LORO PREPARANO LA RIPRESA, NOI ANCORA NON SAPPIAMO COME AFFRONTARE IL BARATRO - CINA E USA STANNO GIÀ PREDISPONENDO MISURE PER IL DOPO-VIRUS, CON LOGICHE AGGRESSIVE DA SUPER-POTENZE. L'EUROPA È IMPANTANATA SU UN DIBATTITO DA SUPER-BUROCRAZIA, CHE LA RENDERÀ ANCORA PIÙ SFIGATA SUL PIANO GLOBALE DOPO LA FINE DELL'EMERGENZA
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Venerdì il Politburo del Partito comunista cinese ha deliberato le misure di rilancio dopo l' epidemia. Il pezzo forte sono 7.500 miliardi di yuan di nuovi investimenti già nel 2020, pari all' 8% dell' economia cinese, parte di un programma quasi sette volte più grande da sviluppare negli anni. Le risorse verranno raccolte emettendo titoli fuori dal bilancio ufficiale, che la banca centrale comprerà creando nuova moneta. Il Politburo non fa prigionieri. Non guarda in faccia a niente e nessuno pur di evitare fame, povertà, disoccupazione, sommosse e soprattutto pur di proteggere lo status di superpotenza globale della Cina.
Non per niente i dati del traffico urbano in ascesa mostrano che l' economia ha già ripreso a girare. Gli Stati Uniti stanno invece ancora facendo i conti con le devastazioni di Covid-19, avendo subito più tardi l' aggressione del virus.
Nel giro di due settimane il Paese si ritrova dieci milioni di disoccupati in più. Ma a Washington si pensa già all' uscita, anche qui con una logica aggressiva da superpotenza. La Casa Bianca di Donald Trump e il Congresso hanno varato un primo pacchetto di spesa pubblica da duemila miliardi di dollari, il 9,5% del Pil. Ogni americano che ne ha anche solo potenzialmente bisogno riceverà subito 1.200 dollari, magari tramite moneta digitale perché anche questa opzione diventa la prima volta legge: un messaggio di supremazia tecnologica al resto del mondo.
Già questo mese poi Trump preparerà un secondo pacchetto più vasto del primo, come se l' Italia varasse in due mesi un' espansione da almeno 360 miliardi. Del resto tutto il debito lo assorbirà la Federal Reserve. La banca centrale americana ha comprato titoli del Tesoro per 646 miliardi di dollari negli ultimi otto giorni. In poco più di una settimana ha fatto oltre metà di quanto la Banca centrale europea (per ora) si appresta a fare in un anno: a noi il bazooka, a loro l' arma nucleare.
Visti i confronti, probabilmente la Bce non si fermerà qui, ma per essere davvero efficace avrebbe bisogno dell' azione della politica. Nella zona euro gli stimoli dei governi ad oggi valgono il 2,3% del Pil, più una quantità di garanzie pubbliche difficile da misurare. È una frazione di quanto stanno facendo Usa e Cina. È una frazione anche minore rispetto a quanto stanno precipitando oggi le nostre economie.
Le prospettive sono tali che persino la Germania si sta rifiutando di fare piena luce: tra due settimane si dovrebbero presentare a Bruxelles i Programmi di stabilità, dove i governi comunicano le loro prospettive di crescita, deficit, debito. Per troppa nebbia o per pudore Berlino quest' anno non vuole farlo, rendendosi benemerita agli altri perché così rinvia l' obbligo per tutti (si illustreranno solo le misure di risposta alla crisi).
Così, anziché guardare in faccia la realtà e reagire con rabbia, troppi in Europa hanno risposto allo choc fingendo dapprima che le mappe del mondo di ieri avessero ancora senso. Ma ormai una presa d' atto si è imposta e con essa un primo pacchetto di misure per affrontare l' inizio dell' emergenza. Per tutti i Paesi si apre l' opzione di una linea di credito pari al 2% del Pil dal fondo salvataggi europeo Mes, con un disco verde preliminare automatico sulla sostenibilità del debito, alla sola condizione di spendere bene i soldi. Il bilancio Ue a sua volta si indebita per 100 miliardi per finanziare piani di difesa del lavoro prestando agli Stati, mentre anche la Banca europea degli investimenti alzerà i volumi di credito.
È una prima risposta da qualche centinaia di miliardi, da misurare a fronte di un calo del reddito in Europa nel 2020 fra mille e 1.500 miliardi. In Italia il fabbisogno sarà sestuplicato e la Banca d' Italia si aspetta nel 2020 un debito pubblico fra il 150% e 160% del Pil. Del resto tutte queste prime misure europee hanno in comune il fatto che aggiungono debito sui singoli Stati: non c' è ancora messa in comune dello sforzo e del rischio. Resta dunque la tensione sulla vera risposta di lungo periodo da dare alla distruzione di imprese e di lavoro imposta da questo letargo dell' economia, con Italia e Germania su posizioni distanti.
angela merkel ursula von der leyen
Ma proprio perché l' Europa intera rischia di uscire da questa curva molto indietro rispetto a Usa e Cina, il governo non può attendere un accordo a Bruxelles che gli risolva tutti i problemi. Deve aiutarsi da sé, con una proposta dettagliata su quegli eurobond e soprattutto su come correggere le proprie tante contraddizioni (da Quota 100 in giù).
Potrebbe aiutarsi anche con un piano della ripresa, per esempio riattivando prima le imprese che oggi rischiano l' espulsione dalle catene globali del valore: eppure, nel comitato tecnico-scientifico di Palazzo Chigi, non ce n' è uno oggi che abbia competenze in materia.