ANCORA SCARICABARILE SU PIAZZA SAN CARLO – IL CAPO DI GABINETTO DELLA APPENDINO DAI MAGISTRATI. GIUSTIFICAZIONE DEL DISASTRO: TROPPA FRETTA NELL’ORGANIZZAZIONE DELLA SERATA – E PAOLO GIORDANA, IL RICHELIEU DI TORINO, ENTRA IN UN CONO D’OMBRA
1. IL BRACCIO DESTRO DELLA DAI PM PER PIAZZA SAN CARLO
Simona Lorenzetti per la Stampa
paolo giordana chiara appendino
Dal contenuto delle mail alle ordinanze mancate, a cominciare da quella sul divieto di vendere bevande in bottiglie di vetro. E ancora: le disposizioni date all' Amiat per la raccolta dei vuoti, l' esigua presenza degli steward, il numero di transenne messe a disposizione per blindare il salotto buono della città. Infine, il mancato coinvolgimento della protezione civile. Sono solo alcuni dei temi che sono stati ieri al centro dell' interrogatorio di Paolo Giordana, braccio destro del sindaco Chiara Appendino.
Una giornata difficile per il capo di Gabinetto di Palazzo Civico, che si è ritrovato per oltre tre ore di fronte al fuoco incrociato delle domande dei pubblici ministeri Vincenzo Pacileo e Antonio Rinaudo. Dalle quattro alle sette del pomeriggio, in una questura off limits, Giordana ha risposto senza riserve ai magistrati. Un colloquio a tratti intenso per riuscire a dipanare cosa non ha funzionato la sera del 3 giugno, dove un' improvvisa e ancora oggi inspiegabile psicosi collettiva ha trasformato piazza San Carlo in un campo di battaglia: un morto e 1526 feriti è il drammatico bilancio.
La ricerca delle responsabilità è adesso al centro di un lavoro lungo e articolato che sta portando avanti la procura. Giordana è stato sentito come persona informata sui fatti, una sorta di «super testimone» per aver partecipato attivamente alle fasi preliminari dell' organizzazione dell' evento dedicato alla finale di Champions League.
Giordana ha spiegato come la pianificazione della serata sia avvenuta in tempi record e con un budget risicato, circa 40mila euro derivanti da sponsorizzazioni private. Le riunioni organizzative sono state due: la prima il 26 maggio, durata poco meno di una mezz' ora, la seconda il 31 maggio, più articolata. Ed è in questa seconda riunione che sarebbero emerse le criticità, tanto da spingere Comune e Turismo Torino a scrivere una lettera, inviata con mail, alla Questura per spiegare di non avere a disposizione un numero di steward sufficiente per proteggere i 30mila spettatori attesi.
L' ente organizzatore era infatti riuscito a reperire solo venti persone per la vigilanza, un numero sufficiente a controllare il piccolo palco su cui era stato posizionato il maxi schermo. Qualcun altro avrebbe dovuto assumersi, quindi, l' onere di controllare la piazza.
E ancora. Palazzo Civico ha messo a disposizione le transenne, ma altri hanno deciso come e dove posizionarle, finendo con il blindare il perimetro, chiudendo le vie di fuga e trasformando piazza San Carlo in una trappola per topi.
C' è un terzo livello in questa inchiesta che deve ancora essere sviluppato e riguarda la gestione dell' ordine pubblico e dell' emergenza. Un dato su tutti. Un evento di tali proporzioni, per il quale erano attesi migliaia di spettatori, meritava quanto meno la convocazione di un comitato per l' ordine pubblico e la sicurezza. Ma quell' incontro in Prefettura non c' è mai stato.
La mattina del 3 giugno la Commissione di vigilanza, poi, aveva dettato 19 prescrizioni: molte di queste sono state disattese. Insomma, qualcuno doveva intervenire ben prima che scoppiasse il panico e non lo ha fatto. E adesso sotto la lente finisce anche l' ordinanza firmata il 2 giugno dal questore di Torino, Angelo Sanna. Era adeguata all' evento? Una domanda che ancora attende una risposta.
