CI SONO ALTRI "VENDICATORI" COME OUSSEYNOU SY IN GIRO PER L’ITALIA? – L’AUTISTA DELLO SCUOLABUS CHE IERI HA CERCATO DI BRUCIARE VIVI 51 RAGAZZINI ERA STATO CONDANNATO PER ABUSI SESSUALI SU MINORE, EPPURE TRASPORTAVA I BAMBINI A SCUOLA – COM’È STATO POSSIBILE? PER UNA FALLA NEL SISTEMA: LA SOCIETÀ  SI È LIMITATA A CHIEDERE IL CERTIFICATO PENALE AL MOMENTO DELL’ASSUNZIONE, NEL 2004, E DA ALLORA… – VIDEO

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OUSSEYNOU SY sequestro bus OUSSEYNOU SY sequestro bus

“FACCIO UNA STRAGE. VENDICHERO’ GLI IMMIGRATI MORTI IN MARE PER COLPA DI SALVINI E DI MAIO” – IL DELIRIO DELL’AUTISTA SENEGALESE CHE HA CERCATO DI BRUCIARE VIVI 51 RAGAZZINI - I CARABINIERI SALVANO TUTTI IN EXTREMIS CON UN BLITZ- IL RAGAZZINO EROE CHE SI E’ LIBERATO E HA DATO L’ALLARME (VIDEO) - IL PIANO DEL DIROTTATORE PRONTO DA GIORNI E QUEL VIDEO DIFFUSO AGLI AMICI IN SENEGAL: "DOBBIAMO REAGIRE" - COME MAI UN UOMO CON PRECEDENTI PENALI (SU DI LUI GRAVA UNA CONDANNA PER ABUSI SESSUALI) GUIDAVA QUEL BUS? – IL VIMINALE VALUTA IL RITIRO DELLA CITTADINANZA. SALVINI: “E’ UNA BESTIA”-VIDEO

 

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-faccio-strage-vendichero-rsquo-immigrati-morti-mare-198858.htm

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“DA QUI NON ESCE VIVO NESSUNO” – UN AUTISTA DÀ FUOCO A UNO SCUOLABUS CON 51 STUDENTI A BORDO A SAN DONATO MILANESE – UN BAMBINO RIESCE A CHIAMARE I CARABINIERI IN TEMPO E NESSUNO RIMANE FERITO SERIAMENTE – PRIMA DI INCENDIARE IL BUS OUSSEYNOU SY, CITTADINO ITALIANO DI ORIGINI SENEGALESI, HA GRIDATO: “VOGLIO FARLA FINITA, VANNO FERMATE LE MORTI NEL MEDITERRANEO” – DOMANDA: PERCHÉ UN UOMO CON PRECEDENTI PER GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E VIOLENZA SESSUALE SU MINORE GUIDAVA UN PULMINO CON RAGAZZINI A BORDO? – FOTO+VIDEO: LA CORSA DISPERATA DEI BAMBINI

 

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-qui-non-esce-vivo-nessuno-rdquo-ndash-autista-198811.htm

 

san donato milanese sequestro del bus auto dei carabinieri speronata san donato milanese sequestro del bus auto dei carabinieri speronata

 

1 - PRECEDENTI E PATENTE LE FALLE NEI CONTROLLI

Pierpaolo Lio per il "Corriere della Sera”

 

C' erano due «macchie» nel passato dell' autista Ousseynou Sy. La sospensione della patente per guida in stato di ebbrezza mentre era al volante della sua auto dodici anni fa a Brescia. E, soprattutto, una condanna di un anno - con sospensione della pena - per una denuncia del 2011 per abusi sessuali ai danni di un minore.

