In Calabria piove senza sosta. In molte zone la neve è scesa copiosa anche a basse quote. A Camigliatello Silano (Sila cosentina) sono caduti 30 centimetri. Vere e proprie bufere si sono scatenate sulle vette del monte Botte Donato e sul Pollino. La Calabria è forse il caso più emblematico di questo pazzo tempo che pare aver inaugurato la primavera. Perché a poche ore dall’ingresso ufficiale, la nuova stagione astronomica si è travestita da pieno inverno.
A farne le spese è un po’ tutta l’Italia, sferzata da un’irruzione artica di rilevante portata che ha come riportato il tempo a due mesi fa. E mentre il Nord sta facendo i conti con intese gelate anche in pianura, il Centrosud è attraversato da fasi di maltempo tipiche dell’inverno, con il ritorno della neve anche a basse quote sull’Appennino. Il tutto accompagnato da temperature inferiori alla norma anche di 6-7 gradi. L’ennesima anomalia climatica? Gianmaria Sannino, climatologo dell’Enea, non è per nulla sorpreso da quanto sta accadendo.
Perché un esperto, dice, ragiona e analizza sulla base di dati e di andamenti storici. Il tema lo appassiona e spiega: «Quello che sta accadendo in queste ore è un fenomeno che può capitare, non ci vedo nulla di strano. Siamo molto più vicino all’inverno che non alla bella stagione. Storicamente si sono già verificate situazioni simili. Il problema è un altro».
La stagioni
Il problema secondo il climatologo è far capire alle persone che bisogna ragionare in un regime di cambiamenti climatici in atto. Non è partendo da un singolo fenomeno meteorologico che lo si può giudicare normale oppure no. «Le quattro stagioni ci saranno sempre. Ma sono diverse da come eravamo abituati a concepirle. Estati più lunghe e inverni più secchi. Improvvise ondate di calore e repentine correnti di freddo polare. Che non saranno una ogni tanto ma si verificheranno puntualmente con una certa regolarità ogni anno». Ribadisce: il freddo a inizio primavera non è un’anomalia. «L’anomalia è stato il 2020 classificato come l’anno tra i più caldi di sempre a livello globale».
Sannino cita un indicatore. «Dal 1860 la temperatura del pianeta è aumentata di un grado. Sembra niente ma se immaginiamo la quantità di calore necessaria per aumentare di un grado ci rendiamo conto delle quantità enorme accumulata. Per dare un’idea: in poco più di 130 anni siamo passati da 280 Ppm (parti per milione) di C02 a 410. Una quantità quasi doppia che in precedenza la natura spalmava e dislocava in un arco di 50 mila anni». È l’effetto serra. Che occorre ridurre. «Del sette per cento ogni anno. Si può fare. Nel 2020 è successo, le emissioni di C02 sono calate di tanto ma a causa di un dramma planetario come il Covid che ha ridotto gli spostamenti. Ma non dobbiamo aspettare un’altra pandemia per muoverci».
Contro effetto serra
Tuttavia in questi giorni stiamo assistendo ad un fenomeno diverso: il ritorno dell’inverno ad inizio della primavera. Più che riscaldamento assistiamo ad un generale raffreddamento. Si tratta di una sorta di contro effetto serra? «No, non c’è un contro effetto serra. Sta succedendo un’altra cosa ma che è sempre legata al surriscaldamento». Il climatologo precisa. «Con sempre più frequenza si avvertono gli effetti dell’indebolimento sistematico del vortice polare che si trova al Polo Nord e Sud e che separa l’aria fredda dalle medie latitudine.
Questo crea come delle colate di aria fredda che raggiungono le altitudini più basse, quelle più vicine alle nostre. Il vortice polare diventa meno stabile quando la differenza di temperature con le medie latitudini diminuisce. Perché anche al Polo la temperatura sta aumentando. E il Polo Nord è una delle zone del pianeta dove il cambiamento climatico si averte per prima».