1 – GUERRA RUSSIA-UCRAINA, IL CREMLINO TENTATO DALL’ESCALATION
Anna Zafesova per “La Stampa”
Putin centro di recupero per volatili in Kamchakta
Il ministero dell’Istruzione russo ha già diramato la circolare per inserire la «operazione militare speciale» nel corso scolastico di storia. Vista da Kharkiv e Kherson, dove l’esercito ucraino continua a liberare territori occupati, appare una mossa un po’ prematura, ma Vladimir Putin continua a mantenere il silenzio riguardo alla fuga del suo esercito dal Nordest dell’Ucraina, e in assenza di indicazioni la sua macchina della propaganda fa finta che non sia successo nulla.
L’ex presidente Dmitry Medvedev ripete che l’unico obiettivo della Russia è la «capitolazione di Kiev alle nostre condizioni», il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill predica la «grande missione storica globale della Russia e del suo popolo», e la Commissione elettorale informa sul successo dei candidati del regime nelle elezioni locali (dopo l’arresto di decine di contestatori, e falsificazioni totali).
Nel campo mediatico ufficiale la catastrofe sul fronte non esiste, e quindi anche la convocazione del Consiglio di sicurezza – l’organismo consultivo del quale fanno parte i principali ministri, i capi dei servizi segreti e i presidenti delle camere – per venerdì prossimo viene presentata come un appuntamento di ordinaria amministrazione.
La realtà però filtra dai talk show e dai giornali, dai canali Telegram e perfino da qualche fonte ufficiale, come il deputato e membro del comitato per la sicurezza della Duma Mikhail Sheremet che dichiara ad alta voce quello che è il dilemma del Cremlino: «Non riusciremo a ottenere risultati senza una mobilitazione generale». La trasformazione della «operazione militare speciale» in guerra totale, senza eufemismi, viene chiesta a gran voce dai nazionalisti dei gruppi più estremi, ma anche da molti militari in cerca di giustificazioni per la loro disfatta, e dai propagandisti televisivi.
controffensiva ucraina nella regione di kharkiv 6
Il fallimento della campagna di reclutamento strisciante – con gli emissari del Cremlino che hanno cercato volontari perfino nelle prigioni e negli ospizi per i senzatetto – era evidente ancora prima della controffensiva ucraina, ma ora la quantità (per non parlare della qualità) dei potenziali arruolati sta tendendo allo zero, nonostante la promessa di stipendi vertiginosi.
Il fronte dei radicali chiede il sangue degli ucraini, e applaude ai bombardamenti delle centrali elettriche che domenica hanno lasciato senza luce diverse città, ma è una rappresaglia più che una iniziativa strategica, anche se il politologo putiniano Sergey Markov teorizza l’estrema crudeltà nei confronti dei civili: «Le masse disprezzano i deboli e amano la durezza, più li picchiamo oggi più la Russia verrà amata in Ucraina domani».
controffensiva ucraina nella regione di kharkiv 5
L’idea che i risultati si ottengano solo con la forza, e che l’assenza del risultato è dovuta solo a una mancanza di spietatezza, è radicata profondamente nella cultura politica del putinismo, e l’esperto d’opposizione Abbas Galyamov dice che al Cremlino «le soluzioni moderate ormai non vengono nemmeno discusse, e i moderati hanno paura di venire accusati di collusione con il nemico».
Le soluzioni radicali però stanno incontrando un limite fisico: la Russia non è in grado di proseguire la guerra, meno che mai di vincerla. I corrispondenti di guerra, la forza d’attacco della propaganda russa, stanno scrivendo che Izyum e Kupiansk sono state perse «non agli ucraini, ma direttamente alle truppe Nato», e raccontano di «soldati di colore che parlano inglese»: fake news che forse devono giustificare la sconfitta militare russa, ma potrebbero essere anche rivolte a mobilitare i russi.
vladimir putin in una scuola di kaliningrad 1
Difficile però che i russi che stiano perdendo lavoro a causa delle sanzioni – Putin ieri ha parlato di 234.000 nuovi disoccupati, ma le stime sono molto più elevate – vorranno barattare un impiego in una multinazionale con una trincea nel Donbass. Galyamov ritiene che la chiamata forzata alle armi farà precipitare una «rivoluzione», i cui primi segni si vedono nella rivolta dei deputati municipali di Mosca e Pietroburgo: ieri il numero dei consigli di quartiere che hanno chiesto le dimissioni di Putin era arrivato a 18, un gesto istituzionalmente irrilevante, ma politicamente impensabile fino a due giorni prima.
