Renato Franco per il “Corriere della Sera” - Estratti
La voce fa impressione.
Ha il timbro di un ventenne. Edoardo Vianello però ha appena superato l’asticella degli 86. Il primo pensiero è subito venato da quell’ironia con cui ha attraversato sempre la vita: «A questa età cominci a pensare che forse sta arrivando la vecchiaia...
Comunque pensavo peggio, c’è qualche doloretto, ma sono felice soprattutto perché la voce non ha cambiato fisionomia».
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Poche sere fa ha cantato davanti al Colosseo. Quanti concerti all’anno fa?
«Tra i 10 e i 15, ma per volontà di mia moglie che mi blocca. Dice che siccome lei è giovane (hanno 36 anni di differenza) devo vivere tanto e non mi devo affaticare, ma non sa che ogni palcoscenico che calco mi fa guadagnare sei mesi i vita».
All’inizio della sua carriera dava dei soldi ai suoi amici per mettere le sue canzoni: un’idea di marketing niente male.
«Mi ero creato un tesoretto di monete da 50 lire, accompagnavo i miei amici nelle spiagge e nei bar più frequentati e facevo inserire le 50 lire che davano diritto a tre canzoni, e ovviamente facevo selezionare i miei pezzi. Io non mi facevo vedere per paura di essere riconosciuto e poi scappavo come un ladro. Evidentemente è una strategia che ha dato i suoi frutti, alla fine le canzoni sono penetrate definitivamente nei cervelli delle persone».
La sua preferita?
«Quella che amo di più è Il capello , che finimondo per un capello biondo , perché è stata la prima canzone scritta con Carlo Rossi, il mio paroliere, e mi ha fatto individuare la strada che dovevo prendere: spiritosa, ironica, divertente. Era il 1959».
Anche lei conferma una regola che vale praticamente per tutti i cantanti: le canzoni migliori sono sempre quelle degli inizi.
«È vero, all’inizio c’è voglia di dimostrare, di esprimere il proprio gusto, c’è la fame di arrivare al successo. Quando hai azzeccato il periodo giusto è difficile riuscire poi mantenersi in contatto con i cambiamenti delle mode».
Sarà comunque immortale grazie alle sue canzoni...
edoardo vianello foto di bacco
«Beh in effetti ci sono almeno una decina di canzoni che conoscono tutti, è un numero esagerato... credo che dipenda da un insieme di fattori azzeccati: le idee del testo, la musica semplice, orecchiabile ma allo stesso tempo un po’ sofisticata, e poi la genialità di Morricone che le ha incorniciate in una maniera strepitosa».
Gli anni 60 sono stati il suo periodo d’oro.
«Il momento più bello della mia carriera, facevo tutto in totale incoscienza: lo consideravo un gioco per divertirmi, per acchiappare le ragazze».
Poi un buio improvviso.
«La situazione politica e sociale è cambiata nel ‘68, mi sono ritrovato estraneo perché le mie canzoni non le volevano ascoltare, mi fischiavano, per un bel pezzo ho smesso di cantare perché non mi dava più gusto. Poi negli anni 80 c’è stato un movimento di recupero dei 60 e mi sono subito accodato: ho fatto il testimonial delle mie canzoni».
La canzone che le rende di più in diritto d’autore?
«Sono due: I Watussi e Abbronzatissima , ma anche Guarda come dondolo non scherza».
In volgarissimi euro?
«Ho cifre intere, a me però spetta solo il 30%. I Watussi — il mio brano più eseguito — ha superato i 10 milioni di diritti d’autore».
Diviso 61 anni fa 164 mila euro all’anno.
« Abbronzatissima — la più venduta — ha superato gli 8 milioni e mezzo di dischi, di cui “solo” uno negli anni 60. L’elaboratore della Siae è sempre stato molto attivo con me».
Come nacque «I Watussi»?
«Carlo Rossi mi sottoponeva sempre questo testo e io gli chiedevo: ma a chi può interessare il racconto di una popolazione che non conosce nessuno? Un giorno gli dissi che bisognava fare una canzone sul ballo che andava di moda, l’Hully gully. Disse: bene, lo facciamo inventare ai Watussi.È l’unica canzone che canto due volte nei miei spettacoli e siccome sono un amante delle statistiche l’ho eseguita almeno 10 mila volte».
Il testo oggi è scorretto, passi per «altissimi», ma «negri» non si può dire.
«Non demoliamo mica il Colosseo perché ci hanno ammazzato i cristiani... Quando l’abbiamo scritta era lecito chiamarli come li abbiamo chiamati, e quindi non ho nessuna intenzione di cantarla diversamente. I Watussi rimangono come sono nati: cambio il testo solo se nello stesso giorno demoliscono pure il Colosseo».
Talmente amante delle statistiche che contava pure le donne, aveva un’agenda con i 625 nomi delle sue amanti.
«Ma no, sono leggende metropolitane».
Leggende mica tanto: era morto Errol Flynn, «l’uomo delle mille donne» e lei lo voleva raggiungere.
«Ero caruccio, avevo abbastanza fortuna con le donne, stabilivo dei budget annuali: quante ne devo conquistare? Era un lavoro serio, sa?».
Il «budget» migliore?
«Un anno ero stato pretenzioso, volevo arrivare a 100, il 22 dicembre ero a 99».
«La musica di oggi non mi piace, non distinguo i vari interpreti perché mi sembra cantino tutti allo stesso modo. Mi piace molto però Annalisa, ha un genere di canzoni che mi sarebbe piaciuto scrivere, frizzanti e divertenti.
Invece non sopporto Giuliano Sangiorgi che ha rovinato una canzone come Meraviglioso con un’interpretazione totalmente sguaiata. Ho avuto l’occasione di dirglielo, chissà perché mi ha guardato male» .
Cosa non le piace di Sangiorgi?
giuliano sangiorgi negramaro prima serata sanremo 2024
«Mi dà fastidio quell’esplosione di voce, come quella di Al Bano che pensa che solamente cantando a squarciagola uno dimostri di avere voce. Uno deve cantare con gusto per prima cosa».
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edoardo vianello saluta paolo berlusconi (1) edoardo vianello con la moglie elfrida (2) edoardo vianello con la moglie elfrida (3) edoardo vianello ringrazia il pubblico a fine concerto (2) edoardo vianello col nipote andrea vianello elfrida canta insieme al marito edoardo vianello (1)