Marta Santacatterina per "www.artribune.com"
Se la primavera è rinascita e la Pasqua è Resurrezione, per un professionista che sta rivoluzionando il mondo delle torte in Italia questo mese di marzo è rebranding: la pasticceria Bompiani di Roma ha cessato di esistere e, come una mitologica fenice, è rinata sotto il nome del suo fondatore, Walter Musco. Ma perché una rivista che si occupa d’arte dovrebbe pubblicare un articolo su torte e dolci di ogni tipo sfornati da un laboratorio che lavora con farina, burro, cioccolato e uova? Perché l’anima di questo formidabile luogo dei sensi ha deciso di aggiungere un ingrediente in più alle sue ricette: l’arte contemporanea.
Da ben dieci anni Walter Musco produce uova pasquali e torte ispirate ai grandi maestri pittori, ma non solo: i suoi omaggi sono dedicati spesso alla musica, alla letteratura, alla moda, al cinema. Una prospettiva a 360 gradi che gli ha consentito di imporsi nel mondo della pasticceria con originalità e creatività, conquistando clienti già sensibili ai linguaggi del contemporaneo (“Mi dai una torta Bauhaus?” gli chiedono spesso gli architetti) o quantomeno curiosi e disposti ad assaggiare, oltre a nuovi sapori, anche un delizioso boccone al gusto arte.
LE UOVA PASQUALI DI WALTER MUSCO
Ma è nel periodo di Pasqua che Walter Musco dà il meglio di sé: come ogni anno presenta una mostra di uova in cioccolato e ora, per celebrare il decennale dell’apertura della pasticceria, ha scelto come tema il percepire, l’interiorizzare l’esperienza estetica che si manifesta nella sensibilità dell’oggi. Ecco che il passato – le uova che più hanno emozionato il loro creatore nel corso degli anni – viene ripreso e aggiornato, mentre i sensi vengono amplificati attraverso le opere: ci saranno quindi uova “da ascoltare, da odorare e da toccare, mettendo in secondo piano sia il gusto che la vista, i due sensi ‘canonici’ più legati al mangiare”. Ripercorriamo questa storia, che nasce in una galleria e pian piano si trasforma, mantenendo però le radici affondate nell’arte.
INTERVISTA A WALTER MUSCO
Walter, il tuo legame con l’arte si è sviluppato molto prima rispetto a quello con la pasticceria, giusto?
Sì, sono cresciuto in un contesto familiare dove l’arte era ben presente, e questo sicuramente ha contribuito al mio amore per i linguaggi artistici. Da grande ho quindi aperto la mia galleria: si chiamava Gondwana, come il territorio esistente prima della deriva dei continenti, e mi occupavo di arte tribale. Non di artigianato, ma di quelle opere e artisti di grande qualità provenienti dal Sud America, dall’Africa Nera, dal Sud-Est asiatico e dagli aborigeni australiani. Avevo ottimi rapporti con il Museo Etnografico Pigorini di Roma e ho girato ogni angolo di quei Paesi alla ricerca dei protagonisti più interessanti.
Ma ora i tuoi gusti sono cambiati, vero?
Adesso preferisco tutto ciò che si adatta a degli ambienti minimali e industriali. E nel frattempo ho cambiato mestiere e mi sono dedicato alla pasticceria. Per esempio Bonalumi e Castellani mi hanno dato ispirazione per delle uova pasquali “estroflesse” e la mia prima torta signature era dedicata a Piero Manzoni: si trattava di un omaggio ai suoi Achrome. In quell’epoca mi concentravo unicamente sull’estetica delle torte, poi ho incontrato Massimo Bottura e, grazie a un confronto con lui, ho cominciato a lavorare su tutti gli aspetti delle torte, dalla forma agli ingredienti, fino a trovare una sintesi ideale tra estetica e contenuto.
In cosa consiste questa sintesi?
La storia e gli ingredienti vanno di pari passo. Ad esempio la mia ultima torta signature è la Grande Cretto, una riproduzione fedele e in miniatura dell’opera di Alberto Burri a Gibellina. Per realizzarla ho impiegato le mandorle e il gelso, prodotti tipici della Sicilia: c’è quindi un legame profondo tra esterno e interno e si tratta di uno sforzo culturale che va oltre la semplice tecnica, diventando racconto.
Come reagiscono i tuoi clienti quando si trovano di fronte a una monoporzione ispirata a Burri, o a una crostatina che richiama la bambina con il palloncino di Banksy?
Le reazioni sono bellissime. La mia clientela è prevalentemente colta sia in termini di palato sia di conoscenza dell’arte, ma anche chi non ne sa nulla si incuriosisce e spero che una volta tornato a casa racconterà di essere andato in una pasticceria dove i dolci sono ispirati ai quadri o alle sculture. Se ne ricorderà e forse vorrà approfondire la storia dell’artista che ha conosciuto attraverso i miei dolci. La mia pasticceria diventa quindi uno strumento per divulgare l’arte, le mie passioni e le forme espressive dell’uomo.
ARTE E PASTICCERIA
Verrebbe da pensare che siano infinite le richieste di collaborazioni da parte di gallerie e musei…
E invece no… certo, qualcuno mi chiama per dei catering, ma è difficile che i galleristi mi affidino la progettazione di una torta ispirata a un loro artista: ho l’impressione che il mondo dell’arte abbia timore di denigrare il nome degli artisti se le loro opere vengono richiamate in un prodotto di pasticceria.
E poi ci sono le fondazioni degli artisti a cui ti ispiri, quelle che ne tutelano le immagini. Che esperienze hai avuto con loro?
In generale le mie creazioni sono molto apprezzate: ad esempio la Fondazione Burri si è dimostrata entusiasta della torta dedicata al Grande Cretto, e molti altri hanno capito la mia operazione – che non è certo a scopo di lucro – e hanno divulgato le fotografie sui loro canali social. Ho però avuto una brutta esperienza: tempo fa ho realizzato delle uova dedicate a Capogrossi e la fondazione mi ha intimato azioni legali. Le ho distrutte a martellate, trasformando il gesto in una performance. Ma non mi sono arreso: quest’anno ho realizzato una nuova opera in omaggio al maestro… vedremo cosa succederà!
Hai mai collaborato con degli artisti per realizzare insieme dei progetti?
Una volta ho fatto un calco in cioccolato del volto di un’artista che, sottoposto al calore di una lampada, si scioglieva davanti al pubblico. Devo però ammettere che nemmeno gli artisti giovani si prestano al gioco della pasticceria. Ma se trovassi dei progetti validi e spinti dall’entusiasmo reciproco, li sposerei senza dubbio.
Infine, che rapporto hai con i musei?
Dal punto di vista professionale, nessuno. E pensare che nei bookshop dei musei si vendono oggetti abominevoli, repliche in miliardi di copie delle opere d’arte, dal poster al portachiavi. Stupisce come i direttori dei musei non vedano quelle cose come uno scempio, come una mercificazione becera delle loro collezioni. E d’altra parte credo che interpretino il mio lavoro come uno svilimento, come se la pasticceria non fosse degna. Dimenticando che storicamente l’arte è legata al cibo.
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