SPY-GATE OBAMA - “LE FUGHE DI NOTIZIE METTONO A RISCHIO LA SICUREZZA NAZIONALE” - E NOMINA UN FEDELISSIMO AL FISCO

1. FISCO, OBAMA METTE SUO STRETTO COLLABORATORE A CAPO IRS
(ANSA) - Barack Obama ha già deciso chi sarà il nuovo numero uno del fisco americano. La scelta è ricaduta su Daniel Werfel, alto funzionario dell'Ufficio Bilancio della Casa Bianca, uno dei più stretti collaboratori del presidente. Werfel per il momento sarà alla guida dell'Internal Revenue Office (IRS) ad interim, e prenderà il posto di Steven Miller, nelle scorse ore silurato da Obama in seguito allo scandalo degli eccessivi controlli fiscali su alcuni gruppi conservatori.

"Werfel - afferma il presidente in una nota - guiderà gli sforzi per assicurare che l'IRS adotti nuove misure per recuperare la fiducia dei cittadini e amministri le regole del fisco in maniera equa e con integrità. Perché gli americani - aggiunge Obama - meritano di avere la massima fiducia nel loro governo". Il presidente quindi sottolinea come Werfel abbia "l'esperienza e le capacità per guidare l'agenzia in questo momento in cui dobbiamo andare a fondo su quello che è successo e recuperare la fiducia nel fisco".


2. USA: 'APGATE'; OBAMA, NON DEVO CHIEDERE SCUSA
(ANSA) - "Non devo chiedere scusa": così il presidente americano, Barack Obama, ha risposto a chi gli chiedeva sullo scandalo delle telefonate spiate dei giornalisti dell'Ap. "Va bene la libertà di informazione - ha aggiunto - ma le fughe su questioni di sicurezza nazionale mettono persone a rischio".


3. SCANDALI OBAMA AL CONTRATTACCO "NON PARLATE DI WATERGATE" - MA SU FISCO, BENGASI E AP SPIATA LA DESTRA NON CEDE
Federico Rampini per "la Repubblica"

«Watergate? Andate a leggervi la storia, lascio a voi le conclusioni». Barack Obama ironizza su chi paragona i suoi scandali con i crimini di Richard Nixon che lo costrinsero alle dimissioni. Watergate è una parola grossa: sintomo di una lotta politica incattivita. Ma anche i media più liberal usano termini come " damage control", ridurre i danni, o " stop the bleeding", fermare l'emorragia, per descrivere la fase difficile di Obama.

Il sito Politico.com descrive «consiglieri della Casa Bianca che supplicano il presidente di prendere in mano questo disastro di relazioni pubbliche, altrimenti rischia di compromettere l'agenda del secondo mandato». Obama è costretto a usare una conferenza stampa internazionale - al termine della visita del premier turco Recep Erdogan - per rispondere sulle controversie domestiche.

Per la verità anche il summit con Erdogan evoca una difficoltà di questo presidente: la crisi in Siria. Obama continua a ignorare gli inviti all'intervento militare, resta fermo sulla linea dell'azione multilaterale «per costringere Assad ad andarsene». Ma è sugli scandali interni che si scatenano le domande. Obama vuole proiettare un'immagine decisionista. Più che commentare, risolve le crisi. Ha già cacciato via il capo dell'agenzia delle entrate ( Internal Revenue Service, Irs) per sanzionare il primo degli scandali: la rivelazione che alcuni ispettori del fisco «perseguitarono » delle organizzazioni di destra.

«Gli americani - dice il presidente - hanno ragione di essere arrabbiati. Io sono arrabbiato. Il fisco deve agire con correttezza, al di sopra delle parti. La mia preoccupazione principale, è aggiustare le cose che non funzionano ». Alla sua sinistra, qualcuno cerca di staccarsi dal coro di obbrobrio. Dalla Msnbcai columnist del New York Times, in molti sottolineano che il vero scandalo è un altro: troppi movimenti politici si mascherano come delle ong filantropiche, approfittano così della deducibilità fiscale per le donazioni dei loro sostenitori.

