giorgia meloni matteo salvini luigi di maio taglio parlamentari

REFERENDUM DELLE MIE TRAME - IL PARADOSSO SOVRANISTA CHE OGGI ASSILLA SALVINI E LA MELONI È DI ESSERE PROPRIO LORO, VOTANDO SÌ, I “SALVATORI” DI DI MAIO E ZINGARETTI. E, DI CONSEGUENZA, DELLO STESSO CONTE - ANCHE UNA VITTORIA DI MISURA DEL SÌ (UN 60% A 40) POTREBBE AVERE CONTRACCOLPI IMPREVEDIBILI. DI MAIO NE USCIREBBE A PEZZI E ZINGARETTI DENTRO AL PD FINIREBBE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI PER AVER COSTRETTO IL PARTITO A TENERE UNA POSIZIONE NON SOLO CONSIDERATA SBAGLIATA MA ALLA FINE PURE PERDENTE

Adalberto Signore per il Giornale

 

salvini meloni

È possibile che abbia ragione Luigi Di Maio, quando parlando del referendum dice che «il fronte del No va di moda nei palazzi e quello del Sì nelle piazze». Un modo per lasciare intendere che il voto sulla riforma che taglia i parlamentari ha un risultato di fatto già scritto, con buona pace di chi va teorizzando un recupero del No rispetto ai sondaggi bulgari di qualche settimana fa.

 

Di certo, seppure a malincuore, negli ultimi giorni hanno iniziato a fare davvero il tifo per il Sì anche Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Inizialmente il loro sostegno al referendum era soprattutto di facciata e obbligato da ragioni di coerenza (rispetto ai quattro passaggi della riforma in Parlamento) e consenso (la presunta maggioranza schiacciante del Sì e la volontà di non intestarsi una sconfitta impopolare).

 

LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI BY EDOARDOBARALDI

Insomma, un «sì» a malincuore, vista la consapevolezza che una sconfitta della maggioranza alla consultazione referendaria potrebbe avere contraccolpi imprevedibili anche sul governo. Non solo Di Maio ne uscirebbe a pezzi, ma l'intero M5s vedrebbe bocciato dal popolo il baluardo propagandistico sul quale ha fatto fortuna ai bei tempi andati in cui veleggiava oltre il 30%.

 

Per non parlare di Nicola Zingaretti, che dentro al Pd finirebbe sul banco degli imputati per aver costretto il partito a tenere una posizione non solo considerata sbagliata ma alla fine pure perdente. Lo smottamento - unito al risultato delle regionali che non si annuncia buono per M5s e Pd - finirebbe per mettere seriamente a rischio la poltrona di Giuseppe Conte.

NICOLA ZINGARETTI LUIGI DI MAIO

 

Il timore di intestarsi una sconfitta annunciata, però, ha condizionato le scelte di Salvini e Meloni. A differenza di Silvio Berlusconi che nelle ultime settimane non ha invece nascosto le sue perplessità sulla riforma che taglia i parlamentari senza i necessari correttivi per garantire la rappresentanza di alcune regioni in Senato e il funzionamento stesso del Parlamento (in particolare delle commissioni).

 

Senza entrare nel merito di come cambieranno gli equilibri per l'elezione del presidente della Repubblica (i delegati regionali resteranno 58 e avranno un maggior peso specifico con la riduzione dei parlamentari da 915 a 600) o l'istituto dei senatori a vita (5 su 200 sono certamente più influenti di 5 su 315).

 

ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO

Nelle ultime settimane, però, i contrari al taglio dei parlamentari hanno cominciato a mobilitarsi, fuori e dentro Lega e Fratelli d'Italia. E le ragioni del No hanno iniziato a fare in qualche modo breccia. Salvini - per lui una novità - ha così scelto una strategia più democristiana e ha di fatto «benedetto» il «no» del numero due del Carroccio Giancarlo Giorgetti. «Non siamo una caserma», ha detto l'ex ministro dell'Interno.

guido crosetto giorgia meloni

 

E così anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana ha fatto sapere di essere contrario al taglio. Un modo per restare sì coerenti alla propria posizione, ma collocare comunque il Carroccio più a centrocampo e prevenire così eventuali contraccolpi. Diversa e opposta la strategia della Meloni.

 

La leader di Fdi, infatti, ha stoppato sul nascere le voci di dissenso all'interno del partito, tanto che Guido Crosetto ha preferito scegliere il basso profilo e non è più tornato sulla questione referendum dopo che qualche settimana fa aveva avuto parole molto critiche.

 

giorgetti fontana zaia

Anche ieri, la Meloni ha ribadito di essere a favore del Sì. Ma la verità è che sia lei che Salvini iniziano a temere che la vittoria dei favorevoli al taglio dei parlamentari non sarà più così plebiscitaria. E questo potrebbe essere un problema per entrambi. Se avessero la meglio i No sarebbe una trionfo, ma una vittoria di misura del Sì (anche un 60% a 40) potrebbe invece accendere i riflettori sul loro disimpegno forzato che a quel punto - soprattutto visti i consensi di Lega e Fdi - risulterebbe decisivo. Insomma, il paradosso sovranista che oggi assilla Salvini e la Meloni è di essere proprio loro i «salvatori» di Di Maio e Zingaretti. E, di conseguenza, dello stesso Conte.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…

trump musk xi

DAGOREPORT – DONALD TRUMP HA IN CANNA DUE ORDINI ESECUTIVI BOMBASTICI, CHE FIRMERÀ IL GIORNO DOPO L’INAUGURAZIONE: IL PRIMO INAUGURERÀ LA DEPORTAZIONE DI 9,5 MILIONI DI IMMIGRATI. MA IL SECONDO È ANCORA PIÙ BOMBASTICO: L’IMPOSIZIONE DEI DAZI SUI PRODOTTI CINESI - UN CLASSICO TRUMPIANO: DARE UNA RANDELLATA E POI COSTRINGERE L’INTERLOCUTORE A TRATTARE DA UNA POSIZIONE DI DEBOLEZZA. MA COME REAGIRÀ XI JINPING? CHISSÀ CHE AL DRAGONE NON VENGA IN MENTE DI CHIUDERE, PER LA GIOIA DI ELON MUSK, LE MEGAFABBRICHE DI TESLA A SHANGHAI…

salvini romeo

DAGOREPORT - CHI L'AVREBBE MAI DETTO: MASSIMILIANO ROMEO È IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA LEGA DI FINE 2024 - EX FEDELISSIMO DEL “CAPITONE”, È STATO L’UNICO A ESPORSI CONTRO IL SEGRETARIO, E OTTENERE LA LEADERSHIP IN LOMBARDIA – DOPO LA SUA SFIDA VINTA, ANCHE FEDRIGA È USCITO ALLO SCOPERTO CANNONEGGIANDO CONTRO L’EVENTUALE RITORNO DI SALVINI AL VIMINALE - CHE SUCCEDERÀ AL CONGRESSO? NIENTE: SALVINI HA IN MANO LA MAGGIORANZA DEI DELEGATI, E L’ASSEMBLEA AVRÀ CARATTERE PROGRAMMATICO. MA LA DISSIDENZA CRESCE…