 

Eppure ieri mattina Sy s' è seduto regolarmente al posto del conducente, come ogni giorno, su un mezzo carico di ragazzini di Crema che avrebbero dovuto percorrere i tre chilometri che separano la palestra dalla scuola, e invece si sono ritrovati in un incubo di oltre un' ora. Come sia stato possibile, è la domanda che è rimbalzata nelle teste di tutti man mano che si scavava nella vita dell' uomo di origini senegalesi, diventato cittadino italiano, autista della società di trasporto pubblico locale Autoguidovie.

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La (assurda) risposta è una falla nel sistema. «Nessuno ci ha comunicato di questi fatti gravissimi, di cui apprendiamo solo ora», fanno sapere dalla società. Tantomeno lo stesso Sy ha aggiornato dei suoi guai il datore di lavoro. Autoguidovie si è limitata a chiedere il certificato penale al momento dell' assunzione, nel lontano 2004, quando la società è subentrata a un altro soggetto nel servizio di linea nel Cremasco.

 

Da allora la fedina penale non è più stata verificata. Non è così ovunque, anche se in effetti manca un obbligo legislativo al riguardo. In altre società i controlli sono più stringenti: periodicamente il casellario giudiziario è passato al setaccio.

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Lo stesso silenzio ha affogato la sospensione della patente. Autoguidovie non ne è stata informata da Sy, né dalla motorizzazione civile, che non è tenuta a comunicarlo.

 

«L' autista che si vede ritirata la patente quando è alla guida della propria macchina potrebbe non dire nulla e ad esempio mettersi all' improvviso in aspettativa», suggerisce un vecchio conducente. «Tra ministero e chi svolge un servizio pubblico ci dovrebbe essere uno scambio continuo di informazioni che invece manca», dice Corrado Bianchessi, direttore del personale della società.

 

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Per mettersi ai comandi di un autobus bisogna aver compiuto i 21 anni e, oltre alla patente di categoria «B», serve la licenza di guida «D». A questi documenti va aggiunta la Carta di qualificazione del conducente per il trasporto di persone («Cqc»), che attesta la formazione professionale.

 

Al momento dell' assunzione, l' azienda verifica lo stato di idoneità psicofisica alla mansione, come previsto dal decreto ministeriale numero 88 del 1999. E le visite mediche accompagneranno poi tutta la vita lavorativa dell' autista, con controlli anche tossicologici periodici, sia programmati che a campione.

 

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«Noi possiamo solo dire che aveva ben venticinque anni di servizio, di cui gli ultimi quindici alle dipendenze di Autoguidovie. Aveva sempre superato positivamente tutte le visite mediche periodiche e annuali.

 

Non sappiamo spiegarci questo assurdo gesto», sottolinea con una nota in serata Camillo Ranza, presidente dell' azienda che conta oltre mille dipendenti, un giro d' affari di 135 milioni di euro e servizi di linea che spaziano da Pavia al sudest di Milano, fino alla Brianza. «Siamo addolorati e sconvolti», prosegue, e «ovviamente siamo emotivamente assolutamente vicini a tutti gli alunni e accompagnatori per la brutta e sconvolgente avventura loro occorsa e ci complimentiamo con le forze dell' ordine per il tempestivo ed efficacissimo intervento. In più di cento anni di vita, un fatto simile non era mai accaduto e speriamo non possa e non debba più ripetersi».

 

2 - PERCHÉ NON DOVEVA ESSERE LÌ

Venanzio Postiglione per il “Corriere della Sera”

 

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I bimbi che urlano, alle porte di Milano. L' autista che è pronto a fare una strage. Il bus che prende fuoco e gli alunni tutti in salvo: per un soffio o forse per un miracolo, stavolta si può dire.

 

La follia, il fanatismo, i cancelli dell' orrore a casa nostra: dopo averlo raccontato nelle strade di mezzo mondo. Le fiamme avvolgono una carcassa, come uno specchio di questo tempo, dove tutto è connesso e tutto rimbalza.

 

A partire dalla violenza. E poi la parola, immaginata e allontanata per ore, alla fine pronunciata: terrorismo. Terrorismo. Non perché Ousseynou Sy sia affiliato all' Isis: ma perché ha creato il panico, ha annunciato il massacro e ha lanciato un messaggio (in qualche modo) «politico». Con la volontà di vendicare i migranti del Mediterraneo.

