giorgia meloni matteo salvini cantiere appalti

LO SCONTRO TRA MELONI E SALVINI SI SPOSTA AL CASELLO! – S’APRE LA GUERRA PER I FONDI ALLE AUTOSTRADE: ALLA RETE SERVONO ALTRI 20 MILIARDI DI INVESTIMENTI PUBBLICI E IL LEGHISTA VUOL RIVEDERE LE REGOLE PER LE CONCESSIONI (MAGARI RIDUCENDONE LE DIMENSIONI IN MODO DA RITROVARSI CONCESSIONARI PIÙ PICCOLI, CERTO NON I GRANDI FONDI ESTERI) - GIORGIA MELONI INVECE SOGNA UN COLOSSO NAZIONALE ATTRAVERSO LA MAXI-FUSIONE TRA ASPI E GAVIO (L’IDEA È CALDEGGIATA DALL’ADVISOR DI GAVIO, LA BANCA JP MORGAN, GUIDATA IN EUROPA DALL’EX MINISTRO VITTORIO GRILLI)

Estratto dell’articolo di Carlo Di Foggia per “il Fatto quotidiano”

 

MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI

[…] in ballo ci sono miliardi e un pezzo di economia del Paese. Come al solito Palazzo Chigi e il ministro delle Infrastrutture non la vedono allo stesso modo. Al dicastero di Salvini si studia infatti una riforma delle concessioni autostradali con l’obiettivo, teorico, di riequilibrare i rapporti di forza a favore dello Stato, ma soprattutto per risolvere un grosso problema: servono più di 20 miliardi per coprire il fabbisogno reale di investimenti della rete italiana, gravata da oltre trent’anni di gestione privata senza controllo, soldi che i concessionari non vogliono mettere riducendo i loro margini. […]

CASELLO AUTOSTRADALE

 

Le stime attuali parlano di circa 40 miliardi di investimenti necessari sulla rete: solo poco più della metà è però finanziata nei Piani economico-finanzia ri (Pef) dei concessionari. Perché questa differenza? Il grosso dipende da una sottostima iniziale, cui s’è aggiunto l’aumento dei prezzi e le linee guida varate dopo il crollo del ponte Morandi, che impongono pesanti rifacimenti delle opere d’arte. Non è un mistero che buona parte della rete italiana sia a fine vita: va prolungata o rifatta.

L AZIONARIATO DI AUTOSTRADE PER L ITALIA

 

A questo si devono aggiungere gli investimenti per potenziare la rete, che i concessionari ritengono in molti punti vicina alla saturazione. Prendiamo il caso di Autostrade per l’Italia (Aspi), oggi controllata da Cassa depositi insieme ai fondi Blackstone e Macquarie che hanno acquisito la concessione dai Benetton a peso d’oro per chiudere la vicenda Morandi: il fabbisogno di investimenti stimato per Aspi – che gestisce 3 mila km di tratte, la metà della rete – è di 20 miliardi, ma nel Pef firmato nel 2020 per chiudere la guerra coi Benetton ce ne sono solo 14 (peraltro i lavori proseguono a rilento).

 

Autostrade

Aumentarli è incompatibile con la pretesa dei fondi di spremere dividendi come e più dei Benetton grazie ai patti parasociali firmati con Cdp (il 75% degli utili distribuiti è l’ultimo compromesso trovato). L’alternativa sarebbe prolungare la durata delle concessioni e far salire i pedaggi: la prima strada è complicata dalla contrarietà della Commissione Ue; agire solo sui pedaggi significherebbe farli esplodere, opzione politicamente insostenibile per qualunque governo.

 

L’idea che piace a Salvini è questa: i fondi mancanti per gli investimenti li mette lo Stato, incassando la remunerazione dalle tariffe in un arco di tempo che può superare la durata delle concessioni, senza così dover far salire i pedaggi alle stelle. Insomma, un fondo infrastrutturale pubblico che non ha fretta, né l’esigenza di fare margini a doppia cifra.

BREBEMI

 

Ammesso che ci si riesca, resta il problema di un sistema comunque poco sostenibile che rende difficile realizzare gli investimenti […] L’ipotesi sponsorizzata dal ministro è che in futuro sarà lo Stato a incassare i pedaggi, girando ai concessionari un canone per la gestione delle tratte. A loro resteranno investimenti e manutenzione, remunerati da una quota parte dei pedaggi calcolata sull’infrastruttura: più alta se più complessa (ad esempio con molti viadotti) minore se in pianura.

