Luca Beatrice per https://www.linkiesta.it/
Mi sembra di ricordare un tempo in cui le settimane erano scandite in maniera piuttosto precisa: di norma si lavorava cinque giorni e tra venerdì e domenica si andavano a vedere le partite allo stadio e altre alla tv, senza tralasciare ovviamente le serate di Coppa. Poi, dalla primavera in giù, quando il sole si faceva abbastanza caldo, il primo pensiero era rimettere in ordine la moto.
Pagare l’assicurazione, controllare le gomme, livello dell’olio e della batteria, pastiglie dei freni, una lavata con particolare attenzione alle cromature e poi via, per le strade di campagna, scavallare le Alpi e arrivare al mare. Bastavano uno o due giorni così per archiviare l’inverno del nostro scontento e battezzare la bella stagione. Seppur in maniera parziale e confusa, dal 4 maggio qualcosa nel cosiddetto lockdown dovrebbe allentarsi persino in Piemonte, così sfigato e mal gestito.
Sto pensando se esistono dei “congiunti” dispersi in regione da andare a salutare nei prossimi giorni; ci sono i miei suoceri dalle parti di Pinerolo che giustamente fanno resistenza, ho proposto loro di mandarmi un caffè dal secondo piano giù nel cortile e con la scusa di un abbraccio virtuale – sono un uomo che ama molto i suoi “nuovi” suoceri – intanto avrò percorso tra andata e ritorno un centinaio di chilometri, che alla moto fa tanto bene, soprattutto per chi come me ne ha tre, l’Harley Davidson per i viaggi, la BMW Racer comprata lo scorso autunno e mai usata, scomodissima per la schiena ma così bella da guardare, la Royal Enfield Himalayan che vi confesso ho usato quasi tutti i giorni, fosse solo per la spesa o passare in ufficio.
Dicono che quando (quando?) ci sarà la vera ripresa i sindaci raccomandano l’uso della bicicletta come alternativa all’auto e ai mezzi pubblici. Una scelta “verde” che non mi permetterei di contestare, però nessuno ha detto nulla a proposito delle moto.
Quando ero ragazzo la moto era il primo strumento di seduzione, oggi pare che i giovani preferiscano lo smartphone. Sembra proprio che i maggiori utenti della motocicletta – quelli che la vivono ancora come viatico per la libertà e per darsi delle arie – siano gli ultra quarantenni e i cinquantenni, che fino a ieri avevano più disponibilità economica per permettersi vizi e lussi non proprio a buon mercato. Sarà così, io ci sono cresciuto sulla moto, grazie a mio padre che mi ha trasmesso la passione che a mia volta cerco di passare ai miei figli, senza paura ma con tanta attenzione e la testa sul collo.
Insomma la moto, come il rock, è roba da adulti e a un adulto verso la sessantina non puoi togliere d’imperio una stagione di viaggi e viaggetti, che il nostro tempo non è infinito.
Peraltro il motociclista è uno dei pochi a rispettare il distanziamento sociale: raduni a parte, è un tipo solitario che quando è arrivato ha già voglia di prendere la strada del ritorno per consumare altri chilometri. Certo ci fosse un bar aperto per un caffè o una Coca Cola sarebbe meglio, ma la benzina si può mettere agli automatici e un panino te lo puoi portare comunque da casa.
Non so se e quando ci faranno scendere verso il mare, in Liguria, dove mia moglie ha una deliziosa casetta che guarda sulla spiaggia e se poi potrò godermi l’entroterra o l’Aurelia senza autocertificazione (cosa ci scrivo sopra “bisogno di aria, di libertà”?).
Dicono che favoriranno il turismo di prossimità. D’accordo, anche stavolta niente Grand Tour, niente Europa del Nord, e allora mi studio le carte stradali del mio Piemonte che sono certo ci siano luoghi a me quasi sconosciuti o da rivedere. Non ho altri scopi oltre a quello di uscire, andare, senza correre troppo, macinare strada, consumare le gomme e mi sembrano motivazioni sufficienti da non giustificare a nessuno.
Mi sono dato appuntamento il 4 maggio e il 4 maggio, lunedì, se non pioverà, pronto almeno per un giro pomeridiano dopo l’ennesima (utile?) lezione in remoto a ottanta studenti che non ho mai visto. Ora scendo in garage e comincio la pulizia di dovere.
Lunedì scatterà il rito: giubbotto, guanti, bandana che fa da mascherina, stivali, casco. La prima in basso, le altre in alto. Esco, parto, vado e mi riprendo un po’ di vita. L’altra la ritroverò quando riapriranno lo Stadium.