10.
Resta, piuttosto, che in Italia l' andamento dell' occupazione tra i giovani segue il ciclo economico, indipendentemente dalle presunte rigidità della legge Fornero. Lo indica Eurostat riassumendo i tassi di occupazione tra i ragazzi di 15-24 anni, a partire dal 2011. Sette anni fa lavorava il 19,2% dei ragazzi, nell' anno seguente viene introdotta la riforma di Elsa Fornero e il tasso di occupazione scende al 18,5%, per calare ancora fino al 15,6% nel 2015.
Ma nel 2016 risale al 16,6% e rimonta al 17,1% lo scorso anno. A spingerlo è il ciclo economico di crescita e la legge, che porta il nome della professoressa piemontese, pare non averlo ostacolato.
A temperare gli entusiasmi dovrebbero essere anche i calcoli sui costi accessori dell' auspicato turn over pensionandi-giovani. Sul versante dei conti pubblici il pensionamento di 490 mila persone (le stime indicano una retribuzione media di 36 mila euro lordi) pone un serio tema sugli effetti ai fini del gettito tributario.
Un lavoratore sessantenne versa più tasse e contributi rispetto a un neo assunto ventenne chiamato a sostituirlo. Il saldo potrebbe rivelarsi molto costoso per il bilancio pubblico. L' ordine di grandezza è di qualche miliardo di euro.