 

LA RENDITA DI AUTOSTRADE PER L'ITALIA

Un sistema del genere permetterebbe al concedente, cioè lo Stato, di poter gestire i flussi sulla rete, una leva che oggi non ha e che segue di fatto la sola convenienza economica (dove le tariffe sono più basse). È chiaro che un sistema del genere permetterebbe di avere una perequazione tra tratte diverse che hanno tariffe diverse perché calcolate su spese e ammortamenti. L’esempio classico è la A4 Milano-Brescia che, pur avendo un flusso di traffico molto elevato, ha tariffe molto più basse della parallela Brebemi, che è semivuota ma ha costi elevati da ammortizzare. Insomma, in prospettiva tariffe più omogenee (o un’unica tariffa) a livello nazionale.

 

Uno schema del genere non può toccare le concessioni in essere, servirebbero indennizzi miliardari ai signori del casello. L’ipotesi percorribile è di procedere così alla scadenza delle concessioni: in buona parte questo accadrà entro il 2028. Verrebbero rimesse a gara, magari riducendo la dimensione, in modo da ritrovarsi concessionari più piccoli, certo non i grandi fondi esteri.

 

AUTOSTRADE GRUPPO SIAS GAVIO

Il problema vero in questo scenario è Autostrade, la cui concessione scade nel 2038. I fondi azionisti sono sul piede di guerra, Palazzo Chigi non pare convinta dell’idea di Salvini e ancor meno Fratelli d’Italia: gli uomini più vicini alla premier, poi, coltivano l’idea di una maxi-fusione tra Aspi e Gavio, secondo operatore con 1.400 km di tratte gestite, che però non se la passa bene. L’idea è caldeggiata dall’advisor di Gavio, la banca Jp Morgan, guidata in Europa dall’ex ministro Vittorio Grilli, lo stesso che ha già convinto il governo ad accettare l’assurda vendita della rete Tim al fondo statunitense Kkr.

 

vittorio grilli

In teoria l’operazione non è in antitesi con la riforma delle concessioni. Su tutto però pende la Corte di Giustizia Ue, attivata dal Tar Lazio dopo un ricorso dell ’Adusbef, che deve decidere se la concessione di Aspi andava messa a gara e non offerta direttamente a Cdp e soci come han fatto i governi Conte e Draghi. Se lo Stato dovesse perdere, al netto della figuraccia, si aprirebbe un contenzioso miliardario, rendendo la riforma ancora più urgente: un incubo per Meloni, un po’ meno per Salvini.

Ultimi Dagoreport

funerale di papa francesco bergoglio

DAGOREPORT - COME È RIUSCITO IL FUNERALE DI UN SOVRANO CATTOLICO A CATTURARE DEVOTI E ATEI, LAICI E LAIDI, INTELLETTUALI E BARBARI, E TENERE PRIGIONIERI CARTA STAMPATA E COMUNICAZIONE DIGITALE, SCODELLANDO QUELLA CHE RESTERÀ LA FOTO DELL’ANNO: TRUMP E ZELENSKY IN SAN PIETRO, SEDUTI SU DUE SEDIE, CHINI UNO DI FRONTE ALL’ALTRO, INTENTI A SBROGLIARE IL GROVIGLIO DELLA GUERRA? - LO STRAORDINARIO EVENTO È AVVENUTO PERCHÉ LA SEGRETERIA DI STATO DEL VATICANO, ANZICHÉ ROVESCIANDO, HA RISTABILITO I SUOI PROTOCOLLI SECOLARI PER METTERE INSIEME SACRO E PROFANO E, SOPRATTUTTO, PER FAR QUADRARE TUTTO DENTRO LO SPAZIO DI UNA LITURGIA CHE HA MANIFESTATO AL MONDO QUELLO CHE IL CATTOLICESIMO POSSIEDE COME CULTURA, TRADIZIONE, ACCOGLIENZA, VISIONE DELLA VITA E DEL MONDO, UNIVERSALITÀ DEI LINGUAGGI E TANTE ALTRE COSE CHE, ANCORA OGGI, LA MANIFESTANO COME L’UNICA RELIGIONE INCLUSIVA, PACIFICA, UNIVERSALE: “CATTOLICA”, APPUNTO - PURTROPPO, GLI UNICI A NON AVERLO CAPITO SONO STATI I CAPOCCIONI DEL TG1 CHE HANNO TRASFORMATO LA DIRETTA DELLA CERIMONIA, INIZIATA ALLE 8,30 E DURATA FINO AL TG DELLE 13,30, IN UNA GROTTESCA CARICATURA DI “PORTA A PORTA”, PROTAGONISTI UNA CONDUTTRICE IN STUDIO E QUATTRO GIORNALISTI INVIATI IN MEZZO ALLA FOLLA E TOTALMENTE INCAPACI…- VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…