1 - IL PENE DI NAPOLEONE
Da “Anteprima. La spremuta di giornali di Giorgio Dell’Arti”
L'abate Vignali gli segò il pene che nel 1999 fu messo all'asta e aggiudicato per quattromila dollari al dottor John E Lattimer, della Columbia University. La figlia di costui lo avrebbe a sua volta messo all'incanto per centomila dollari.
2 - I MITI DA SFATARE SU NAPOLEONE BONAPARTE: NON ERA COSI’ BASSO, NON AVEVA PAURA DEI GATTI E NON FU LUI A RUBARE LA GIOCONDA. MA LA LEGGENDA VUOLE CHE FOSSE POCO DOTATO. IL SUO PENE MISURAVA INFATTI 4,5 CM A RIPOSO E 6,1 IN EREZIONE
3 - PICCOLO UOMO, EGO GIGANTESCO
Francesco Merlo per "Robinson - la Repubblica"
Unità di misura della pazzia, voglia d' onnipotenza dell' impotente, Napoleone ha fatto ammattire Goethe, che lo paragonava alla "Apocalisse di San Giovanni", Hegel, che a Jena lo vide per fortuna una sola volta a cavallo ma gli bastò per immaginare l' Assoluto, e ovviamente quelli che lunatici lo erano già di natura, come Nietzsche che, ricoverato in manicomio a Jena (rieccola), diceva di essere l' imperatore, e come Dostoevskij, che spaccò in due l' umanità: i "Napoleone", ai quali tutto è permesso, e "i pidocchi" che tutto devono subire.
Ed è naturale che Napoleone sia l' imperatore pure delle barzellette: «è a lei che devo la mia guarigione» scrive al suo medico il rinsavito firmandosi però "Napoleone", e il medico, allibito per quella pazza firma di un rinsavito, volendosi grattare la sapiente testa si toglie il petit chapeau di feltro nero e infila la mano nel gilet sotto la giubba grigia.
Le barzellette che, come la filosofia, stanano le verità nascoste e spesso scomode, raccontano che c' è un Napoleone che sonnecchia in ciascuno di noi, insomma un' identità in crisi, direbbero gli studiosi che sono ammattiti studiando i matti. Tutti gli psichiatri e gli psicanalisti si sono esercitati sull' uomo qualunque che si sente Napoleone, ed è famoso l' aforisma di Lacan: «Un pazzo che pensa di essere Napoleone è evidentemente un pazzo, ma è ancora più pazzo un re che crede di essere un re». E sembra, lo so, un pirandellismo o un pirandelleggiare, un perdere se stesso nel territorio del vuoto.
Perciò è bello e istruttivo rileggere L' Imperatore inesistente (Sellerio), tre saggi ottocenteschi, matte "stanzette letterarie" del negazionismo, messe insieme da Salvatore Silvano Nigro, che "provano" che il generale Bonaparte è un essere immaginario, un' allegoria, un quiproquo, una mitologia, un errore collettivo: non è mai esistito.
l'imperatore inesistente cover
Ecco, appunto: roba da matti. All' opposto dei negazionisti, matti sono pure gli iperrealisti, vale a dire i feticisti storici che collezionano cimeli napoleonici sempre e solo "autentici" sino alla polvere da sparo e alla giberna da granata: «credesi Napoleone I, - classificava Cesare Lombroso pensando d' essere "un Cicerone al serraglio" - crede cioè di essere un gran talento, di essere un eroe, e vuol sempre aver ragione, ha il brutto vizio di menar le mani». Con più poesia, «Napoleone era fatto così: se diceva di no, non diceva di sì» spiegava Sergio Endrigo.
Ma non esistono Napoleoni illegittimi, tutti hanno diritto di diventare Napoleone, anche Wellington, the Duke, l' elegante gradasso asserragliato nella fattoria di Hougoumont, vincitore perché raccontato come un altro Napoleone, e pure il prussiano in fuga era Napoleone, e si può andare avanti così, sino a comprendere il mito ottocentesco dell' eroe romantico e il superman moderno, che vince anche quando perde, come lo immaginava il malinconico Renato Rascel: «Guarda che bel generalon / Bonaparte Napoleon / Se Bonaparte è questa qua / l' altra parte quale sarà?/ Napoleon, Napoleon, Napoleon / nel caffellatte io ci metto tre cannon».
