IN AMERICA È PEGGIO ESSERE "SCORRETTO" CHE UCCIDERE – IL DIRIGENTE NIKE E PRESIDENTE DEL MARCHIO “JORDAN”, LARRY MILLER, HA CONFESSATO DI AVER UCCISO UN RAGAZZO QUANDO AVEVA SEDICI ANNI, MOTIVO PER CUI FU ARRESTATO E INCARCERATO FINO AI 30 ANNI - PER LA NIKE E' TUTTO OK: “SIAMO ORGOGLIOSI DI LARRY, DELLA SPERANZA E DELL'ISPIRAZIONE CHE LA SUA STORIA PUÒ OFFRIRE” – PROPRIO QUALCHE GIORNO FA IL COMICO DAVE CHAPPELLE E'STATO COLPITO DA UNA “SHITSTORM” PER AVER RICORDATO COME IL RAPPER “DABABY” VENNE “CANCELLATO” PER ALCUNI COMMENTI SUI TRANS, MA QUANDO NEL 2018 UCCISE UN UOMO “LA SUA CARRIERA NON HA AVUTO CONTRACCOLPI” – “IN QUESTO PAESE PUOI SPARARE E UCCIDERE UN NERO, MA NON FERIRE I SENTIMENTI DI UN GAY” - VIDEO

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1. IL SUPER DIRIGENTE DI NIKE (EX MANAGER DI JORDAN): NEL 65 UCCISI UN RAGAZZO

Valeria Robecco per “il Giornale”

 

Per oltre cinquant' anni Larry Miller, istituzione del basket americano e presidente del marchio Jordan, ha custodito un segreto inconfessabile: quando aveva 16 anni ha ucciso un altro teenager. Ora ha deciso di raccontare tutto in un libro-confessione scritto con la figlia primogenita - Jump: My Secret Journey From the Streets to the Boardroom - che uscirà il prossimo anno. 

 

il libro di larry miller il libro di larry miller

«Mi stava divorando dentro», ha rivelato in anteprima in un'intervista alla rivista Sport Illustrated riguardo a quanto successo il 30 settembre del 1965 a West Philadelphia. All'età di 13 anni Miller (oggi 72enne) era entrato nella gang Cedar Avenue della città della Pennsylvania: tre anni dopo un suo amico venne ucciso da una banda rivale, e lui si convinse che doveva vendicarlo. 

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Così prese una pistola calibro 38, si ubriacò con altri tre ragazzi e uscì in strada per dare la caccia a chiunque fosse affiliato alla banda rivale. All'angolo tra la 53esima e Locust Street sparò un colpo alla prima persona che incontrò: la vittima fu poi identificata come il 18enne Edward White, lui non lo conosceva e il giovane non faceva parte di nessuna gang. 

 

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«Eravamo tutti ubriachi, mi ci sono voluti anni per realizzare il vero impatto di quello che avevo commesso - ha spiegato nell'intervista -. Questo è ciò che rende le cose ancora più difficili per me, il fatto che non c'era nessun motivo». 

 

Miller fu arrestato subito dopo l'omicidio, e mentre era in carcere ha studiato per prendere la laurea alla Temple University, su cui poi ha costruito la sua carriera. Nel libro ha descritto nel dettaglio quanto avvenuto mezzo secolo fa e il tempo trascorso dietro le sbarre per vari reati, prima in un carcere minorile e poi in prigione fino ai 30 anni. 

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Il passato tuttavia è tornato a tormentarlo mentre sosteneva un colloquio di lavoro per la società di contabilità Arthur Andersen: in quell'occasione rivelò l'accaduto, l'offerta dell'impiego fu immediatamente revocata e in quel momento lui decise che non avrebbe «mai più parlato» dell'episodio. 

 

Così, per decenni, è riuscito a nascondere tutto anche ai figli, agli amici e ai soci in affari: non ha mai mentito, ha assicurato, ma è sempre stato capace di insabbiare l'omicidio. Solo prima dell'intervista a Sport Illustrated, secondo quanto riferito, ha informato le persone a lui più vicine, tra cui la leggenda del basket Michael Jordan e il commissario Nba Adam Silver. 

 

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«Per 40 anni sono scappato da tutto questo, ho cercato di nasconderlo e speravo che la gente non lo scoprisse», ha detto Miller, passato da ruoli dirigenziali alla Nike (dove è entrato nel 1997) alla presidenza del Jordan Brand, con una pausa per guidare i Portland Trail Blazers tra il 2007 e il 2012. 

 

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L'idea di rivelare tutto all'ex campione dei Chicago Bulls, suo amico, lo ha reso «decisamente nervoso», ma poi ha detto di essere stato supportato sia da lui che da Silver. «Sono rimasto prima sbalordito e poi stupito che Larry abbia gestito la sua lunga e proficua carriera professionale, operando ai massimi livelli nel nostro settore, tenendo questo segreto, e alla fine ho provato tristezza per il fatto che abbia portato questo fardello per tutti questi anni senza il supporto dei suoi numerosi amici e colleghi», ha sottolineato il commissario Nba. 

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Miller ora spera che la sua storia possa allontanare i giovani a rischio da una vita di violenze e far capire agli ex detenuti che ci può essere una seconda possibilità: «L'errore di una persona, anche il peggiore - ha affermato - non dovrebbe controllare ciò che accade per il resto della vita». 

 

«Siamo orgogliosi di Larry, della speranza e dell'ispirazione che la sua storia può offrire», ha fatto sapere da parte sua Nike, sottolineando che la sua vita è stata «un'incredibile storia di seconde opportunità».

 

 

2. DAVE CHAPPELLE COLPITO DALLA SHITSTORM

Da www.rollingstone.it

 

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Dave Chappelle entra a modo suo nella polemica sui comportamenti di DaBaby. Nel nuovo speciale Netflix The Closer si chiede perché mai la carriera del rapper ha subito contraccolpi a causa dei suoi commenti omofobi e non per avere ucciso un ragazzo nel 2018.

 

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Chappelle, che in passato è stato criticato per le sue battute su gay e trans, si è offerto scherzando di «negoziare il rilascio di DaBaby» con la comunità LGBTQ. Il principe della stand-up comedy americana riconosce la gravità dei commenti del rapper al Rolling Loud Miami: «Sapete, no, che sono uno che ci va pesante, ma pure io quando ho visto quella roba ho pensato: cazzo, DaBaby! Ha irritato un sacco di gente. Ha colpito la comunità LGBTQ dritta nell’AIDS», un gioco di parole fra “ass” (culo) e “AIDS”.

 

Chi ha criticato DaBaby e contribuito alla sua presunta cancellazione, continua Chappelle, forse non sa che nel 2018 il rapper ha ucciso un diciannovenne in un Walmart del North Carolina (DaBaby ha detto di avere agito per autodifesa e non è stato incriminato per la morte dell’uomo; è stato invece giudicato colpevole di un reato minore, possesso d’arma da fuoco).

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