"DAVANTI A ME NON C'ERA MICA RIINA MA UN PISCHELLETTO IGNORANTE”, ENRICO LUCCI SI DIFENDE DOPO GLI INSULTI A FALCONE E BORSELLINO DURANTE “REALITI”: "IO NON INVITO MAFIOSI. GLI HO DETTO DI STUDIARE E CHE LA MAFIA E’ MERDA” – NIKO PANDETTA, IL CANTANTE CHE INNEGGIA ALLO ZIO BOSS AL «41 BIS», E SCARFACE: CHI SONO I NEOMELODICI CATANESI CHE HANNO OFFESO FALCONE E BORSELLINO  - VIDEO

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M. Tamb. per “la Stampa”

 

Enrico Lucci è frastornato e quasi non si rende conto dell' effetto paradosso che gli sta piovendo addosso. Lui che quel tema aveva voluto proprio per raccontare un fenomeno inquietante e puntare il dito su una categoria pericolosamente seguita, ora viene accusato se non di fiancheggiare, di minimizzare.

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Lucci, il programma le è sfuggito di mano?

«Ma quando mai. La bufera è scoppiata perché nessuno ha visto la trasmissione che si chiama "Realiti" e appunto affronta temi caldi, quello che avviene nello show umano mondiale».

 

E allora che è successo?

«Ho invitato un neomelodico, un pischelletto che prima di entrare mi ha detto: "Io non sono mafioso, ma dicendolo ho più follower"».

 

Peggio, ancora più inquietante.

«Siì, ma io questo devo far vedere, anche se va detto io non sono l' autore. Gli ho chiesto quali sono i suoi miti e poi gli ho consigliato di studiare, gli ho detto che non conosceva la storia e anche Borrelli (consigliere regionale campano, ndr) se l' è presa con il suo atteggiamento da gangster. Gli dico che la mafia è merda e cerco di trattarlo da padre, in fondo non avevo davanti Riina, ma un ragazzetto ignorante».

 

E poi?

«Gli ho parlato dei grandi siciliani, di Pio la Torre, di Piersanti Mattarella e dei nostri fratelli Falcone e Borsellino e qui è scattato l' applauso».

E la frase di Zappalà...

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«All' inizio non l' avevo sentita bene e oltretutto parlava in mezzo dialetto. Quando però ho afferrato, ovviamente mi sono indignato. E sono contento che il presidente della Commissione antimafia Morra abbia sottolineato che io sono immediatamente intervenuto per stigmatizzare l' ignoranza del cantante».

 

Non tutti però l' hanno pensato allo stesso modo.

«Ne sono dispiaciuto, si è arrivati a conclusioni avendo un' idea confusa dell' accaduto. Noi raccontiamo questo mondo urticante e terribile, ma dobbiamo farlo per far sapere che queste situazioni esistono nell' indifferenza del mondo civile. Sul web questi neomelodici vengono osannati, imitati. E lì sta il male».

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E adesso che cosa succede?

«Ripeto, io non sono l' autore, però mi dispiace molto che si sia verificato questo equivoco sulla netta presa di posizione del programma contro chi attacca i nostri eroi».

 

 

«CANTO VERSI DELLO ZIO BOSS» NIKO E SCARFACE, IDOLI SOCIAL

Alfio Sciacca per il “Corriere della sera”

 

La sua popolarità è diventata contagiosa quando tra i ragazzini di Catania e provincia ha cominciato ad andare di moda il «taglio alla Pandetta», che poi sarebbe una rasatura quasi a zero con ampia sfumatura sulle orecchie simile a quella di tanti calciatori. Vincenzo, Niko, Pandetta, 27 anni, è sicuramente il più noto tra i due protagonisti della polemica nata dopo la trasmissione «Realiti».

 

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Le sue canzoni totalizzano milioni di visualizzazioni su YouTube e gli adolescenti le conoscono a memoria. Compresa «Dedicata a te», che ha fatto 2,5 milioni di visualizzazioni. Non è ispirata da una donna, ma dallo zio di Niko, il boss Turi Cappello, detenuto al 41 bis.

 

«Ti ringrazio per tutto quello che fai per me - recita- . Sei stato una scuola di vita, mi hai insegnato a vivere con onore... per colpa di questi pentiti sei tra quattro mura».

 

Una venerazione quella per lo zio ergastolano che a Catania è un boss di prima grandezza, erede del vecchio boss Salvatore Pillera, «Turi cachiti» (che in slang catanese vuol dire: mettiti paura). Il nome dello zio se lo è fatto tatuare sul braccio destro, tra croci, simboli ultrà, doppi tagli.

 

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«Mio zio ha scritto alcuni testi delle mie canzoni dal 41 bis» confessa. E poi: «Il mio primo cd l' ho finanziato con una rapina». Di problemi con la giustizia ne ha avuti anche di recente: nell' ottobre 2017 venne indagato nell' inchiesta «Double track» per spaccio e detenzione di cocaina. Non stupisce che sui social mostri la pistola e minacci. Appena un mese fa la Procura lo ha citato a giudizio per diffamazioni e minacce nei confronti di una giornalista del sito MeridioNews che aveva realizzato un reportage proprio sul mondo dei neomelodici.

 

Meno popolare Leonardo Zappalà, 19 anni, in arte Scarface, ma nessun precedente con la giustizia. Lui e Pandetta cantano rigorosamente in napoletano anche se sono catanesi. Il primo vive nel quartiere Cibali, a due passi dallo stadio, mentre Zappalà tradisce le sue origini di Paternò già dall' inflessione. La sua popolarità al momento è confinata ai concerti di paese, alle feste private e, soprattutto, alle serenate su commissione. Sul suo profilo ha postato la foto accanto a Lucci e il video in cui spiega come fare incetta di like: «Prendi dei soldi in mano, fai la faccia del duro ed è fatta».

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E spiega: «Qui tutti i ragazzi di strada ascoltano le canzoni napoletane». Ma ieri più che like ha raccolto insulti. Quello più gentile: «Non so se mi fai più schifo o pena...mi fai vergognare di essere siciliano». Lui ha provato a replicare, senza nessun segno di pentimento: «Tutte bugie, ero in tv per parlare della musica neomelodica, no per parlare della antimafia... giornalisti terroristi».

 

In questa storia di neomelodici in salsa siciliana non c' è dunque il lieto fine del bellissimo Song 'e Napule . Qui si ammicca ai mafiosi e si mettono in discussione i martiri.

 

Il tutto in diretta Rai. E dire che i ragazzi di Palazzolo Acreide, la città di Pippo Fava, misero su una rivolta quando si venne a sapere che in città ci sarebbe stato un concerto di Niko Pandetta. E riuscirono a farlo annullare.

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