renzi -lingotto

‘STO LINGOTTO NON L’INGOIO, DA “REPUBBLICA” A “LA STAMPA”, RENZI SFANCULATO – ‘È IL PROGRAMMA DI UN VISIONARIO’’ - ‘’UN DISCORSO CHE RESTERÀ ALLE CRONACHE PER LA RISCOPERTA (A SINISTRA!) DELLA PAROLA ‘’PATRIOTTISMO” – ‘’VELTRONI NON C'È, PRODI PARE STIA DECIDENDO DI SCHIERARSI CON ORLANDO; E D'ALEMA E BERSANI SONO GIÀ DA UN'ALTRA PARTE, CON I LORO “REDUCI”

Federico Geremicca per La Stampa

 

Matteo RenziMatteo Renzi

Ripartire dal Lingotto, nell' anno di grazia 2017, è come decidere di scrivere un libro con la mitica «Lettera 22»: una Olivetti di mezzo secolo fa, e anche più. E farlo in una sala che di rosso ha solo il foulard di qualche signora e con un discorso che resterà alle cronache per la riscoperta (a sinistra!) della parola «patriottismo», rappresenta qualcosa che somiglia più a un azzardo che a una pericolosissima scommessa. Ma Matteo Renzi ha deciso di lanciare la sua corsa alla segreteria del Pd precisamente così: in perfetta adesione ad uno stile (disastrosamente sperimentato col referendum) che non conosce pause e - tanto meno - dietrofront.

RENZI GIACHETTI DALEMARENZI GIACHETTI DALEMA

 

E gli aspetti scenografici e letterali sono il meno: perché l' ancor più difficile è nei compiti - e nei fronti di battaglia - che Renzi affida al partito di cui vuol tornare segretario: la lotta alla paura, che è la miglior benzina dei nuovi leader (da Trump alla Le Pen, fino a Grillo e Salvini); quella all' euroburocrazia, per difendere la migliore idea politica del secolo passato (l' Unione, appunto).

 

MATTEO RENZIMATTEO RENZI

E l' impegno a rilanciare le eccellenze italiane: dal patrimonio culturale alle bellezze del Paese, fino a un' assistenza sanitaria che non ha uguali (meglio: non avrebbe uguali) nel resto del pianeta.

 

Se mettiamo in fila gli obiettivi che Renzi assegna al «suo» Pd, non può esserci dubbio: è il programma, praticamente, di un visionario. O di un leader fermo a dieci anni fa: Lingotto 2007, appunto, il tempo e il tempio della grande innovazione veltroniana.

RENZI DALEMA FRANCESCHINI ORLANDORENZI DALEMA FRANCESCHINI ORLANDO

 

Ma sono passati due lustri, il mondo, la politica e l' Italia sono cambiati e ripartire semplicemente dal Lingotto - e con gli obiettivi che dicevamo - è come provare a fare il giro del mondo controvento in barca a vela: avventura che solo a pochissimi è riuscita.

 

A fronte delle ricette classicamente socialdemocratiche di Andrea Orlando e del «grillismo temperato» di Michele Emiliano, il Lingotto 2.0 di Renzi sembra - a prima vista - il ritorno ad un passato spazzato via dagli eventi di questi anni. Una operazione politica fuori tempo.

 

BONUS Renzi 80 EuroBONUS Renzi 80 Euro

Un decennio fa si veleggiava sulla spinta del maggioritario: oggi, al contrario, il ritorno al proporzionale sembra un Vangelo. Nel 2007 si fondevano partiti (a destra e a sinistra): dal dopo-referendum, invece, il panorama è fatto di scissioni e partitini che si moltiplicano. Ai tempi del Lingotto prima maniera, Beppe Grillo era un comico, le migrazioni un fenomeno che commuoveva e la paura (il senso di insicurezza) un sentimento ancora arginabile con la ragione.

 

Tutto incontestabilmente vero. Ma la domanda è: ci si può rassegnare al ritorno della Prima Repubblica (con i suoi storici guai, che si finge di non ricordare)? Si può dire a cuor leggero addio all' Europa, buttando alle ortiche decenni di progressi e di speranze?

RENZI E ORLANDORENZI E ORLANDO

 

E infine: è giusto accettare che un sentimento di paura (irresponsabilmente alimentato) travolga modi di vivere e politica, rapporti personali e scelte di governo?

La risposta che Matteo Renzi propone al suo Pd è no: resta da vedere - ed è questa la partita delle primarie - se le ricette che l' ex premier propone siano quelle giuste. E se è ancora lui il leader adatto a realizzarle. Sapendo, naturalmente, che il «rottamatore» non è cambiato: nonostante la batosta subita al referendum.

 

DALEMA RENZIDALEMA RENZI

Dice «ci vuole più collegialità nel partito», ma è lecito dubitare che ci creda davvero; promette impegno per rilanciare e meglio strutturare il Pd, ma chissà se lo farà sul serio; e comunque - motivandola - non recede da una idea assai invisa a Orlando ed Emiliano: che il segretario sia anche premier in caso di vittoria alle elezioni, sommando ruoli, responsabilità, forza e potere.

RENZI CLINTONRENZI CLINTON

 

E questo, insomma, è il Renzi che parte alla riconquista del Pd e del governo: energia da vendere, di nuovo in piedi, voglia di combattere e ottimismo alla vecchia maniera. I «numi tutelari», però, non sono con lui: Veltroni non c' è, e lo raccontano indeciso su quale candidato sostenere; Romano Prodi pare stia decidendo di schierarsi con Orlando; e D' Alema e Bersani sono già da un' altra parte, con i loro «reduci». «Ma noi vogliamo un partito di eredi, non di reduci», chiarisce Renzi: eredi di quel che di meglio ha prodotto il Pd. Con buona pace di chi ha dubbi, di chi è contrario e di chi già è andato via.

 

Si vedrà quanto convincente risulterà questo Renzi vecchio e nuovo assieme. E convincente non solo per il «popolo delle primarie» - che i sondaggi danno in maggioranza con lui - ma per gli italiani tutti, quando saranno chiamati finalmente a scegliere a chi affidare le sorti di questo Paese.

 

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