IL SOUFFLE’ MACRON S’E’ GIA’ SGONFIATO - SONDAGGI IL PICCHIATA: SCONTENTI DUE FRANCESI SU TRE. IL PROTAGONISMO DEL TOY BOY DI BRIGITTE HA ROTTO LE PALLE - SOPRATTUTTO AI MINISTRI. QUEL MARPIONE DI LE DRIAN (ESTERI ED EX DIFESA) STANCO DEI DILETTANTI DI “EN MARCHE!”
Manila Alfano per “Il Giornale”
I francesi- si sapeva- erano andati alle urne «turandosi il naso». Emmanuel Macron diventava così la scelta meno peggio, l'antidoto alla corsa di Marine Le Pen, la destra estrema che andava bene per le classi sociali più arrabbiate, ma non convinceva la classe media. La maggior parte dei francesi allora si era convinta che il giovane Macron, l'antisistema con un passato tra banche e finanza era l'alternativa.
Oggi, a distanza di tre mesi dall'incoronazione all'Eliseo, con numeri da record, è al suo personale minimo storico. Il 37 per cento. Certo, per scivolare all'11 per cento di Hollande, il meno amato dei presidenti della storia, manca ancora un po', ma il tonfo c'è ed è innegabile.
Secondo un sondaggio realizzato dall'istituto Ifop per il domenicale Le Journal de Dimanche, il 57% degli intervistati si è detto insoddisfatto, e solamente il 40% soddisfatto. Si tratta di un calo di popolarità di ben 24 punti rispetto a quanto rilevato a giugno, il calo più drastico di qualsiasi altro presidente francese prima di Macron. L'ultimo capo dello Stato a subire un calo di popolarità così netto fu Jacques Chirac, che perse 20 punti tra la sua elezione del maggio 1995 e l'agosto dello stesso anno.
Macron appare certamente più debole, e gli scandali non aiutano. Specie quelli più effimeri, come i conti astronomici (26mila euro) per il trucco. Se è vero che tradizionalmente lo stato di grazia dei neoeletti non è mai durato troppo tempo, il ritorno sulla terra del presidente è stato più brusco del previsto. Per il politologo dell'istituto Ifop, Jérôme Fourquet, il tonfo è il segno di un profondo iato tra la comunicazione presidenziale e la politica di austerità condotta dall'esecutivo, con l'annuncio da parte del ministro delle Finanze, Gérald Darmanin, di tagli draconiani alla spesa pubblica per un totale di 4,5 miliardi.
La riduzione dei contributi per gli alloggi destinati alle fasce più svantaggiate, la soppressione di 300 milioni di aiuti statali agli enti locali, l'accoglienza in pompa magna di Donald Trump e Vladimir Putin, criticatissima dalla gauche, sono tra le principali ragioni di questa caduta nei sondaggi di opinione. Prende piede - nell'opinione pubblica- la sensazione di avere a che fare con un gran seduttore a servizio però di una politica di austerità.
Insomma, un cambiamento solo apparente, per garantire quello status quo che ha governato fino ad ora. Lo stesso che lui diceva di voler ribaltare. Eccola allora la delusione e la rabbia dei francesi, di quegli elettori che avevano pensato che un cambiamento quel ragazzotto dall'aria sveglia avrebbe in fondo potuto portarlo.
Il rischio di entrare rapidamente in una spirale negativa è ancor più elevato: è proprio durante i primi mesi che si decide tutto. Almeno a livello di sentire comune, di immagine. Dopo, il resto non conta o quasi, perchè far sbiadire l'istantanea è assai difficile da riuscirci. Ai punti in meno, si aggiungono i mal di pancia del suo ministro più influente, Jean-Yves Le Drian, titolare degli Esteri. E la situazione si fa ancora più complicata.
Secondo quanto sussurrato al Figaro da alcune fonti del Quai d'Orsay, sede del ministero degli Esteri, Le Drian, abitualmente silenzioso e discreto, non riuscirebbe più a nascondere il suo malcontento per i comportamenti troppo autoritari di Macron, per le innumerevoli gaffe dei deputati della République «En marche» e il dilettantismo di alcuni suoi colleghi.
Macron intanto non fa nulla per migliorare la situazione. Il suo ego napoleonico si fa sentire, e le strigliate ai ministri non mancano. Alcuni, a partire dal primo ministro Edouard Philippe, faticano ad accettare queste ramanzine e la comunicazione dell'Eliseo fatica a contenere i malumori dei ministri dentro le mura del palazzi.