Paola Del Vecchio per l’ANSA
Sfratto dopo la scomunica per le dieci clarisse spagnole protagoniste dello scisma dalla Chiesa cattolica, alle quali l'arcivescovo di Burgos ha mandato un ultimo avviso: devono abbandonare il monastero di Belorado e consegnare le chiavi. In caso contrario, saranno avviate "azioni legali" per sgomberarle.
E' stato chiaro in conferenza stampa monsignor Mario Iceta, che è anche "commissario pontificio" dei complessi monastici di Belorado (Burgos), Orduna (Vitoria) e Derio (Biscaglia), plenipotenziario incaricato dalla Santa Sede per risolvere il caso. Iceta ha dato alle monache "un tempo" per fare le valigie, che scadrà "nei prossimi giorni".
"Sono loro che hanno deciso di abbandonare la Chiesa cattolica, non sono state cacciate dalla Chiesa cattolica. Va ricordato che proprietà e immobili sono beni ecclesiastici", ha spiegato il prelato. "Speriamo si rendano conto che non essendo più religiose non possono restare nel monastero", ha aggiunto. Ma il braccio di ferro con le clarisse, celebri a livello mediatico e sui social come le suore dei cioccolatini per i dolcetti prodotti, non accenna ad allentare.
Era cominciato a metà maggio, quando le ormai ex suore hanno annunciato lo scisma in un Manifesto cattolico di 70 pagine, con la decisione di mettersi sotto la giurisdizione di Pablo de Rojas Sanchez-Franco, fondatore della Pia Union de Santi Pauli Apostoli - una setta che non riconosce il Concilio Vaticano II - scomunicato nel 2019,. E sotto la tutela del falso prete José Ceacero, con Sanchez--Franco ancora ospitate nel monastero di Belorado "in maniera evidente e contumace", come l'ha definita monsignor Iceta, nonostante la richiesta formale di lasciare il convento.
Motivo del contendere, anche la vendita del monastero di Derio, che pare le monache volessero alienare per ottenere le entrate necessarie a portare avanti il complesso di Belorado. Tutto porta a credere che la crisi si dirimerà in sede giudiziaria, dato il rifiuto delle clarisse di riconoscere il diritto canonico.
Tre settimane fa la badessa, suor Isabel de la Trinidad, che ha guidato dall'inizio la rivolta, ha denunciato monsignor Iceta alla polizia per abuso di potere, usurpazione della rappresentazione legale e violazione del diritto di associazione. Venerdì scorso, allo scadere dell'ultimatum ricevuto dall'arcivescovo per presentarsi davanti al Tribunale ecclesiastico e spiegare la loro posizione, le suore non si sono presentate.
Ma hanno inviato un fax legale, pubblicato nel loro profilo su Instagram, in cui confermavano la "irreversibile e unanime" decisione di abbandonare la Chiesa di Roma. Insistendo sul fatto che il diritto canonico non è applicabile a una causa civile, che vede al centro i monasteri di Belorado e di Derio, "due enti giuridici con propria personalità giuridica" e rappresentanza legale nell'abadessa, "di proprietà della comunità di religiose".
Sabato è giunta la scomunica formale da parte dell'arcivescovado. Mentre i servizi giuridici studiano la documentazione presentata dai legali delle ex suore, che hanno nominato una 'commissione negoziatrice' per arrivare a "una soluzione consensuale e pacifica" del conflitto. Per il rappresentante della Santa Sede, "la priorità" è garantire l'assistenza alle altre 5 monache anziane ospitate nel monastero, per cui "la Federazione delle Clarissse di Nostra Signora di Arantzazu ha previsto di inviare altre sorelle provenienti da altri monasteri".
E, a fronte del diniego della religiosa di consegnare i libri contabili, monsignor Iceta ha spiegato che la situazione patrimoniale dei complessi è ridotta ai minimi, considerato il saldo di soli 6.000 euro trovato sui conti correnti. Per cui "sarà iniettata liquidità". Intanto ha provato a lanciare un ultimo messaggio di conciliazione alle monache in rivolta: "La scomunica è sempre reversibile", ha assicurato.