Giuliano Guzzo per “La Verità”
Una condanna per lui e una per lei, anche se l'imputato era uno. Sembra un assurdo, e sotto molti aspetti probabilmente lo è. Eppure è precisamente questo il caso riferito in questi giorni dalle cronache del Regno Unito rispetto alla singolare vicenda di Alan Morgan, 50 anni, condannato a tre mesi di restrizione della libertà in relazione a quattro diverse denunce, due in relazione a fatti accaduti nel 2021 e due invece avvenuti quest' anno.
Si è trattato, in tutti i casi, di atti contro l'ordine pubblico, con l'imputato che, nell'ordine, aveva gridato oscenità per strada, insultato la polizia, si era fatto sorprendere con addosso un coltello e aveva pure pronunciato minacce ai danni di una persona. Insomma, non proprio un cittadino modello ed equilibrato dato che nelle denunce si legge come Morgan abbia anche lanciato pizza per strada e urinato in pubblico, oltre che - poc'anzi si diceva - urlato oscenità.
Tuttavia, fin qui la vicenda non ha oggettivamente alcunché di così singolare; un aspetto che la rende unica comunque c'è. Sì, perché nel condannare l'imputato il giudice - come si anticipava all'inizio - si è rivolto contemporaneamente ad Alan Morgan e ad «Alannah». Una cosa in sé incomprensibile, se non fosse che, nella maggior parte degli atti che lo riguardano Morgan egli è indicato con pronomi sia maschili che femminili, alternati a seconda che i reati descritti fossero stati commessi nella sua veste maschile o femminile. Questo perché, come ha riportato Gordon Currie sullo Scottish Sun, in due denunce l'imputato era «indicato come uomo e in due come donna».
Il giudice della Dundee Sheriff Court non ha dunque potuto che adeguarsi emanando un verdetto che comunque, a detta di più di un osservatore, è risultato assai benevolo. Merito forse dell'arringa dell'avvocato Jane Caird, la quale ha affermato che il suo cliente era assai angosciato dalla prospettiva di essere condannata alla detenzione. Sta di fatto che il pronunciamento della corte ha scontentato tanti; tra questi, lo stesso sceriffo, Alistair Carmichael, il quale non ha nascosto il suo malcontento segnalando che alla luce della «combinazione di questi reati» Morgan - che vanta pure una lunga lista di precedenti - avrebbe stato sicuramente meritato «una pena detentiva».
Carcere o meno, e quindi al di là del merito giuridico della vicenda, resta in questo processo palese l'assurdo cui può condurre l'identità di genere; al punto che uno stesso soggetto, a distanza di poco tempo - mesi se non giorni - può risultare ora come imputato ora come imputata. Da questo punto di vista, si può ironizzare su un fatto, e cioè che è meglio che Alan e «Alannah» Morgan non abbia ricevuto una pena detentiva. Sarebbe infatti stato impegnativo un trasferimento costante da un carcere femminile a uno maschile.