Bruna Magi per “Libero quotidiano”
la statua di dante in piazza santa croce a firenze
Dante Alighieri, escalation di commemorazioni e libri, previsto il picco con la data della scomparsa avvenuta settecento anni fa, la notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. Dante, il volto dell' Italia più grande, impresso nel nostro immaginario con quel profilo tagliente, incoronato del lauro dei grandi.
Cercando l' essenza più profonda della sua vita di uomo, abbiamo scelto, come filo conduttore, il saggio Le donne di Dante (il Mulino, pag. 424, euro 38), autore Marco Santagata, grande italianista, purtroppo scomparso lo scorso autunno, dal quale emergono lati inediti: non solo quello un po' stucchevole di Dante innamorato per l' eternità della soave Beatrice Portinari, prematuramente scomparsa e ritrovata nell' aldilà della sua trilogia.
Ma un uomo incline alle tentazioni della carne, dotato di sensibilità sottile, anzi una specie di sesto senso, che addirittura lo portava a svenimenti, nel caso di emozioni forti: «Caddi come corpo morto cade...», diceva ascoltando il racconto struggente di Francesca da Rimini, che gli spiegava come fu uccisa dal marito insieme con l' amato Paolo Malatesta. Anzi, Dante letteralmente si avvinghia con l' immaginario alle figure femminili, è incuriosito, sedotto, affascinato. «Ricorditi di me...», gli sussurra Pia de' Tolomei. Bisogna guardare a un antico senso del peccato per scoprire l' essenza di Dante, e quindi il suo rapporto con il mondo femminile di allora, le donne che ha frequentato e amato.
Molte, a prescindere dalle figure pilastro: la madre Bella, di nome e di fatto, con la quale aveva un legame dolcissimo, lei limava i lati aspri e scontrosi del suo bambino difficile, Tana, una delle due sorelle, che lo aiutò anche economicamente quando si trovava in difficoltà nell' eterno peregrinare dell' esilio. Quindi Beatrice Portinari, detta anche Bice, destinata a rimanere "figura nobilissima".
E poi la moglie Gemma Donati, matrimonio combinato sin da quando erano bambini, giocavano insieme, gli portò un nome nobile ma una dote scarsa, in compenso fu lei a salvare i primi otto canti della Commedia, facendo sì che li riavesse nel corso dell' esilio, dopo l' accusa di concussione, complice Bonifacio VIII, condannato dapprima a una salatissima multa e poi alla pena di morte. Non si videro mai più.
Un sentimento eterno lo riporta a Beatrice, con lei Dante usava tutte le "precauzioni" tipiche dell' epoca, cioè una forma di elegante ipocrisia: era d' obbligo fingere di interessarsi a un' altra (detta donna "schermo") per non far capire il vero oggetto dell'amore. E forse anche per quel gioco delle "due verità" Beatrice finì per sposare un altro (nell' aldilà rimprovererà Dante, gelosia retrospettiva), lui in chiesa guardava Giovanna, amica di Bice, che era anche la donna amata dal carissimo amico Guido Cavalcanti.
dante incontra beatrice in un dipinto dell inglese henry holiday
Una curiosità, le sue preferenze andavano alle bionde, con la fronte alta e carnagione pallida: ed ecco l' approccio con una fanciulla che lo osserva dalla finestra dopo il funerale di Beatrice, lui la chiama la Pietosa ma in seguito, nella Vita Nova, le attribuisce il nome di Gentile, difficile resistere alla tentazione di quella donna che manifesta così grande comprensione per il suo dolore.
Sì, è proprio amore carnale, anche se si dichiara spesso pentito per aver tradito il ricordo di Beatrice. E poi arriva un' altra, Lisetta, che gli corre incontro «baldanzosamente», per non parlare di una nobildonna di Pratovecchio, in Garfagnana, detta, poverina, la «gozzuta», ma a quanto pare gli aveva dato piacere, nonostante l' imbarazzante handicap, il rapporto fu duraturo. E in una poesia attribuisce con rancore il nome di Pietra a una fanciulla spietata che non si concede.
E c' è chi ha spinto l' acceleratore sull' inclinazione al sesso da parte di Dante, accade in un altro libro, Dante di Shakespeare-Amor ch' nulla amato, di Rita Monaldi e Francesco Sorti (Solferino, pag.352, euro 20), abilmente costruito (da applauso) come opera teatrale: gli autori immaginano che venga ritrovato un manoscritto rimasto nascosto per secoli, dove William Shakespeare aveva vergato una tragedia basata sulla vita di Dante, percorrendone puntigliosamente i dati biografici, ma regalandogli le ali potenti del Bardo.
Dove si scopre che tra le evasioni predilette dall' Alighieri c' era la frequentazione delle osterie, il buon vino era anche carburante per la sua fantasia, e aiutava a sopportare la fatica di una vita errante, fragile nel fisico, costretto a usare ogni astuzia per sbarcare il lunario, in questa o quell' altra corte. Condannato a non riveder mai più la sua Firenze, nonostante molti tentativi di forzare la sorte. Vino e donne, che spesso lo inseguivano, nell' immenso delirio creativo del capolavoro. Grandezza senza confronti, soltanto William Shakespeare, appunto, è suo pari nel mondo. O forse no.