Massimo Gaggi per il Corriere della Sera
«Questo non sarà più il sindacato di vostro nonno: dobbiamo puntare sul mondo della tecnologia e aprirci alle diversità per scrivere il prossimo capitolo del movimento dei lavoratori». Liz Shuler, 52 anni, prima donna ad essere eletta leader dell'Afl-Cio, il maggiore sindacato americano, promette una svolta della strategia fin qui seguita dalle sempre più dissanguate union americane.
Sfida temeraria che lei spera di vincere puntando su tre fattori: la pandemia che, restringendo il mercato del lavoro, ha reso più difficile per le imprese trovare manodopera dando così, almeno provvisoriamente, più forza negoziale ai lavoratori; il sondaggio Gallup di qualche mese fa che segnala un ritorno di popolarità dei sindacati a livelli mai più visti dal 1965 col 71% degli americani intervistati (90% di democratici e 47% di repubblicani) che si dicono favorevoli alle rappresentanze organizzate dei lavoratori nelle aziende con una netta ripresa rispetto al minimo del 48% toccato nel 2009; in terzo luogo la spinta, il rinnovato entusiasmo, prodotto dai recenti successi delle union che sono riuscite per la prima volta a entrare col voto maggioritario dei lavoratori in alcune sedi di Amazon e Starbucks, nonostante l'ostracismo di queste aziende.
Domenica scorsa, appena eletta, Liz ha detto di voler puntare molto sull'organizzazione dei lavoratori nelle sedi delle grandi aziende tecnologiche. Sfida audace questa della modernizzazione, ma che la Shuler dovrà condurre su un sentiero molto stretto: le sindacalizzazioni di impianti come il centro di smistamento Amazon di Staten Island, l'unico nell'area di New York, hanno avuto molta risonanza, ma sono anche state soprattutto il frutto di campagne di singoli personaggi carismatici come Christian Smalls: un dipendente nero licenziato perché rivendicava diritti per i lavoratori, trasformatosi in attivista e trascinatore.
In molti altri casi le aziende sono riuscite ad evitare che la maggioranza votasse per la sindacalizzazione. E poi l'attuale momento che sembra favorevole ai sindacati - Congresso a maggioranza democratica, un presidente, Joe Biden, che si definisce pro-sindacati e una domanda di lavoro più alta dell'offerta che tende a far salire i salari - potrebbe non durare a lungo, mentre l'inflazione mangia tutti gli incrementi retributivi.
Del resto, anche sotto la leadership di Richard Trumka, un abile manovratore politico rimasto al vertice di Afl-Cio per 12 anni, morto all'improvviso dieci mesi fa, il Congresso, nonostante tutte le sue pressioni e una maggioranza progressista, non ha modificato le norme attuali che rendono difficilissimo per i sindacati fare proselitismo ed entrare nelle aziende.
E anche nell'era Trumka il tasso di sindacalizzazione dei lavoratori Usa è calato ulteriormente dell'1,5% scendendo al 9,3. Il «Pro Act», la legge che dovrebbe rimuovere queste barriere, non ha fatto progressi nel Parlamento a guida democratica e con le elezioni di mid term di novembre i repubblicani dovrebbero riprendere il controllo del Congresso.
Ma la Shuler, pur essendo stata la «numero due» di Trumka, ora vuole cambiare rotta: meno impegno sindacale a Washington e nelle battaglie parlamentari e più proselitismo sul campo, anche se le difficoltà sono molte. Per superarle Liz punta soprattutto sull'apertura di un'organizzazione che fin qui è stata soprattutto maschile e con leader bianchi, alle donne e alle minoranze etniche.
La stessa assemblea Afl-Cio di domenica ha preso atto che il mondo del lavoro è cambiato eleggendo non soltanto la prima donna leader della union, ma votando anche Fred Redmond come primo segretario e tesoriere: per la prima volta la seconda carica del sindacato va a un afroamericano.
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