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Dai barconi di Lampedusa fino allo scuolabus in Lombardia.

 

Senegalese di nascita, cittadino italiano, 46 anni. La retorica nazionale prevede già due filoni, subito, con i bambini che tremano ancora. Il primo porta dritto al sovranismo ideologico: immigrati, quindi cattivi, ma comunque sono troppi. Il secondo va dalla parte opposta: Matteo Salvini soffia sul fuoco e poi, ecco, una mente sconvolta quel fuoco lo accende sul serio.

 

Le opposte demagogie. Ci sarebbe un' altra strada, in realtà, ma prevede un po' di lavoro, un' analisi dei controlli e delle negligenze e (addirittura) una riflessione più equilibrata. L' autista ha minacciato e messo a rischio la vita di 51 bambini, con la benzina gettata nel bus e l' accendino pronto: un crimine orrendo.Che ha sconvolto tutti i genitori e i professori italiani. Ma si scopre che questa persona aveva alle spalle una condanna per abusi su un minore e anche una denuncia per guida in stato d' ebbrezza.

 

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E faceva l' autista di un bus con i bambini? Così, come fosse un mestiere qualsiasi? Tutto normale? Ma quanti conducenti hanno lo stesso curriculum? Quali controlli si fanno e ogni quanto tempo? Dire che «serve chiarezza» è fin troppo poco.

 

Comincia un' attività importante per la Procura, certo. Ma anche per la politica che non viva sempre di propaganda istantanea. Le verifiche (vere) sugli autisti di camion, pullman, autobus che percorrono l' Italia sono un tema solo dopo gli incidenti. Per qualche ora o qualche giorno, se va bene. Come se non riguardasse le vite quotidiane nostre e dei nostri figli.

 

È il passato dell' autista che andrà indagato. È l' iter dei controlli che andrà riavvolto per capire se e quando qualcosa non ha funzionato. A volte il presunto scontro di civiltà nasce più banalmente da una verifica non fatta o da una denuncia ignorata o da un dettaglio perduto. Ma il fuoco della strada Paullese racconta anche un altro mondo.

 

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Luminoso. Tre bambini si fanno coraggio tanto da riuscire a telefonare e a chiedere aiuto: due sono figli di immigrati (una famiglia marocchina e una egiziana), così la storia diventa ancora più paradossale e riesce a oltrepassare gli stereotipi.

 

Arrivano i carabinieri e si rivelano bravissimi nelle condizioni più difficili. Bloccano e arrestano Ousseynou Sy dopo che aveva annunciato il massacro dei piccoli italiani a Linate in nome «di chi muore in mare per colpa di Di Maio e Salvini», come dicono i testimoni. Ma soprattutto fanno uscire dallo scuolabus e portano in salvo i 51 allievi della scuola media di Crema. I ragazzi che immaginano la cosa giusta meglio dei grandi, lo Stato che interviene immediatamente con le sue forze. Forze vicine, sul campo. Come da manuale della sicurezza.

 

La Paullese è un pezzo di anima della regione. Taglia le campagne verso sud-est, unisce Mantova a Milano, si immerge tra le cascine e i campanili lombardi, accompagna migliaia di pendolari verso il lavoro e decine di gite in pullman, tutti i giorni. Da oggi è anche il simbolo della strage mancata, del giorno del terrore, degli alunni che scappano dalle fiamme e commuovono l' Italia. La vera angoscia è non lasciare ai bambini del bus un mondo migliore di quello che abbiamo trovato.

