SALINGER ERI E SALINGER RITORNERAI (IN LIBRERIA) - IL BIOGRAFO DELLO SCRITTORE COMMENTA L'IMMINENTE PUBBLICAZIONE DEI SUOI SCRITTI INEDITI, E IL PERCHÉ DELL'ISOLAMENTO: ''QUANDO LA FAMA ARRIVÒ, SCOPRÌ DI NON SOPPORTARE L'ATTENZIONE DEGLI ALTRI. ODIAVA IL MONDO EDITORIALE E COMINCIÒ A ISOLARSI DA QUALSIASI COSA CHE POTESSE DISTRARLO DAL LAVORO. CONSIDERAVA LA SCRITTURA UNA CHIAMATA SPIRITUALE'' - LA GUERRA, LA FAMIGLIA, GLI AMORI E I SEQUEL DEI SUOI ROMANZI
Roberto Festa per ''il Venerdì - la Repubblica''
Un patrimonio enorme e segreto». Kenneth Slawenski reagisce così all' annuncio che il figlio di J. D. Salinger, Matt, ha affidato al Guardian: a breve inizierà la pubblicazione di quanto Salinger ha scritto, e mai pubblicato, negli anni del ritiro in New Hampshire. Slawenski, prima di essere uno dei biografi di Salinger, è stato un suo fan. Nel 2004 ha creato Dead Caulfields, un sito interamente dedicato all' autore del Giovane Holden.
La sua biografia, Salinger. La vera storia di un genio (ora pubblicata in Italia da Newton Compton) conserva un tono agiografico ma è anche un' appassionante riepilogo della vita di Salinger: dalla giovinezza in una famiglia della borghesia ebraica alle prime ambizioni letterarie, con i tanti rifiuti opposti ai suoi racconti dal New Yorker (il primo che venne accettato, nell' ottobre 1941, fu Slight Rebellion Off Madison, dove debutta il personaggio di Holden Caulfield), fino al successo planetario del Giovane Holden e al progressivo ritrarsi dalla vita pubblica.
Kenneth Slawenski, iniziamo dalla fine. Cosa c' è nei racconti non pubblicati da J. D. Salinger?
«Moltissimo. La storia editoriale di Salinger si conclude nel 1965, ma dopo quella data nella sua vita succedono molte cose. Nei lavori inediti ci sono probabilmente nuovi temi e personaggi. Sappiamo anche che prima del 1966 Salinger concluse due racconti mai pubblicati, in cui ricompare la famiglia Glass. Si tratta comunque di un corpus enorme.
Salinger scrisse per 50 anni, senza più pubblicare una riga».
Torniamo alle origini, al rapporto con i genitori: Miriam, la madre, e Solomon, il padre commerciante di formaggi, ebreo di origini lituane. Gli spostamenti dei Salinger a Manhattan, dall' appartamento di North Harlem a quelli dell' Upper West Side fino all' elegante Park Avenue, testimoniano la loro ascesa sociale. Come quegli anni influenzarono la vita successiva dello scrittore?
«Salinger è stato molto vicino a sua madre. L' indulgenza di Miriam lo ha viziato ma gli ha anche dato una cieca fiducia nel suo talento, che gli ha consentito di sopravvivere ai numerosi rifiuti opposti ai suoi primi racconti. Molto più difficile il rapporto con il padre, che non lo voleva scrittore e cercò di coinvolgerlo nell' importazione di carni e formaggi. Lo mandò anche a lavorare per un anno in Austria e Polonia, dove Salinger finì a macellare maiali. Detestò quel periodo e biasimò il padre. In ogni modo l' esperienza fu importante per la sua vita di scrittore».
Nella gioventù, la storia d' amore con Oona O' Neill quanto segnò la sua vita sentimentale?
«Salinger amò Oona con l' intensità del primo amore: aveva 22 anni, lei 16. Non si fece però grandi illusioni sul fatto di essere ricambiato. Quando Oona sposò Charlie Chaplin, per lui fu uno shock brutale. Lo venne a sapere dai giornali mentre era in partenza per la guerra.
Prima finse stoicismo, poi scrisse una satira feroce della prima notte di matrimonio della coppia. Per alcuni, Salinger cercò per tutta la vita di replicare quella relazione. Mi pare un modo semplicistico per spiegare la complessità della sua attrazione per le donne più giovani».
Veniamo agli anni della Seconda guerra mondiale. Salinger sbarca a Utah Beach all' alba del D-Day. Sfugge al massacro della foresta di Hürtgen - dove incontra Hemingway - per gettarsi nell' offensiva delle Ardenne. Partecipa alla liberazione di Dachau. Cosa fu la guerra per Salinger?
«L' evento determinante della sua esistenza. Salinger esce dalla guerra diverso: un uomo più maturo e uno scrittore migliore. La guerra insegna a Salinger il dualismo della vita. Le sue storie dipingono spesso forze opposte. Bene e male, innocenza e corruzione, luce e cecità, genuino e falso».
Poi c' è l' anno trascorso in Germania dopo la fine della guerra.
«Lì c' è un vuoto. Sappiamo che era nel controspionaggio militare e di stanza a Norimberga, dove c' era un enorme campo profughi ed erano in corso i processi ai nazisti. Fu probabilmente impegnato in queste attività, ma non sappiamo come».
Salinger fece il bar mitzvah ma ebbe un' educazione laica. Nel libro lei enfatizza l' interesse dello scrittore per le religioni, tanto che divenne un seguace di Sri Ramakrishna. Questo interesse come si tradusse in letteratura?
«Penso che dopo Il giovane Holden, Salinger si sia rivolto alla creazione di fiction religiosa. La guerra produsse in lui un' immensa curiosità spirituale, chiara nelle domande religiose di molti suoi racconti. Un buon esempio è Franny, che narra della giovane Franny Glass e dei suoi sforzi per adempiere al comandamento biblico della "preghiera incessante". Salinger prese il comandamento alla lettera e si chiese come poteva essere tradotto nel mondo reale. Credeva nel concetto vedantico del Karma Yoga, che spinge a realizzare tutto nella vita come una preghiera».
Nella sua biografia fa qualcosa che forse Salinger, così geloso della sua privacy, non avrebbe approvato: crea un legame stretto tra la sua vita e i suoi personaggi. Perché?
«La dimensione autobiografica dei racconti di Salinger è molto forte.
Lui stesso ha definito il personaggio di Buddy Glass il suo alter ego, e confessato che la sua infanzia assomiglia a quella di Holden. Come molti suoi personaggi, credo che Salinger cercasse qualcosa di bello e puro sotto la bruttezza spietata del mondo. Il peggior difetto, per lui, era l' insensibilità».
Si è fatto un' idea delle ragioni che lo portarono a isolarsi e a non pubblicare più nulla dal '65 e fino alla morte?
«Tante. Prima della guerra, Salinger aveva cercato riconoscimento e fama.
Quando la fama arrivò, scoprì di non sopportare l' attenzione degli altri. Odiava il mondo editoriale e cominciò a isolarsi da qualsiasi cosa che potesse distrarlo dal lavoro. Il suo isolamento assunse la forza di una religione, in quanto Salinger considerava la scrittura una chiamata spirituale.
Quella chiamata imponeva che lui scrivesse perché era un dono che gli aveva dato Dio; ma non sentiva alcun obbligo a pubblicare. Nell' intervista del '74 al New York Times, disse che continuava a scrivere ma aggiunse: "C' è una pace meravigliosa nel non pubblicare". Quell' intervista segnò il ritiro definitivo dalla vita pubblica. Gli offrì un luogo sicuro dove scrivere, ma molti lettori si sentirono traditi».
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