LO ZAMPINO DI MATTEUCCIO SULLA RISPOSTA ITALIANA ALLA UE – E BRUXELLES NON GRADISCE LE SCORCIATOIE: SOLO SCUSE – COSI’ RENZI TORNA A SCARICARE VELENI CONTRO LA MERKEL PER IL SURPLUS COMMERCIALE, COME TRUMP - ORA LA PROCEDURA D'INFRAZIONE E' ALLE PORTE
Fabio Martini per la Stampa
La «letterina» di risposta a Bruxelles, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni la voleva tutta politica, breve, priva di dettagli puntuali e aperta ad una fase ulteriore di negoziato. Alla fine così è stato: poco dopo le 20,30, quando a Palazzo Chigi hanno dato il via libera all' ultima di una serie di bozze, il testo finale della lettera di risposta del ministro dell' Economia alla Commissione europea rispondeva ai requisiti concordati due giorni fa dal presidente del Consiglio in un incontro con Pier Carlo Padoan.
Certo, dietro le quinte vigilava Matteo Renzi, con la sua raccomandazione a Gentiloni e a Padoan a non mollare, a mostrarsi «determinati», a fare come negli anni scorsi: allungare la trattativa sino a sfinire gli interlocutori di Bruxelles. Ma stavolta c' era da affrontare una novità che ha indotto i due leader del governo a rinunciare alla linea dello scontro aperto con la Commissione europeo.
La novità è questa: proprio in virtù dei corposissimi «sconti» concessi nei due anni scorsi (ben 19 miliardi di spese in deficit), a Bruxelles hanno fatto capire a Roma che in caso di risposte evasive, la procedura di infrazione stavolta partirebbe. Un «lusso» che l' Italia del 2017 non si può concedere: troppo alto sarebbe il costo in termini di reputazione sui mercati di eventuali sanzioni. E al tempo stesso, e questo è scritto nella lettera, «un aggiustamento troppo rapido danneggerebbe l' economia in un momento di accresciuta incertezza geopolitica».
Tra queste Scilla e Cariddi, Gentiloni e Padoan hanno costruito una lettera asciutta (59 righe), che, escludendo manovra correttiva e nuove tasse, vincola il governo a una politica di bilancio strutturale rispettosa, nel medio e lungo periodo, delle regole sul risanamento dei conti. In altre parole un impegno ad accrescere la pressione fiscale e migliorare la «spending review».
Ma senza specificare né come né quando. Una politica della quale darà conto il Def (Documento di economia e finanza) previsto per aprile. Nella sostanza - e questo è il senso politico e finanziario della riposta a Bruxelles - l' Italia, senza dirlo esplicitamente, fa capire di essere pronta a spalmare gli effetti della correzione in un arco temporale di medio periodo.
Una lettera formalmente firmata Padoan, preparata dai tecnici e dai politici del Mef, seguita e sottoscritta dal presidente del Consiglio e che ha avuto l' avallo politico di Matteo Renzi. Che ha voluto dire la sua, anticipando una offensiva politica che Gentiloni ha intenzione di lanciare nelle prossime settimane: quella contro la politica «doppiopesista» della Commissione europea, forte con i Paesi «deboli» e debole con i «forti».
Scrive il segretario del Pd nel suo blog: «Il team economico di Trump ha fortemente polemizzato con la Germania per lo spaventoso squilibrio commerciale. Questa critica nel nostro continente arriva soprattutto da sinistra. Le regole dicono che il surplus commerciale della Germania non può essere superiore al 6%, oggi è intorno al 9%. Si tratta di una violazione delle regole che fa male a tutta l' Europa. E che la indebolisce a favore dei soli amici tedeschi».
E ancora: «Dobbiamo rispettare le regole europee, vogliamo continuare a farlo. Ma l' Europa per prima deve chiedere il rispetto delle regole, a tutti. Non solo a noi. Più volte abbiamo posto il tema» del surplus commerciale tedesco «in modo ufficiale, nei tavoli di discussione: vogliamo rispettare le regole. Ma dobbiamo farlo tutti. Anche la Germania. La filosofia dei due pesi e due misure è sbagliata».