E c' è pure l' idea, ovviamente pazza, che tutte le pazzie della storia siano napoleoniche. E difatti gli archivi dei manicomi, specie francesi, raccontano le mille metamorfosi del mito di Napoleone nella testa di incendiari, erotomani, omicidi, ossessi, deliranti, schizoidi, come l' insigne studioso di Napoleone, il prof Sokolov, che nel novembre del 2019, vestito da Napoleone, ha squartato con una sega la sua studentessa, vestita da Joséphine tutti esiliati da se stessi come Napoleone che a Sant' Elena diceva: «vedo l' infinito in me». E pochissimi storici resistono alla tentazione di usare Napoleone per misurare le follie di Hitler e di Stalin, come se i due sanguinari dittatori non bastassero a se stessi. Andreotti, umilmente, lo usò così: «Ci sono pazzi che credono di essere Napoleone e pazzi che credono di poter risanare le ferrovie dello Stato».
Anche l' aggettivo napoleonico è impazzito diventando, via via, napoleonesco, napoleoniano, napoleonotto, napoleonista aggettivi psicologici che comprendono tutte, ma proprio tutte le varianti della grandiosità. Del resto Napoleone è stato pure moneta, gioco d' azzardo, una speciale intensità del colore rosso E forse siamo un po' pazzi anche noi che cerchiamo logiche napoleoniche negli svenimenti e nei deliqui di Alessandro Manzoni e, Napoleoni del citazionismo, classifichiamo, tra i sani che Napoleone fece un po' ammattire, Stefan Zweig con il suo momento fatale, e Victor Hugo con il suo enigma di Dio e soprattutto con l' idea pazzamente francese che a Waterloo non vinse Napoleone, ma Cambronne. Si sa come andò. Quando il nemico inglese gli chiese di arrendersi, Cambronne rispose "merda" e condannò i suoi uomini alla morte per massacro. E però Victor Hugo scrisse: «Dire quella parola e poi morire, cosa c' è di più grande?». E ancora: «Chi ha vinto a Waterloo è Cambronne!».
Di nuovo: roba da matti. Al contrario, per gli inglesi l' epica di Waterloo è ancora quella di Walter Scott, per i tedeschi il testo sacro è von Klausewitz, e poi ci sono ovviamente Stendhal e Joseph Roth. Secondo un sondaggio già vecchio il 54 per cento dei giovani inglesi da 18 a 24 anni non sa che Waterloo è la battaglia dove fu sconfitto Napoleone. Per loro non è neppure una metafora: «è nient' altro che una stazione di Londra».
Nel 2015 andai a Waterloo e nel campo che fu di battaglia, nella periferia ricca di Bruxelles, 40 ettari di terra grassa, vidi la ricostruzione della più gloriosa delle disfatte insieme a 200mila spettatori che avevano comprato il biglietto. E ogni sera e per tre sere la carnevalata storica diventava industria, nel fumo e nelle fiamme dei più assordanti fuochi d' artificio, bum bum bum alla napoletana ma con la pompa magna di Napoleone.
E dunque incontrai il più vero dei finti Napoleone che da vent' anni recita il suo ruolo di Imperatore in tutti i campi di battaglia ricostruiti: a Jena, a Austerliz e appunto a Waterloo. È un avvocato di Orleans con studio a Parigi, piccolo calvo e con gli occhi blu e rotondi. Sincero sino all' identificazione, mi disse: «Ahimè, misuro un metro e settantadue, tre lunghissimi centimetri in più». Ma raggiunse la perfezione quando diede l' ordine di attacco piegandosi leggermente su se stesso per simulare le imperiali emorroidi che in quel 18 giugno, secondo la storiografia del dettaglio, tormentarono Napoleone e forse gli impedirono di vincere.
NAPOLEONE francesco merlo foto di bacco (2) napoleone bonaparte NAPOLEONE