E' su ong di questo tipo, legate al Tea Party e molto politicizzate, che indagarono gli ispettori fiscali e quindi non è detto che avessero tutti i torti. Ma ormai la destra è riuscita a indossare i panni del martire, le sue grida contro l'uso politico degli accertamenti fiscali costringono Obama sulla difensiva (per la destra è un terreno facile: l'agenzia delle entrate non è popolare neanche negli Stati Uniti). Scandalo numero due: Bengasi, l'attacco terroristico che l'11 settembre 2012 costò la vita all'ambasciatore Usa in Libia e tre funzionari.

Anche qui Obama reagisce, mettendo a disposizione di tutti 100 pagine di e-mail che furono scambiate tra i vari rami del governo. Vuole contrastare l'accusa della destra secondo cui la Casa Bianca manipolò i fatti per nascondere il ruolo di Al Qaeda. Ci riesce in parte: dalle e-mail emergono soprattutto contrasti fra la Cia e il Dipartimento di Stato. Nessuna menzogna fondamentale.

Il presidente cerca di riportare il discorso sul tema di fondo: «Dobbiamo fare il possibile per garantire la sicurezza del nostro personale all'estero, il Congresso deve sbloccare i fondi per migliorare la protezione delle nostre ambasciate». Terzo scandalo: lo spionaggio dei telefoni dell'Associated Press. Obama ricorda che all'origine c'è un'inchiesta su una grave fuga di notizie (su un altro attentato terroristico, progettato da Al Qaeda nello Yemen per mettere bombe sugli aerei diretti verso gli Usa).

Ne approfitta per chiedere che il Congresso vari finalmente una nuova legge a tutela dei giornalisti che devono mantenere la riservatezza delle loro fonti: «La libertà d'informazione consente a voi giornalisti di tenermi sotto controllo. E' perché credo in questi valori della nostra democrazia, che cominciai a fare politica». Resta l'impressione che Obama stia rischiando la maledizione del secondo mandato, quella che colpì un po' tutti i presidenti rieletti, da Ronald Reagan a Bill Clinton.

«Sei mesi dopo la vittoria - scrive il New York Times - il secondo mandato è cominciato diversamente da come lui sperava». Il filo comune degli scandali, nella narrativa della destra, vuole descrivere Obama come l'artefice di uno Stato invasivo, prepotente, incontrollabile. La destra fa di tutto per moltiplicare le commissioni parlamentari d'inchiesta. Al suo attivo, Obama continua a macinare risultati economici positivi: da ultimo, il calo del deficit pubblico.

 

 

BostonHeraldObamaGate x GARY PRUITT CAPO DELL ASSOCIATED PRESS l obama medium Associated Press Logo DANIEL WERFEL Obama barak eric holderRICHARD NIXON CHRIS STEVENS MENTRE INAUGURA LA SEDE CONSOLARE DI BENGASI ATTACCATA DAGLI ISLAMICI CONSOLATO USA A BENGASI IN FIAMME OBAMA E HILLARY CLINTONobama nixon

Ultimi Dagoreport

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – PUTIN NON HA PER NULLA DIGERITO L’INTESA TRA USA E UCRAINA (MEDIATA CON TRUMP DA BIN SALMAN E STARMER) PER UN CESSATE IL FUOCO DI 30 GIORNI: IL “MACELLAIO” DI MOSCA (CIT. BIDEN) VOLEVA I NEGOZIATI SUBITO, NON LA TREGUA, CHE INVECE RICALCA LE RICHIESTE DI ZELENSKY – “MAD VLAD” SI STA RENDENDO CONTO CHE IN GIRO C’È UNO PIÙ PAZZO DI LUI: L’INSOSTENIBILE BIPOLARISMO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO È LOGORANTE ANCHE PER MOSCA. UNO CHE DOPO AVER ANNUNCIATO DI AVER SOSPESO ARMI E CIA A KIEV, OPLÀ!, ORA HA RINCULATO. E MINACCIA “SANZIONI DEVASTANTI” SE PUTIN NON ACCETTERÀ L’ACCORDO…

