E ALLORA IL PD? - ZINGARETTI SI SFILA DA OGNI GIOCO DI PALAZZO: "NON APPOGGEREMO GOVERNI TECNICI O ALTRO" (MATTARELLA NEANCHE GLIEL'HA PROPOSTO) - IL SEGRETARIO NON VUOLE INFILARSI IN UN ESECUTIVO POSTICCIO, CHE TRA L’ALTRO DOVRÀ SFORNARE UNA MANOVRA LACRIME E SANGUE - RENZI E’ FREGATO: I POSTI PER I SUOI IN LISTA SARANNO DECIMATI E NON HA PIU' IL TEMPO DI CREARE UN SUO MOVIMENTO…
Carlo Bertini per “la Stampa”
«Noi non appoggeremo niente, governi tecnici o altro. Non daremo appoggio esterno a nessun esecutivo. Niente». Il Pd sbarra la strada a qualunque maggioranza alternativa. Con buona pace di Salvini che teme giochetti dai Dem, tipo un appoggio esterno ad un nuovo governo Conte. Le voci impazzano malgrado i palazzi chiusi e i Dem finiscono nel mirino come potenziali reggicoda di un governo che eviti il voto.
Invece nessun sostegno del Pd - intima Zingaretti a chi pure ne avesse lontanamente voglia - tanto più a un esecutivo che sarebbe costretto a sfornare una manovra lacrime e sangue da 40 milioni di euro. Sarebbe un suicidio. «Non faremo niente coi Cinque stelle». Con una notizia che filtra dal Nazareno: Mattarella neanche lo ha chiesto, ben sapendo da mesi qual è la posizione di Zingaretti. Si guarda solo alla data delle elezioni, malgrado big come Franceschini o Delrio a suo tempo abbiano lanciato ami.
NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI
E malgrado ai renziani, contrari a intese con i grillini, non convengano le urne. No. Il Pd vuole altro. Salvini nel mirino Nicola Zingaretti vuole che sia ben chiaro agli italiani chi li manderà a votare, scuotendo i mercati e rischiando di non avere un bilancio approvato entro dicembre. Il "killer", ovvero Matteo Salvini.
Il quale deve spingere il bottone in Parlamento per sfiduciare Conte e far cadere così il governo: questo è l' input che il segretario Pd ha trasmesso attraverso canali riservati anche al Colle, facendo intendere che farà le barricate perché la crisi si concluda con un voto parlamentare in diretta tv. Perché c'è in teoria anche la possibilità che Conte riferisca alle Camere e si rechi poi al Quirinale a rassegnare le dimissioni senza farsi sfiduciare. Per restare in carica e gestire le urne.
«Siamo pronti alla sfida - è il grido di battaglia di Zingaretti -. Alle elezioni non si deciderà solo il governo, ma anche il destino della nostra democrazia, la collocazione internazionale del Paese. Il Pd chiama a raccolta tutte le forze che intendono fermare idee e personaggi pericolosi». Due partiti in uno Al Nazareno si respirano due climi diversi: quello zingarettiano è il più mite e grintoso.
«Quando si va al voto le cose cambiano», dicono i suoi davanti ai sondaggi col Pd al 22%. Insomma il segretario non teme le urne, anzi pur senza poterlo dire le considera l'occasione per avere nuovi gruppi parlamentari fedeli, rompendo la diga che oggi gli oppongono i renziani.
Come si è visto anche nella strategia d'aula al Senato sulla Tav. Dopo il voto sarà lui a dare le carte nel partito. E ora sarà lui a decidere le candidature. Si prepara a gestire la partita creando alleanze con liste civiche in tutta Italia: «Bisogna allargare il Pd e se nasce qualcosa di serio fuori dal Pd ben venga».
Ma non si divide il partito per prendere gli stessi voti. Calenda sostiene invece che «da solo il Pd non basta. Un governo della Lega vuol dire l'uscita dell'Italia dall'euro. Quindi è decisivo portare a casa un elettorato molto più ampio, popolare e moderato, anche di centrodestra». Zingaretti farà alleanze a tappeto in tutti i collegi, perché «ci vogliono realtà e liste civiche locali per costruire liste forti», è il suo refrain.
nicola zingaretti foto di bacco
Altro clima dalle parti di Renzi, dove si sentono già «in una riserva indiana», sicuri di essere decimati dalle liste elettorali, con una decina di posti sicuri. Il funerale è dovuto anche al fatto che Renzi non farà in tempo a creare un suo movimento. Se si fosse votato tra un anno lo avrebbe creato con i suoi comitati per poi essere raggiunto dai fedelissimi in una seconda fase. Ma ora tutto ciò è congelato. Quindi il Pd resterà nella sua forma attuale di due partiti in uno.