Simona Pletto per “Libero quotidiano”
Una vita di agi e di paure, di litigi e perdoni, sempre all' ombra di un boss che alla fine l' ha maltrattata con ceffoni e insulti. Marta Bisello è la donna che pochi mesi fa ha trascinato a processo Felice Maniero, l' ex numero uno della Mala del Brenta. L' uomo che negli anni Novanta guidava 500 uomini affiliati alla mafia veneta, ora è infatti imputato per maltrattamenti in famiglia e si trova per questo in carcere dall' ottobre scorso. È stata dunque lei, la storica compagna che gli è stata accanto fin dagli assalti ai portavalori e dalla quale Maniero ha avuto una figlia 19enne, a denunciare con coraggio le violenza e le umiliazioni subìte da parte di uno tra i banditi più pericolosi, feroci e potenti del Nordest d' Italia, divenuto anche collaboratore di giustizia.
Martedì scorso la donna, insieme alla figlia, è stata chiamata in aula al Tribunale di Brescia durante l' udienza del processo con rito abbreviato, alla quale ha preso parte in videoconferenza anche Maniero, che ha chiesto scusa alla donna ammettendo i propri errori. «Ti chiedo scusa», ha detto più volte in aula l' ex boss oggi 66enne.
«L' ho picchiata, è vero», ha ammesso davanti al giudice Roberto Spanò, «ma mai con calci e pugni, solo qualche schiaffo, qualche spinta».
umiliazioni continue Quello di Marta, in aula a porte chiuse, è stato un lungo racconto durato oltre due ore. Secondo il suo avvocato Germana Giacobbe, «la sua è stata una testimonianza lucida, lineare e priva di contraddizioni. Ha confermato puntualmente le accuse», anche se «credo di poter interpretare il suo sentire quando dico che alla mia assistita non interessa la vendetta o una condanna; lei voleva semplicemente raccontare i maltrattamenti subìti». E così ha fatto: «Mi chiamava celebrolesa, stupida, bastarda», ha detto.
«Diceva che era colpa mia, che ero stata io a rovinare la famiglia - ha aggiunto -. Non mi sono mai ribellata». I problemi sarebbero iniziati nel 2016, in parallelo alle difficoltà economiche di Maniero, che in quegli anni si ritrova a racimolare, secondo quanto raccontato, gli spiccioli di quei 16 milioni di euro affidati al cognato e mai più riavuti. Sarebbero stati investiti e quindi indisponibili.
Secondo la compagna, i loro problemi di coppia sarebbero iniziati poco prima, nel 2015, dopo le rivelazioni mandate in onda da Report, relative alla falsa identità di "Felicetto", alla loro presenza nel Bresciano e al suo nome legato ad una azienda che vendeva "casette dell' acqua" in zona. Tutto viene reso pubblico e questo avrebbe segnato l' avvio del declino.
«Quando sono iniziate le difficoltà economiche lui è diventato più brutale», ha confessato l' ex compagna, che dall' autunno scorso si trova in una comunità protetta.
Quella di Maniero, di Bisello e della figlia, secondo quanto è emerso martedì scorso in aula, era una vita fatta di agi, difficile da mantenere senza avere in cassa la liquidità necessaria. Per questo motivo, dunque, la situazione a casa Maniero sarebbe degenerata, tanto che la famiglia è stata sfrattata tre volte, finendo a vivere in una casa popolare. Maniero, soprannominato "faccia d' angelo" per via di quel sorriso da ragazzo perbene che nascondeva una esistenza segnata da crimini, sarebbe stato cacciato anche da quest' ultimo appartamento perché non pagava l' affitto. Insomma, una vita di povertà, nella quale sarebbero spariti i 50 milioni messi da parte nell' arco di una vita fatta di rapine, omicidi e spaccio.
IL PIANTO DELLA FIGLIA Davanti al giudice l' accusatrice di Maniero ha ricostruito quattro aggressioni subìte tra il 2016 e il 2019. «Tra noi è finita, ora voglio solo stargli lontana», ha confessato infine al suo legale. Poco dopo è salita sul banco dei testimoni la figlia, molto legata al padre con il quale viveva insieme alla madre fino all' ottobre scorso. La ragazza, visibilmente provata, ha raccontato di avere assistito a due liti, nel corso delle quali il padre ha preso a schiaffi e spintonato la compagna. «Ma la mamma mi ha raccontato di altri episodi», ha dichiarato in aula scoppiando poi in lacrime.
Secondo l' avvocato di "Felicetto", Luca Broli, «non vi sono referti che testimoniano le botte. Aspettiamo fiduciosi la sentenza che verrà emessa il 26 maggio». Secondo la collega Germana Giacobbe, invece, i maltrattamenti "pericolosi" sarebbero stati documentati. Quel che è certo, è che il rito abbreviato ottenuto da Maniero gli consentirà di beneficiare di uno sconto di un terzo della pena. Martedì prossimo la sentenza.