ZINGALES AFFETTA MONTEPREZZEMOLO E I SUOI “CENTO”: “CAMBIANO LE SCODELLE MA LA MINESTRA E’ SEMPRE LA STESSA” - “FERMARE IL DECLINO” BOCCIA GLI SMONTEZEMOLATI: “A NOI NON INTERESSA ENTRARE NELLE STANZE DEL POTERE. ANCHE LA PERSONA MIGLIORE CHE SI IMMERGE IN UN LETAMAIO, PUZZA. A COSTO DI RESTARE FUORI, DICIAMO CHE LA POLITICA VA DISINFETTATA” - MONTI? “MASSIMO RISPETTO MA NON E’ RIUSCITO A LIBERALIZZARE NEANCHE I TAXI…”
M.Antonietta Calabrò per il Corriere della Sera
Luigi Zingales, economista, professore al Booth School of Business dell'Università di Chicago, autore de «Il Manifesto capitalista» (Rizzoli), considerato il miglior libro economico del 2012, è uno dei sette fondatori (tra gli altri Oscar Giannino, Michele Boldrin e Alessandro De Nicola) di «Fermare il Declino», il think tank protagonista della rottura con l'Appello dei Cento «per la Terza Repubblica» sottoscritto da laici e cattolici.
Professore, allora, che cosa non le è piaciuto?
«Tutti vogliono cambiare, anche Grillo, anche Vendola, persino Berlusconi. Il punto vero è: cambiare per andare dove? à per questo che noi non ci stiamo ad operazioni gattopardesche, come quelle avvenute alla fine della prima Repubblica: quando è stata sostituita una classe dirigente con un'altra che alla prova dei fatti si è rivelata peggiore della prima. Oltre a una nuova classe dirigente ci vogliono scelte chiare. E al momento queste scelte chiare nell'Appello di Montezemolo e Bonanni, io non le vedo, c'è solo un disperato montismo senza sostanza».
Nel Manifesto la richiesta di riduzione delle tasse c'è: cosa manca?
«Noi siamo pronti ad allearci con chiunque condivida i nostri ideali di rinnovamento dell'Italia. Esso, ripeto, passa non solo per un cambiamento di tutta la classe politica, ma anche per una riduzione delle risorse controllate dalla politica. Per moralizzare la politica, bisogna impoverirla. Non solo negli stipendi dei parlamentari e nel finanziamento pubblico, ma soprattutto nelle sue capacità di spendere i nostri soldi e di influire (con nomine e regolamentazioni) sul mondo economico. Al momento il documento di «Verso la Terza Repubblica» non contiene nulla di tutto ciò, per questo non l'abbiamo firmato. Ci auguriamo si ravvedano».
Cosa chiedete?
«Innanzitutto, una drastica riduzione degli sprechi pubblici, poi privatizzazioni, non solo per motivi di bilancio, ma proprio per moralizzare la politica e terzo, maggiore concorrenza e quindi maggiore meritocrazia».
Per aver ritirato la vostra adesione, vi si accusa di eccessivo personalismo, di esasperato liberismo. à così?
«A noi non interessa entrare nelle stanze del potere. Non mi interessa essere dentro e diventare sporco. A costo di restare fuori, noi affermiamo che la politica deve essere "disinfettata", perché se cambiano le persone, ma non la direzione di marcia, non le regole, non gli ideali, allora tutto rimarrà come prima. Anche la persona migliore che si immerge in un letamaio, puzza. Ci vuole una visione nuova, una carica ideale, ci vuole "l'ottimismo della volontà "».
Scusi, ma lei non è un "cantore" del capitalismo? E che fa cita Gramsci?
«Sì, cito Antonio Gramsci».
Non è mica che le dà fastidio il solidarismo dei cattolici, l'economia sociale di mercato del leader della Cisl?
«Dipende tutto dal significato delle parole. Certo che ci vuole sempre un welfare, ma deve essere un welfare serio, una rete sociale di protezione per gli individui: le imprese decotte devono poter fallire e non restare in piedi con aiuti di Stato».
I firmatari dell'Appello per la Terza Repubblica, in fondo cercano di costruire una «sponda politica» per il premier, stanno arruolando le truppe per traghettare Mario Monti oltre le strettoie delle ormai prossime elezioni politiche...
«Mi sembra, ripeto, un disperato montismo senza sostanza, mi sembra che il loro programma sia la solita minestra, magari presentata in una scodella nuova».
E Monti?
«Ho la massima stima di lui come persona. à stato mio professore alla Bocconi, è stato un ottimo commissario europeo, direi che è stato un ottimo presidente del Consiglio, ma quando si è trattato di combattere contro un monopolio-simbolo come quello dei taxi, cosa è successo? Monti ha perso. Pensi se avesse tentato di "attaccare" i veri monopoli, i veri gangli del potere economico. In un Paese di lacci e laccioli è l'agenda e non la persona quello che importa. Quanto a Monti se vuole essere protagonista, deve sottoporsi al giudizio popolare: siamo in democrazia e deve ottenere il consenso al suo programma nelle urne».






