Estratto dell’articolo di Luana de Francisco per “la Repubblica”
«Voglio giustizia e la voglio qui, in Italia. Poi, se riterranno, la processino anche nel suo Paese. So che niente mi restituirà mio figlio. Ma chi lo ha ucciso deve essere condannato dal nostro tribunale e scontare per intero la pena».
Barbara Scandella è la mamma di Giovanni Zanier, il quindicenne investito mortalmente alle 2.30 della notte tra sabato e domenica scorsi, mentre rincasava a piedi dalla discoteca, a Porcia, alle porte di Pordenone, dall'auto condotta da Julia Bravo, 20 anni, aviere americana da qualche mese alla vicina base Usaf di Aviano, dove si trova sottoposta agli arresti domiciliari per omicidio stradale.
A vigilare sul rispetto della misura, in attesa dell'udienza di convalida che sarà celebrata stamani, sono i carabinieri e la polizia militare Usa del 31° Fighter wing. Ieri, intanto, la sua posizione si è aggravata. Gli esami tossicologici hanno confermato che l'indagata si era messa al volante ubriaca: 2,09 grammi di alcol per litro di sangue, ossia quattro volte il consentito.
Signora Barbara, come mai suo figlio era in giro a quell'ora?
«L'avevo accompagnato in discoteca e per il rientro aveva detto che si sarebbe arrangiato. Era in compagnia di altri amici, ma come tante altre volte sapeva che avrebbe potuto chiamarmi a qualsiasi ora della notte. Io c'ero sempre per lui. Sabato sera, però, avevano deciso di spostarsi a casa di un altro ragazzo e si erano incamminati a piedi».
L'auto lo ha travolto mentre spingeva la bici di un amico lungo la pista ciclabile. Pensa che abbia pesato il fatto che la rotonda fosse al buio per le politiche di risparmio energetico decise dal Comune?
«Forse, con un po' di luce, Giovanni avrebbe potuto accorgersene e spostarsi. Ma il problema è che l'auto correva: le indagini hanno accertato che all'approssimarsi della rotatoria ha aumentato la velocità, perdendo il controllo e finendo addosso a mio figlio. Avrebbe potuto frenare».
Il procuratore di Pordenone ha evidenziato come la conducente potrebbe ottenere di essere processata negli Usa. Lo sapeva?
«Sì e faremo di tutto, anche con il nostro avvocato, per evitarlo. Pretendo che sia l'Italia a giudicarla, infliggendole quanto si merita. E pretendo anche che, una volta condannata, resti in carcere per tutta la durata della pena. Anche se devo ammettere che, con quello che si sente, non ho grande fiducia».
Vi aspettate un risarcimento?
«Nessuna cifra potrà colmare la perdita di nostro figlio. Ma se ci sarà, con quei soldi esaudirò un sogno di Giovanni: comprare un appartamento al mare, a Lignano o a Bibione, che tanto amava, per perpetuarne la memoria».
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I vertici della base Usaf di Aviano vi hanno inviato un messaggio di cordoglio. Potrà mai perdonare la responsabile?
«Non si perdona una cosa così. Tanto meno per come è accaduta. Una testimone che guidava dietro la donna ha detto di averla vista zigzagare e ora sappiamo che si era messa al volante in quello stato. Mio figlio era pieno di amici e adesso lo stanno piangendo tutti». […]
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