TIRATE FUORI IL CENCELLI: IL RENZI-UNO COMINCIA CON LA SPARTIZIONE DELLE POLTRONE DA VICEMINSTRO E SOTTOSEGRETARIO - GLI ALFANOIDI VOGLIONO TENERLI TUTTI
1. GLI ALFANOIDI VOGLIONO TENERE TUTTI I VICEMINISTRI E SOTTOSEGRETARI
DAGONOTA - Il Consiglio dei ministri che li nomina si terrà ' martedì, ma la guerra dei viceministri e dei sottosegretari del Renzicchio Uno e' in corso e non si faranno prigionieri. E il teatro principale dello scontro e' il Senato, dove la maggioranza e' risicata: il gruppo di Alfano chiede la conferma del numero insieme al rinnovo totale della delegazione al governo, e minacciano lo scioglimento del gruppo stesso.
2. LA CREPA A SINISTRA NEI CONTI AL SENATO - IL NODO SOTTOSEGRETARI - CIVATI CHIEDE AL WEB - POPOLARI: DA NOI SÃ, PER L'APPELLO DEL COLLE
Dino Martirano per il "Corriere della Sera"
E ora inizia la partita a scacchi per i sottosegretari (complicata, tanto da lasciare pensare che si concluderà non prima di mercoledì) che, ovviamente, avrà un riflesso anche sul voto di fiducia previsto domani alle 14 al Senato e martedì mattina alla Camera. In particolare, a Palazzo Madama, l'esecutivo guidato da Matteo Renzi «balla» tra i 168 e i 175 voti favorevoli e, quindi, potrebbe subire non senza danni un brutto scherzo ordito dai Popolari per l'Italia (10 senatori) che sono rimasti a bocca asciutta dopo aver letto la lista dei ministri.
Eppure, il pericolo per il sindaco di Firenze non dovrebbe arrivare da quella parte politica: «Proporrò al mio partito di votare per la fiducia al governo», annuncia Mario Mauro che ha dovuto traslocare dalla Difesa. L'ormai ex ministro, tuttavia, ha aggiunto, polemico: «Voteremo la fiducia ma solo ed esclusivamente per i contenuti dell'appello del capo dello Stato Giorgio Napolitano». Come dire che la partita non si chiude qui anche se i toni potrebbero essere meno acerbi se i Popolari potessero contare su un paio di «vice» dopo aver perso la Difesa.
Per Renzi, la battaglia del Senato si gioca anche sul fronte sinistro della coalizione, e in particolare con i sei-sette senatori del Pd che fanno riferimento a Pippo Civati. Da giorni, il competitor di Renzi alle primarie va dicendo che i «civatiani» potrebbero anche non votare la fiducia al governo ma ieri, in perfetto stile grillino, è stato compiuto un passo in più: «Votare o no la fiducia a Renzi?» è il quesito sottoposto alla Rete da Civati che stamattina a Bologna riunirà la sua componente in un'assemblea pubblica».
Parallelamente, in attesa di capire quanti voti di scarto ha Renzi al Senato, e quindi quanto «pesano» i 31 senatori del Ncd di Alfano, la maggioranza si prepara alla stretta sui sottosegretari e sui viceministri. Un aspetto non secondario è quello del ministero per gli Affari europei (cancellato da Renzi seppure previsto dalla legge 2034 del 2012) la cui filiera (il ministro Enzo Moavero e lo sherpa Stefano Grassi) istruiva i consigli europei mettendo in secondo piano la struttura degli Esteri.
Cosa farà Renzi ora? Tornerà allo schema dell'ex premier Lamberto Dini, quando gli Affari europei erano affidati ad un sottosegretario di rango come Piero Fassino? Oppure terrà la delega a Palazzo Chigi? Altro tema delicato è quello dei servizi segreti: Marco Minniti, in qualità di autorità delegata con Enrico Letta resterà a Palazzo Chigi o Renzi preferirà cambiare cavallo?
Con il professor Mario Monti, tra sottosegretari e viceministri furono distribuite 28 poltrone. Con Enrico Letta il conto balzò a dieci «vice» e a trenta sottosegretari. Renzi ha tutta l'aria di fare economia di poltrone ma è pur vero che, con 14 commissioni permanenti alla Camera e altrettante al Senato, i 16 ministri non possono certo avere il dono dell'ubiquità . Al governo servirà dunque una seconda fila compatta e capace di coprire tutti i buchi in Aula e in commissione in modo da non rendere vano il lavoro di Maria Elena Boschi, neoministra senza portafogli con delega alle Riforme e ai Rapporti con il Parlamento.
Prima del Consiglio dei ministri che nominerà i sottosegretari dovrà anche essere stabilita la sorte degli eventuali vice del governo che verranno confermati.
Prendiamo il ministero dell'Interno che rimane nelle mani di Angelino Alfano (Ncd). I due vice del Pd, Filippo Bubbico e Giampiero Bocci, ci tengono a mantenere l'incarico, ma al Viminale potrebbe arrivare Emanuele Fiano che si è fatto le ossa al Copasir e in I commissione sulla legge elettorale e sul finanziamento dei partiti.
Alla Giustizia, ci sarà un «vice» del Ncd, magari con l'esperienza di capogruppo, e si affaccia anche l'ipotesi dell'avvocato David Ermini (Pd, fedelissimo di Renzi). All'Economia sono previsti due «vice» politici per compensare il supertecnico Pier Carlo Padoan: in pole position Casero del Ncd (conferma) e Morando del Pd.
Alla Farnesina, la neoministra Federica Mogherini potrebbe forse avvalersi della «continuità » assicurata dal viceministro Lapo Pistelli (Pd) e dal sottosegretario Mario Giro (Popolari). Per Scelta civica i nomi dei «papabili» sono quelli di Carlo Calenda, Benedetto Dalla Vedova e Ilaria Borletti Buitoni.
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