wanna marchi stefania nobile davide lacerenza

CRONACHE DI CASA MARCHI – QUANDO WANNA DICEVA AL “GENERO” LACERENZA: “PORCO, TI DOVRESTI VERGOGNARE, MERITI SOLO LA MORTE” – TRA LE INTERCETTAZIONI DELL’ORDINANZA DI ARRESTO DEL TITOLARE DELLA ''GINTONERIA'' E DI STEFANIA NOBILE, SONO CUSTODITE ALCUNE FRASI STRACULT DELL’EX TELE-IMBONITRICE – LA MITICA WANNA RACCONTA UNA SERATA IN CUI DAVIDONE “TIRA FUORI LA DROGA”: “L’HA FATTA DAVANTI A ME, IO HO AVUTO UNA CRISI E MI SONO MESSA A PIANGERE” – LA DIFESA DI FILIPPO CHAMPAGNE E LA “PREVISIONE”: “IO CREDO CHE ARRIVERÀ UNA NOTIZIA UNO DI ‘STI GIORNI. ARRIVERÀ LA POLIZIA, LI ARRESTERANNO TUTTI. PERCHÈ DAVIDE ADDIRITTURA SI PORTA SEMPRE DIETRO LO SPACCIATORE..."

volodymyr zelensky bin salman putin donald trump xi jinping

DAGOREPORT – COME SI E' ARRIVATI AL CESSATE IL FUOCO DI 30 GIORNI TRA RUSSIA E UCRAINA? DECISIVI SONO STATI IL MASSICCIO LANCIO DI DRONI DI KIEV SU MOSCA, CHE HA COSTRETTO A CHIUDERE TRE AEROPORTI CAUSANDO TRE VITTIME CIVILI, E LA MEDIAZIONE DI BIN SALMAN CON TRUMP - E' BASTATO L’IMPEGNO MILITARE DI MACRON E STARMER PER DIMOSTRARE A PUTIN CHE KIEV PUÒ ANCORA FARE MOLTO MALE ALLE FRAGILI DIFESE RUSSE - NON SOLO: CON I CACCIA MIRAGE FRANCESI L'UCRAINA PUÒ ANDARE AVANTI ALTRI SEI-OTTO MESI: UN PERIODO INACCETTABILE PER TRUMP (ALL'INSEDIAMENTO AVEVA PROMESSO DI CHIUDERE LA GUERRA “IN 24 ORE”) – ORA CHE MOSCA SI MOSTRA “SCETTICA” DAVANTI ALLA TREGUA, IL TYCOON E IL SUO SICARIO, JD VANCE, UMILIERANNO PUBBLICAMENTE ANCHE PUTIN, O CONTINUERANNO A CORTEGGIARLO? - LA CINA ASPETTA AL VARCO E GODE PER IL TRACOLLO ECONOMICO AMERICANO: TRUMP MINIMIZZA IL TONFO DI WALL STREET (PERDITE PER 1000 MILIARDI) MA I GRANDI FONDI E I COLOSSI BANCARI LO HANNO GIÀ SCARICATO…

