Francesco Grignetti per “la Stampa”
C'è una frase rivelatrice che meglio di tutto racconta chi è Giandavide De Pau. Maggio 2013; i carabinieri lo intercettavano perché era uno dei malavitosi su cui si appoggiava il boss camorrista Michele Senese nella Capitale. Lo sentirono parlare, tronfio: «Mo', sta arrivando il lavoro, me lo danno... E io me vado a mangia' da "Assunta Madre" con Michele».
De Pau era in auto con un tirapiedi e insieme parlavano di come mettersi in proprio nel traffico di droga. Quello era il «lavoro» a cui accennava. «Oh, - si vantava - quelli mi portano 2mila e cinque a settimana. Per il momento va bene, lo sai perché l'investimento è minimo... Con 80mila, prendi 12mila al mese... senza fare un cazzo».
Ecco, questa era il sogno di Giandavide, il giovanotto che veniva da Primavalle ed aveva scalato la piramide della mala fino a diventare il guardaspalle di Michele 'o Pazzo: fare la bella vita, andare al ristorante di gran lusso nel centro storico, tirare di coca, pagarsi le donne. In una parola: incassare tantissimi soldi senza faticare. Era uno status symbol, per De Pau, potersi sedere ad un tavolo di «Assunta Madre».
Parliamo di un ristorante di pesce in via Giulia, ospite di un palazzo del 1600, dove può capitare di cenare accanto a Sylvester Stallone o Vera Knightley, ai volti tv Paolo Bonolis e Massimo Boldi, al calciatore Ronaldinho, e poi Flavio Briatore, Diego Della Valle, Giorgio Armani. Naturalmente i prezzi sono adeguati alle attese. E il patron Johnny Micalusi, manco a farlo apposta, qualche anno fa è stato condannato per riciclaggio, e già nell'occasione si erano notati i contatti con la criminalità romana che adora cenare nel suo ristorante.
Partiva dunque dal suo piccolo mondo di periferia, De Pau, per conquistare una fetta di paradiso. Lo avrebbe fatto con un uso smodato ed estremo di violenza. Sempre per quel traffico di cocaina, aveva bisogno di soldi e quindi era pronto a tutto per spremere i debitori. Nei confronti ad esempio di tal Riccardo Cotini, che gli doveva 11mila euro, esplode: «Gli vuoi bene alla tua famiglia? Faccio ammazzare a tutti... Tuo figlio, tanto te lo ammazzo..È morto».
In un'altra occasione, parlando con uno dei suoi: «Ti giuro, gli faccio fare 26 mesi di ospedale. Ti faccio vedere come gli riduco la faccia, prendo quella 357 (la pistola, ndr) e gliela dò in faccia,lo deturpo per tutta la vita. Io so' matto».
Che non fossero millanterie, e che invece De Pau fosse rispettato nel mondo di sotto, ce lo dice un'altra famosa inchiesta, quella denominata Mafia Capitale. I carabinieri seguivano Massimo Carminati e alla stazione di rifornimento di Corso Francia «giungeva, a bordo di una Vespa bianca, De Pau Giandavide. I due si trattenevano a dialogare quando Carminati si allontanava a bordo del proprio veicolo». Erano i preliminari per un incontro al vertice tra Carminati e Senese.
il boss michele senese, detto o pazzo
L'appuntamento si terrà il giorno dopo in Largo Melegari, in una tavola calda. «Giungeva sul posto - scriveranno i carabinieri - la vettura Toyota condotta da De Pau Giandavide recante a bordo Senese Michele. I tre soggetti accedevano all'interno e si sedevano a un tavolo sotto la veranda».
Ci fu qualche convenevole, poi i due boss si alzarono, e si appartarono in strada a discutere, mentre il De Pau si tratteneva in disparte conversando al cellulare. «La conversazione, inizialmente molto cordiale, dopo qualche minuto si movimentava al punto che Carminati e Senese apparivano palesemente contrariati e iniziavano a inveire l'uno nei confronti dell'altro, lasciandosi in maniera brusca. Frattanto, ai due si era avvicinato anche il De Pau, il quale, terminata la conversazione telefonica, prendeva parte alla discussione», scrissero ancora i carabinieri.
C'è persino la foto dello scontro verbale tra i due boss. Si vede De Pau nel mezzo in camicia bianca, Senese con una coppola, Carminati in giacca blu. Evidentemente Michele Senese doveva fidarsi ciecamente del suo autista e guardaspalle per permettergli di presenziare e addirittura intervenire nella lite.
Nel frattempo, svanito Senese dalla scena perché condannato a 30 anni come mandante di un omicidio, De Pau è divenuto molto attivo tra le piazze di spaccio al Tiburtino, San Basilio e Tivoli. Era stato nuovamente arrestato il 1 dicembre del 2020 insieme ad altre 27 persone accusate di traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, lesioni personali gravissime, tentato omicidio, trasferimento fraudolento di valori. Reati aggravati dal metodo mafioso.
Ora, come questo malavitoso in crescita sia finito ad uccidere tre prostitute con uno stiletto, imbottito di stupefacenti fino agli occhi, resta un mistero che solo lui, se vorrà, potrà chiarire un giorno. La violenza è stata sicuramente la sua compagna di vita. Parla il curriculum criminale, dove risultano pure una violenza carnale e due ricoveri in manicomio giudiziario.