“MATTIA LUCARELLI MI GUARDAVA E RIDEVA DI QUELLO CHE ACCADEVA” – IL RACCONTO DELLA RAGAZZA AMERICANA CHE ACCUSA IL FIGLIO DELL’EX CALCIATORE DEL LIVORNO DI AVERLA VIOLENTATA, A MILANO: “MI HA RIACCOMPAGNATO A CASA E MI HA DETTO CHE SICCOME ERA STATO BELLISSIMO, AVREMMO DOVUTO RIFARLO. ERO UBRIACA, FORSE MI HANNO FATTO BERE QUALCOSA. L’ULTIMA COSA CHE RICORDO È CHE MI HANNO DETTO DI…”
Estratto dell’articolo di Pierpaolo Lio per www.corriere.it
«Non ricordo come è successo, ma ricordo una strana sensazione, come se mi stesse per capitare qualcosa quando mi hanno detto di mettermi seduta sul divano». Alcune ore dopo, la coinquilina la sentirà rientrare a casa. Sono le 7 del mattino del 27 marzo scorso. Esce dalla sua stanza e trova l’amica accasciata sul pavimento. È in lacrime, sotto choc, spaventata. Continuerà a piangere per giorni. «Non volevo, non volevo», ripete ossessivamente.
Delle ore precedenti, la ragazza, una studentessa statunitense di 22 anni, ha ricordi confusi: «Posso avere solo dei flash, dei piccoli flash di quello che è successo». Uno è quello di un volto, di un giovane che sarà identificato in Mattia Lucarelli, 23enne difensore del Livorno, all’epoca in forza alla Pro Sesto, figlio della bandiera livornese Cristiano, «che mi guardava e rideva di quello che accadeva».
È lo stesso che al termine della presunta violenza — per cui è da venerdì ai domiciliari, come l’amico e compagno di squadra Federico Apolloni, anche lui 23enne, mentre altri tre giovani sono indagati — la riaccompagna in macchina a casa: «Mi ha detto che siccome era stato bellissimo, avremmo dovuto rifarlo».
Come la giovane, da un’uscita in compagnia di altri studenti stranieri, sia poi finita in quell’appartamento nei dintorni di piazzale Libia, a Milano, dove avrebbe subito la violenza del gruppo, la 22enne non sa ancora spiegarselo.
«Io non mi ricordo come sono salita sulla macchina dei ragazzi né perché. Probabilmente perché tutti i taxi che io e la mia amica cercavamo ci annullavano la corsa. In quel momento ero molto ubriaca e non riesco a ricordare nulla», anche se dice di sospettare che durante la serata qualcuno possa averle fatto bere «qualcosa».
Salita in auto con il gruppo appena incrociato, «io volevo andare a casa, non mi sono resa conto che mi stavano portando in un posto diverso», […[. «Non volevo andare in casa di quei ragazzi, anche perché avevo un ragazzo. Mi ci sono ritrovata».
L’amica che aveva passato con lei quella prima parte di serata alla discoteca «il Gattopardo», e che poi la perderà di vista, la ricorda «in un evidente stato confusionale: faceva fatica a parlare e a dire cose sensate». […]
Una volta in casa, il gruppo si ritrova in un soggiorno in cui «c’era poca luce». «L’ultima cosa che ricordo è che loro mi hanno detto di sedermi sul divano». Loro «erano cinque, quindi ero abbastanza spaventata». Un altro video mostra quei frangenti: un ragazzo prova a palpeggiarla, scatenando la reazione della studentessa che gli si scaglia contro urlando «I’m not a fu..ing object» («non sono un oggetto»). […]
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