Fabio Postiglione per www.corriere.it
«Si comunica che il suo assistito è deceduto alle ore 7.10». E’ morto questa mattina al carcere di Milano Opera Cosimo Di Lauro, il boss con il codino, per anni capo della camorra di Secondigliano (Napoli) e in carcere dal 2005 quando fu arrestato dai carabinieri in una casa bunker nel quartiere nord della città. Cosimo Di Lauro, 49 anni, figlio del boss Paolo, era detenuto al carcere duro e stava scontando ergastoli per gli omicidi commessi durante la prima faida di Scampia, quella che ha provocato oltre 100 morti in otto mesi.
Il boss con il codino
Cosimo Di Lauro, il boss stragista, la mente che ha voluto la feroce faida tra le Vele di Scampia è morto questa mattina al carcere di Milano Opera. Era in galera dal 21 gennaio del 2005, da quando fu arrestato perché ritenuto il mandante dei primi omicidi che portarono alla guerra tra il suo clan, e l’ala scissionista degli Amato-Pagano. Era al carcere duro e questa mattina i suoi avvocati difensori Saverio Senese e Salvatore Pettirossi hanno ricevuto dall’ufficio matricola un fax classificato come: Urgentissimo. Quattro righe scritte al computer.
Oggetto: «Detenuto al 41 bis Cosimo Di Lauro, nato a Napoli l’8 dicembre 1973. Con riferimento al detenuto indicato in oggetto, si comunica che in data odierna alle 7.10 ne è stato constatato il decesso. Cordiali saluti». Il boss con il codino, che quando fu arrestato indossava giubbotto di pelle e jeans attillati, e che divenne la prima icona del male ai tempi di internet, è morto nella sua cella. Ed è giallo sulle cause della sua morte. Gli avvocati avevano chiesto di sottoporlo a una perizia psichiatrica perché il sospetto è che soffrisse di turbe psichiche ma non è mai stato visitato.
Giallo sulle cause della morte
Aveva turbe psichiche, allucinazioni, rifiutava la terapia, non voleva incontrare i familiari. Nel 2018 gli avvocati di Cosimo Di Lauro, Saverio Senese e Salvatore Pettirossi, avevano chiesto ai giudici della terza Corte d’Assise di Napoli di «sospendere il giudizio e di disporre una perizia psichiatrica» per accertare «le condizioni di salute psicofisica» e la capacità «di stare coscientemente al processo». «Assume dosi massicce di psicofarmaci somministrati da anni come ad un paziente psichiatrico». Per i legali di Cosimo, le cui cause della morte saranno accertate dall’autopsia, in carcere non ci doveva restare, e doveva essere sottoposto a cure specifiche.
E già oltre dieci anni fa, il 15 gennaio del 2008 arrivò la prima perizia di parte «che dimostra come le attuali condizioni di salute, lungi dall’essere nate improvvisamente o per effetto di una simulazione, ma siano piuttosto il risultato di un lento processo». I medici parlavano di ansia, disturbi mentali e comportamenti bizzarri «come ridere a crepapelle anche nel cuore della notte».
La Procura di Milano ha disposto una consulenza medico legale e tossicologica per chiarire le cause della morte, nonché quali fossero le condizioni di salute nell’ultimo periodo di Cosimo Di Lauro. Il pm di turno Roberto Fontana ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti, un atto «prudenziale» appunto per svolgere l’autopsia e gli accertamenti medico legali e tossicologici. A quanto si è saputo, sul corpo del boss e nella cella non sarebbero stati trovati segni evidenti o elementi che possano allo stato far ipotizzare un suicidio o una morte violenta.
Gli ergastoli
Condannato all’ergastolo per l’omicidio di Massimo Marino, cugino di Gennaro detto «Mekkey». Fu la prima vendetta al duplice omicidio Fulvio Montanino e Claudio Salierno, il primo amico d’infanzia di Cosimo che decise di far assassinare Massimo, perché Gennaro era stato arrestato. Condannato all’ergastolo anche per l’omicidio di Mariano Nocera, uomo del clan Abete-Abbinante. Quest’ultimo ucciso perché non obbedì all’odine di Cosimo che voleva l’ultima parola su ogni attività nel quartiere.
Era imputato per l’omicidio di Carmela Attrice, mamma di un ras che per nascondere il figlio dalla furia della camorra durante una faida che lasciò al suolo oltre 100 corpi in meno di un anno, fu ammazzata. Cosimo è stato assolto con formula piena dall’omicidio di Gelsomina Verde e dall’omicidio di Attilio Romanò, vittime innocenti della camorra. La prima torturata, uccisa e data alle fiamme perché non volle rivelare il nascondiglio di un uomo del clan avversario che conosceva, e l’altro ucciso in un negozio di telefonia, perché scambiato per un altro.
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