SCHIAFFONE ALLA PROCURA DI MILANO: NELLE MOTIVAZIONI CON CUI CONFERMAVA IL SEGRETO DI STATO SUL CASO ABU OMAR, LA CONSULTA HA PRECISATO CHE IL SEQUESTRO ERA LEGITTIMO, SE COMPIUTO PER LA SICUREZZA NAZIONALE

Luca Fazzo per "il Giornale"

Ci sono voluti dieci anni, quattro processi, due interventi della Corte Costituzionale e una grazia firmata dal presidente della Repubblica perché la straordinaria vicenda del rapimento di Abu Omar, imam milanese con simpatia per la guerra santa, arrivasse alla medesima conclusione cui, con e meno fatica, si è arrivati negli altri Paesi, qua e là per il mondo, dove la Cia in questi anni ha fatto sparire dalla circolazione i sospetti di terrorismo: e cioè che si tratta di vicende così delicate e così strettamente legate alla sicurezza degli Stati, che il governo ha diritto di coprirle con il mantello del segreto di Stato.

E che la magistratura non ha il diritto di sollevare quel mantello. Nelle motivazioni, depositate giovedì sera, della sentenza con cui ha confermato l'esistenza del segreto e cancellato così le condanne di Nicolò Pollari, ex direttore del Sismi, e di quattro 007, la Corte Costituzionale si spinge però ancora più in là.

E, in un passaggio che costituisce un inedito assoluto per la cultura italiana del diritto, scrive che anche un sequestro di persona può essere compiuto nell'interesse dello Stato, e come tale essere coperto dal segreto. «Pare arduo negare - scrive la Consulta - che la copertura del segreto si proietti su tutti i fatti, notizie e documenti concernenti le eventuali direttive operative, gli interna corporis di carattere organizzativo e operativo, nonché i rapporti con i servizi stranieri, anche se riguardanti le renditions ed il sequestro di Abu Omar. Ciò, ovviamente, a condizione che gli atti e i comportamenti degli agenti siano oggettivamente orientati alla tutela della sicurezza dello Stato».

Va ricordato che Pollari, il suo vice Marco Mancini e le altre «barbe finte» finite sotto processo sono attestati su tutt'altra linea: sostengono di non avere mai avuto alcun ruolo nel rapimento dell'imam, e affermano che se il governo - anzi, quattro governi di diverso colore, da Prodi a Berlusconi a Monti fino a Letta - non avessero imposto il segreto, essi avrebbero potuto dimostrare la loro innocenza.

Ed è quanto Pollari torna ad affermare anche ieri: «Quando ho avuto notizia di fatti simili, ho svolto tutte le attività necessarie per impedire che chiunque li mettesse in atto», dice il generale. Ma quale sia la vera verità: quale ruolo abbia avuto il Sismi dell'epoca di Pollari o quello dei suoi predecessori; quali appoggi abbiano avuto gli uomini della Cia; come abbiano saputo che Abu Omar non era più pedinato, e si poteva dunque prelevare impunemente; insomma tutto il vasto retroterra di appoggi e di complicità, ma anche di rivalità, che ha accompagnato il rapimento del barbuto estremista, è destinato a restare nascosto nelle cassaforti di Palazzo Baracchini e di Palazzo Chigi.

Pollari e i suoi escono di scena: il prossimo 24 febbraio la Cassazione prenderà atto che le condanne inflitte a Milano (dieci anni a Pollari, nove a Mancini, cinque agli altri) sono state inflitte utilizzando atti coperti da segreto, e quindi le azzererà: forse prosciogliendo tutti, o al massimo rispedendo il fascicolo a Milano per un nuovo processo dall'esito segnato.

Scrive la Corte Costituzionale, nella sentenza scritta da Paolo Grossi, luminare di diritto canonico: «L'apposizione del segreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, cui spetta in via esclusiva l'esercizio della relativa attribuzione di rango costituzionale, in quanto afferente la tutela della salus rei publicae, e, dunque, tale da coinvolgere un interesse preminente su qualunque altro, non può impedire che il pubblico ministero indaghi sui fatti di reato, ma può inibire all'autorità giudiziaria di acquisire ed utilizzare gli elementi di conoscenza coperti dal segreto».

Da segnalare, che la vera vittima di questa sentenza è a questo punto lui, Abu Omar, il rapito: che oggi dovrebbe trovarsi da qualche parte in Egitto, con sul capo una condanna a sei anni di carcere emessa in Italia nel dicembre scorso, ma anche il diritto a vedersi risarcito dallo Stato italiano ben un milione di euro in quanto vittima del Sismi. Di questo risarcimento, dopo la sentenza di ieri, l'imam-terrorista dovrà rassegnarsi a fare a meno. E magari dall'Italia qualcuno prima o poi chiederà la sua estradizione.

 

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