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3 - NELLA PERIFERIA DOV' È NATA LA RABBIA DI OUSSEYNOU

Fabio Poletti per “la Stampa”

 

Chi lo conosce fa fatica a credere che Ousseynou Sy, 47 anni, senegalese, nato in Francia, cittadino italiano dal 2004, fedina sporcata da una patente sospesa per alcol e da una condanna per violenza sessuale, sia il terrorista con il coltello e una tanica di benzina che voleva immolarsi all' Aeroporto di Linate con il suo pullman carico di bambini.

 

Davanti alla sua casa alla periferia di Crema, una palazzina rosa di due piani, un' anziana italiana si affaccia alla porta: «Ma chi? Il Paolo? Lo chiamavamo tutti così perché il suo nome era troppo difficile. Lo vedevo uscire la mattina presto. Guidava il pullman. Un uomo tranquillo ma molto solo...». A casa i carabinieri gli sequestrano computer e telefonino. Sullo smartphone c' è un video in cui annuncia di essere pronto a un gesto eclatante per «vendicare i migranti morti nel Mediterraneo, i bambini divorati dagli squali». Un messaggio inviato poi ad amici e parenti in Senegal, evidentemente sottovalutato da tutti.

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La coppia di giovanissimi senegalesi che abita da appena una settimana nell' appartamento a fianco, racconta un particolare: «Qualche sera fa l' abbiamo sentito litigare al telefono nella nostra lingua. Urlava, molto agitato. Parlava di politica. Di quello che succedeva in Senegal... Comunque era una persona gentile. Salutava sempre». Di sicuro nessuno di loro ha pensato che Ousseynou facesse sul serio. Uno dei tanti lati oscuri di questo uomo alto, «quasi bello» lo ricordano a Cortelleone, il paese vicino dove un tempo abitava con la sua ex moglie, un' italiana dalla quale ha poi avuto due figli, tutti e due maschi, uno di quattordici e l' altro di diciotto anni.

 

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Don Vittore Bariselli, il parroco della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo frequentata fino a poco tempo fa dai figli di Ousseynou giura di non averlo mai più visto: «I ragazzi hanno tanto sofferto della separazione dei genitori. Mi dicevano che lui non si era fatto più vivo con loro. Che li avesse dimenticati. La sua ex moglie mi ha raccontato che era stata una separazione difficile. Ma che pure lei da anni non aveva più rapporti con l' ex marito». La donna che abita con i figli in una casetta minuscola davanti a una cascina nei campi di Cortelleone viene convocata dai carabinieri dove racconta di quel marito assente, sparito nel nulla di un lavoro ordinario. Origini sarde, vestita di nero, la donna finita suo malgrado in questa storia alza le mani: «Vi prego, non ho niente da dire».

 

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Invece c' è da dire tanto di Ousseynou detto Paolo. Oyssenou è l' uomo che nel 2007, proprio pochi mesi dopo la separazione dalla moglie, e deve essere lì che è iniziato il suo crollo, viene fermato dalle parti di Brescia mentre guida la sua auto in stato di ebbrezza. Patente sospesa che gli verrà ridata mesi dopo. E dopo qualche anno inspiegabilmente otterrà pure l' abilitazione al trasporto di passeggeri. Oyssenou è anche l' imputato che viene condannato a un anno di carcere per molestie sessuali, pena poi sospesa. Ma a tutti «Paolo», il suo volto presentabile, dirà di essere stato assolto e di voler pure chiedere i danni a chi lo aveva denunciato.

 

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Ousseynou è l' uomo che nel suo appartamento guarda la tv e vede i migranti morire prima di arrivare in un Paese che non li vuole. Ma poi c' è «Paolo» così a bravo nel suo lavoro che gli stessi capi lo promuovono sul campo. Corrado Bianchessi è il direttore del personale della società Autoguidovia dove lavorava come autista: «Una persona per bene. Puliva i mezzi.

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Gli abbiamo detto noi di fare la patente per guidare i pullman». Mai un sospetto anche nei colleghi e nel bar di Crema davanti alla stazione: «Mi ha salutato come ogni giorno. E mi ha detto: "Porto i ragazzi in palestra e torno"».

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