elly schlein nicola zingaretti donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - CHE FIGURA DI MERDA PER IL PD MALGUIDATO DA ELLY SCHLEIN: A BRUXELLES, TOCCATO IL FONDO, IL PD HA COMINCIATO A SCAVARE FACENDOSI SCAVALLARE ADDIRITTURA DAL PARTITO DI GIORGIA MELONI – SE FDI NON POTEVA NON VOTARE SÌ AL PROGETTO “REARM EUROPE” DELLA VON DER LEYEN, I DEM, CHE ADERISCONO AL PARTITO SOCIALISTA, SI SONO TRASFORMATI IN EURO-TAFAZZI: 10 HANNO VOTATO A FAVORE, 11 SI SONO ASTENUTI (E SOLO GRAZIE ALLA MEDIAZIONE DEL CAPOGRUPPO ZINGARETTI I FEDELISSIMI DI ELLY, DA TARQUINIO A STRADA, NON HANNO VOTATO CONTRO URSULA) – I FRATELLINI D’ITALIA, INVECE, DOPO AVER INGOIATO IL SI', PER NON FAR INCAZZARE TRUMP, SI SONO ASTENUTI SULLA RISOLUZIONE SULL’UCRAINA. LA SCUSA UFFICIALE? "NON TIENE CONTO" DELL’ACCORDO A RIAD TRA USA E UCRAINA. INVECE GLI EURO-MELONI PRETENDEVANO UN RINGRAZIAMENTO DEL  PARLAMENTO EUROPEO A "KING DONALD" PER IL CESSATE IL FUOCO TRA MOSCA E KIEV (CHE, TRA L'ALTRO, PUTIN NON HA ANCORA ACCETTATO...)

philippe donnet andrea orcel francesco gaetano caltagirone

DAGOREPORT: GENERALI IN VIETNAM - LA BATTAGLIA DEL LEONE NON È SOLO NELLE MANI DI ORCEL (UNCREDIT HA IL 10%), IRROMPE ANCHE ASSOGESTIONI (CHE GESTISCE IL VOTO DEI PICCOLI AZIONISTI) - AL CDA DEL PROSSIMO 24 APRILE, ORCEL POTREBBE SCEGLIERE LA LISTA DI MEDIOBANCA CHE RICANDIDA DONNET (E IN FUTURO AVER VIA LIBERA SU BANCA GENERALI) – ALTRA IPOTESI: ASTENERSI (IRREALE) OPPURE POTREBBE SOSTENERE ASSOGESTIONI CHE INTENDE PRESENTARE UNA LISTA PER TOGLIERE VOTI A MEDIOBANCA, AIUTANDO COSI’ CALTA (E MILLERI) A PROVARE A VINCERE L’ASSEMBLEA - COMUNQUE VADA, SI SPACCHEREBBE IN DUE IL CDA. A QUEL PUNTO, PER DONNET E NAGEL SARÀ UN VIETNAM QUOTIDIANO FINO A QUANDO CALTA & MILLERI PORTERANNO A TERMINE L’OPA DI MPS SU MEDIOBANCA CHE HA IN PANCIA IL 13% DI GENERALI…

ursula von der leyen giorgia meloni elon musk donald trump

DAGOREPORT – IL CAMALEONTISMO DELLA DUCETTA FUNZIONA IN CASA MA NON PAGA QUANDO METTE I BOCCOLI FUORI DAI CONFINI NAZIONALI - MELONI PRIMA SI VANTAVA DELL’AMICIZIA CON MUSK E STROPPA E DELLA “SPECIAL RELATIONSHIP” CON TRUMP, ORA È COSTRETTA A TACERE E A NASCONDERSI PER NON PASSARE COME "AMICA DEL GIAGUARO" AGLI OCCHI DELL'UE. E, OBTORTO COLLO, E' COSTRETTA A LASCIARE A STARMER E MACRON IL RUOLO DI PUNTO DI RIFERIMENTO DELL'EUROPA MENTRE SALVINI VESTE I PANNI DEL PRIMO TRUMPIANO D’ITALIA, L'EQUILIBRISMO ZIGZAGANTE DELLA GIORGIA DEI DUE MONDI VIENE DESTABILIZZATO ANCOR DI PIU' DAL POSIZIONAMENTO ANTI-TRUMP DEL PROSSIMO CANCELLIERE TEDESCO MERZ CHE FA SCOPA COL POLACCO TUSK, E LEI RISCHIA DI RITROVARSI INTRUPPATA CON IL FILO-PUTINIANO ORBAN - IL COLPO AL CERCHIO E ALLA BOTTE DEL CASO STARLINK-EUTELSAT...