Marco Giusti per Dagospia
Vedo che non sta funzionando benissimo in sala l'appena uscito "Limonov", biopic del discusso letterato e dissidente ucraino Eduard Veniaminovich detto Eddy detto Limonov, come limone, ma anche, in russo, come bomba, diretto dal geniale Kirill Serebrennikov di “La moglie di Tchaikovsky", tratto dal celebre romanzo di Emmanuel Carrère, che figura qui anche come collaboratore e attore.
Lo interpreta con ingenuo candore Ben Whishaw che fa dell'ambiguo, imprevedibile Limonov un personaggio da “Dottor Zivago”. Con lui la altissima, supersexy e nudissima Viktoria Miroshnichenko (“La ragazza d’autunno”) nel ruolo della sua musa Elena. Scritto da Pawel Pawlikowski e Ben Hopkins, fotografato dal Roman Vasyanov di “Fury”, prodotto dai nostri Gianani e Gangarossa di Wildside, Fremantle e da Dimitri Rassam, figlio del vecchio produttore Jean-Pierre Rassam (“La grand bouffe”) è un'opera maggiore per il cinema europeo, e italiano, che a Cannes non convinse i giurati, ma che io trovai una bomba di regia e di recitazione.
Soffre, penso, del peso che il personaggio ha ancora oggi con la guerra in corso, anche se Serebrennikov e Carrère chiudono il film con una chiave che molto spiega di Putin e della sua guerra. E' un biopic che copre più di mezzo secolo di storia. Ispirato appunto alla vita creativa e dissoluta del poeta-scrittore-attivista politico, mai vero dissidente né solo etero, più vicino a Yukio Mishima e Velimir Khebnikolz che a Brodskij, nato e cresciuto proprio a Karchov/Karchiv, la città mineraria ucraina massacrata da Putin la scorsa primavera.
Perché attraverso la vita dissoluta, piena di ombre e di contraddizioni, arriviamo in realtà a spiegare l’eterno conflitto che divide tutta la Russia dai tempi della Rivoluzione. “Se non ci fossero stati Stalin e 20 milioni di morti russi adesso parlereste tedesco” urla alla radio francese Limonov prima di aggredire le giornaliste Sandrine Bonnaire e Celine Salette.
E quando arriva in Russia nel 1991, accolto dal padre che ancora pensa ai bei tempi delle purghe prima del muro, si capisce subito da che parte sta andando col suo Partito Nazionalista Bolscevico e come veda la politica di Gorbachov come una degenerazione occidentale. Tanto che il vecchio funzionario del KGB, che già lo spedì in esilio nei primi anni ’70, prima di farlo arrestare e trasformarlo in un eroe, gli dice chiaramente che lui e Putin sognano la stessa identica Russia.
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Una Russia in grado di sconfiggere il grande nemico. L’America, il suo capitalismo, un posto dove è riuscito a perdere la donna che amava, a farsi scopare da un nero negli slums a diventare il maggiordomo di un ricco, a farsi raccomandare da Yevtushenko e non pubblicare dai grandi editori di new York quando gli scrittori russi andavano più di moda. “Vai a vedere Taxi Driver”, gli dice un potente editor, stai raccontando la stessa cosa.
Ma lì il protagonista vuole spazzare via il marciume che vede e dove vive. Limonov adora il marciume. Lo fa suo. Proprio la parte a New York negli anni ’70, con Limonov e Elena che entrano dentro le strade piene di gente, nei cinema porno, con la città che quasi espelle lo scrittore dopo averlo accolto, sono forse il momento più visionario e approfondito della storia.
Tutta la parte successiva si svolge molto più rapidamente, come se fosse non meno importante, ma in fondo lo sviluppo di tutto un processo creativo e ideologico che ci porterà alla Russia di oggi. Lì, negli anni ’70 americani così chiari e riconoscibili, Serebrennikov e la sua troupe possono sviluppare, grazie a un set ricostruito con precisione, l’uso particolare del repertorio dove inserire il protagonista, le canzoni di Lou Reed, le citazioni di Scorsese, un modello di cinema molto libero, vitale, ma mai fuori controllo.
Cinema, e Serebrennikov ha una grande macchina registica, un po' come "M" di Joe Wright. Estetizzante, magari, come le poesie di Brodskij, ma che serve per arrivare agli ultimi anni del poeta ormai diventato un rivoluzionario o un controrivoluzionario perfetto alleato di Putin, anche se muore nel 2020. A un passo dall’invasione dell’Ucraina.
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