Ilaria Ravarino per ''Il Messaggero''
elisa isoardi e il cane zenit 5
Milanese, 56 anni, Paolo Bassetti è l'uomo che, insieme al fratello Marco, vent' anni fa ha portato nella tv italiana reality e talent show. Lo ha fatto fino al 2018, come ad della Endemol Shine (la madre del Grande Fratello), prima di passare al ruolo di punta, per Italia e Spagna, della Banijay, gruppo italo-francese con DeAgostini tra i soci di controllo, guidato dal fratello di sette anni più grande, Marco Bassetti (marito della senatrice Stefania Craxi).
Con l'acquisizione di Endemol Shine ormai a un passo, il gruppo si avvia a diventare la più grande società di produzione in Europa. «Siamo orgogliosi del nostro cuore italiano dice Bassetti - qualche collega ha gridato allo scandalo perché gli internazionali lavorano in Rai, e poi ha fatto affari con gruppi che sono di fondi americani (il riferimento è a Simona Ercolani, che ha venduto la sua Stand By Me, ndr)».
Con Endemol fate il 69% delle produzioni Rai, 1923 ore di trasmissioni. È un monopolio o no?
«In Inghilterra, Francia e Germania produciamo con la tv pubblica 7-8 volte più che in Italia. Senza polemiche. Il conteggio delle ore è ingannevole: 450 ore l'anno di Vieni da me costano quanto tre ore di fiction. Il calcolo come fa l'antitrust anche in Europa va fatto sul fatturato. E poi si tratta di co-produzioni: la Rai produce il 70/80% del budget, noi il 20/30%».
Perché La prova del cuoco di Rai1 e Vieni da me di Rai2 sono saltati?
«In vista dell'acquisizione di Endemol l'antitrust sta controllando le nostre aziende e tutto il mercato italiano. La Rai però, senza attendere - come avrebbe dovuto - il giudizio, ha tagliato La prova del cuoco a Endemol e Vieni da me a Banijay. Lasciando molte persone senza lavoro».
La casa nel bosco di Rai1 di Antonella Clerici si fa?
«Non posso rispondere. Riguarda Endemol».
I vostri Pechino Express su Rai2 e Il Paradiso delle signore su Rai1 sono confermati?
«La Rai per Pechino aveva un impegno per due anni di contratto, ma ne ha firmato uno solo. E al momento tutto tace. Essendoci già impegnati economicamente con il proprietario del format, non escludo scenari diversi. Per Il Paradiso delle signore termineremo le puntate rimaste in sospeso. Abbiamo investito su questi due titoli 10 milioni».
Serie: novità in cantiere?
«Una per Mediaset e una per Rai, la serie medica Lea con Vanessa Incontrada: abbiamo pagato l'opzione per partire a marzo, ma il virus ha fermato tutto. Dobbiamo capire se Incontrada sarà ancora disponibile».
Che ne pensa di Tinny Andreatta, l'ormai ex direttrice di Rai Fiction passata a Netflix?
«La stimo, ha fatto un gran lavoro (Montalbano, L'amica geniale etc. ndr). In Rai si rischia di non avere prospettive: la politica troppo presente e il tetto non aiuta».
È contrario al tetto ai compensi?
FABIO FAZIO E LUCIANA LITTIZZETTO
«Sì. Così quelli bravi interni se ne vanno e quelli bravi esterni non verranno mai».
A proposito: due milioni e 200 mila euro a Fabio Fazio sono troppi?
«Fazio è una risorsa. Che tempo che fa è la sintesi perfetta di servizio pubblico e intrattenimento, ottimi ascolti e raccolta pubblicitaria. Su Rai1 dalle 20.30 a mezzanotte costava solo 400 mila euro a puntata: la rete, per coprire le tre fasce, oggi spende tre volte tanto. Si autoproduce? Nel mondo lo fanno tutti i grandi showman. Ed è vergognoso cambiare in corsa le regole».
Mercato dei format: chi vince?
«Gruppi consistenti che possano rischiare, investire e attirare talenti, scelti dalle emittenti per ottenere creatività, titoli sicuri e senza sprechi. Sui progetti originali investiamo 10 milioni l'anno. Solo in Italia, l'anno scorso, quasi due».
E se la Rai volesse produrre tutto da sola?
«Più di così? Tra il 2018 e il 2019 ha prodotto internamente quasi l'80%. Caso unico in Europa. Alla Bbc produzione interna e produttori esterni competono alla pari, con criteri meritocratici e percentuali prestabilite. In Inghilterra il mercato delle produzioni dal 2008 è quadruplicato, in Francia e Germania è raddoppiato. Da noi ha perso il 20 per cento».
Perché?
«La Rai ha 14 mila dipendenti e tanti centri di produzione da mantenere attivi. La Bbc, che tutti prendono a modello, attraverso un accordo con i produttori ha fatto confluire 4500 interni nella produzione esterna. Il mercato, così potenziato, negli anni ha creato altri 15 mila posti di lavoro».
Ciclicamente si parla di una Rai senza pubblicità: è un'ipotesi praticabile?
«Solo aumentando il canone, ma è impopolare. La Rai ha il canone più basso fra i maggiori paesi europei, a fronte del primato degli indici di ascolto. Se si levano 600 milioni di pubblicità e se ne recuperano 150 con il canone, senza un piano di ristrutturazione, come si colmerà il gap? Senza queste entrate la Rai produrrà meno. E crescerà la disoccupazione nel settore. Non sono tra quelli che pensano che una Rai senza pubblicità possa favorire qualche editore».
E allora?
«Si andrebbe verso un felice declino, come nel Paese. Oggi prevalgono egualitarismo ed assistenzialismo, non si premiano talento e merito».
Che dovrebbe fare la Rai?
«Sistema, dentro e fuori l'azienda. La Rai deve diventare più competitiva, e non rischiare di essere una scatola vuota in balia della politica. La tv generalista avrà vita lunga, ma le nuove piattaforme saranno sempre più centrali. Amazon e Netflix alla fiine del 2020 avranno in Italia 11 milioni di abbonati».
vincenzo de luca da fabio fazio 8