Il margine di manovra diventa dunque sempre più ristretto, e per Mosca girano voci di un licenziamento del ministro della Difesa Sergey Shoigu, una buona candidatura a capro espiatorio per i militari. In vent’anni però Putin non ha mai praticato licenziamenti clamorosi: è contrario a farsi condizionare dall’opinione pubblica, e in più cacciare un ministro che era diventato uno dei cortigiani preferiti del presidente significherebbe ammettere che la guerra non sta andando bene.
2 – PUTIN FURIOSO SULLA «MANICA D’INCAPACI» PER LA CONTROFFENSIVA UCRAINA
Estratto dall'articolo di Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
Vladimir Putin è furioso. «Siete una manica di incapaci», avrebbe detto venerdì in una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza ai «siloviki», i capi degli apparati militari e d’intelligence, che lo ascoltavano come scolaretti in silenzio. Lo rivelano attraverso canali Telegram, fonti con accesso diretto ad alcuni membri del massimo organismo strategico russo.
La controffensiva delle forze ucraine nella regione di Kharkiv, che perfino un politologo di provata fede putiniana come Sergeij Markov definisce «una pesante sconfitta militare per la Russia», ha fatto collidere i due mondi paralleli, nei quali lo Zar ha articolato il racconto della guerra sin dal 24 febbraio: la realtà del più grave conflitto armato in Europa negli ultimi 70 anni e la finzione di un Paese dove la vita continua a scorrere tranquilla. «La sconfitta non era un’opzione nell’universo di Putin. Ora è successo», dice Tatiana Stanovaya, direttrice del centro di analisi politiche R.Politik, secondo cui il Cremlino «non era preparato a far fronte al nuovo scenario».
Paradossalmente, il contraccolpo sta avendo conseguenze più a Mosca che fra le truppe al fronte. Secondo Markov, che va preso col beneficio del dubbio perché tradizionalmente vicino ai militari, lo «scompiglio» non sarebbe sul terreno, dove «i comandanti sono riusciti a sottrarre l’esercito all’accerchiamento», quanto nella direzione del Paese: «Questo serio insuccesso significa che bisogna rinunciare alla vecchia strategia e trovarne una nuova. La direzione militare al momento non ha nulla da dire, ma è del tutto evidente che bisognerà lanciare un’escalation delle azioni di guerra. Non si può combattere come si è fatto finora».
valery gerasimov sergei shoigu
Putin al momento tergiversa. Nella riunione del Consiglio di Sicurezza, sbollita l’ira, egli avrebbe chiesto un ritorno alla strategia di guerra iniziale, quella di bombardare a tappeto infrastrutture critiche ucraine con l’obiettivo di provocare il caos e minare l’appoggio fin qui forte della popolazione alla linea della resistenza a oltranza proclamata dal governo. L’attacco del fine settimana alla centrale elettrica di Kharkiv, che per lunghe ore ha lasciato al buio l’intera regione, sarebbe figlio di questa indicazione.
Ma in generale, secondo le fonti, c’è incertezza sul da farsi. Anche un fedelissimo e falco come Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza, avrebbe espresso dubbi sull’idea del presidente, facendo notare che l’esercito ucraino ora dispone grazie agli occidentali di «armi eccellenti», che potrebbero addirittura consentirgli di colpire obiettivi in territorio russo. Fra questi, ci potrebbe essere il ponte di Kerch, che collega la Crimea alla Russia, diventato il simbolo dell’annessione della penisola.
recep tayyip erdogan vladimir putin vertice di sochi
Un altro timore, privo di riscontri ma evocato nell’incontro a porte chiuse, è che gli ucraini sarebbero riusciti a infiltrare decine di gruppi di ricognizione e sabotaggio dentro i confini della Federazione. Anche Markov considera «molto alta» la probabilità che l’esercito di Kiev riesca a occupare parti sia pure piccole di territorio russo. «Sarebbe per loro un colossale successo, soprattutto dal punto di vista psicologico e propagandistico. Non è detto che accadrà, anche perché ci sono degli svantaggi», dice senza spiegare quali.
Ma Putin deve anche affrontare il fronte interno. Markov sostiene che «gli ultimi eventi lo rafforzano, perché nella difficoltà la gente fa quadrato intorno a presidente». In realtà secondo Abbas Gallyanov, ex speechwriter di Putin poi caduto in disgrazia e costretto a lasciare la Russia, «la forza è la sua sola fonte di legittimazione, se viene messa in discussione, anche quest’ultima crolla agli occhi del popolo». […]
sergei shoigu riappare in video dopo 12 giorni
meme russo su putin - l inverno sta arrivando sergei e ksenia shoigu con vladimir putin il presunto sosia di putin a teheran 5