2. IL PRETE ORTODOSSO CHE HA SCALATO IL POTERE DI TORINO
Andrea Rossi per la Stampa
Nell' ultimo mese è quasi scomparso. Una pubblica ammissione di colpa - «sono poco paziente, a volte irascibile. Mi spiace se qualcuno si è sentito offeso, ma ho sempre agito pensando di servire la mia città» - e poi silenzio totale. Nessuna uscita pubblica, soprattutto niente apparizioni al fianco di Chiara Appendino. Chiuso nel suo ufficio a lavorare, pochi contatti con l' esterno, soprattutto con i giornalisti, di cui ha bloccato le chiamate in entrata.
Per chi non vedeva l' ora di assestargli un colpo era un segno: la stella di Paolo Giordana, capo di gabinetto del Comune di Torino, tuttofare della sindaca Appendino, prete della Chiesa autonoma del Patriarcato Autocefalo di Parigi, funzionario che ha fatto di una spigliata consigliera d' opposizione una candidata con tutti i crismi per vincere, era irrimediabilmente compromessa. Parabola discendente dopo un anno da protagonista assoluto. Non a lavorare nell' ombra ma a mostrarsi ovunque.
Troppo facile. Più che un oggettivo ridimensionamento la scomparsa di Giordana è il frutto di un' accorta strategia, cui la sindaca di Torino non dev' essere estranea. Da un mese a questa parte Giordana sembra applicare alla lettera una delle massime di Sun Tsu: «Quando si è in grado di attaccare, dobbiamo sembrare incapaci di farlo; quando muoviamo le nostre forze, dobbiamo sembrare inattivi. Se l' avversario è superiore di numero, evita lo scontro diretto. Fai finta di essere debole per renderlo arrogante».
Ecco, l' ombra di Chiara Appendino da un po' si mostra debole. Un po' ammaccato certamente lo è: il pasticcio organizzativo di piazza San Carlo, al di là delle responsabilità penali, nasce anche sotto la sua regia. Ed è il primo vero grande inciampo per chi fino a quel momento aveva retto con piglio solido, quasi militare, spesso disinvolto, spregiudicato, a volte sprezzante, la macchina di Palazzo Civico.
Voce e braccio armato di Appendino. Sindaco ombra, secondo alcuni. Sindaco e basta, secondo altri. Passacarte o centralinista, ad ascoltare quel che diceva di sé pochi giorni dopo piazza San Carlo. In ogni caso potente. Molto. Altrettanto competente e preparato. Ma anche irascibile e un po' vendicativo. Una persona che molti stimano e altrettanti detestano.
Giordana non ha fatto un passo indietro. Si è mosso di lato per sottrarsi al fuoco di chi non vede l' ora di poterlo ridimensionare, proprio perché l' ha sempre vissuto come una figura ingombrante: assessori che spesso ha scavalcato e qualche volta maltrattato; dirigenti che si sentono ai margini; funzionari di enti e organizzazioni varie che non ne tolleravano le ingerenze; il mondo della cultura su cui imperversava. E poi il Movimento 5 Stelle, la cui anima profonda l' ha sempre vissuto come un corpo estraneo, sentimento ricambiato.
APPENDINO A CARDIFF DURANTE JUVE REAL
In molti hanno pensato di potersene liberare. Troppo potente. E appariscente. Sbagliavano. Giordana è indispensabile: senza di lui Appendino sarebbe priva del braccio che muove le truppe, elabora le strategie, studia e approfondisce i dossier. Di chi fa la voce grossa consentendo a lei di mostrarsi conciliante e disponibile. «È da vent' anni che studio per questo», racconta spesso Giordana.
Ed è vero: prima di Appendino ha puntato su diversi cavalli (a destra come a sinistra) sperando lo portassero dove ambiva a trovarsi. Là dove si decide. La sindaca è stata la sua scelta azzeccata. Il legame è solido, impastato di stima, riconoscenza e (particolare da non trascurare) un' amicizia vera.
Ecco perché l' uomo che per un anno ha imperversato su Torino ha solo smesso di apparire aspettando (e sperando) che passi la bufera. Ma nella struttura su cui si regge l' amministrazione Appendino conta (quasi) come prima.