Estratto dell'articolo di Antonio Borrelli per “il Giornale”
Era lucido Moussa Sangare quella notte, quando ha ucciso Sharon Verzeni. Nessuna instabilità mentale, nessun problema psichiatrico. A metterlo nero su bianco è il gip di Bergamo Raffaella Mascarino, dopo aver sentito ancora una volta l’ex rapper che ha confessato l’omicidio della barista 33enne. […]
IL NODO PSICHIATRICO
D’altronde lo stesso legale di Sangare, Giacomo Maj, aveva accennato alla perizia psichiatrica all’indomani dell’arresto dell’assassino 31enne. […] Per il giudice l’uomo – intriso dei valori violenti della trap - ha scelto «il bersaglio più vulnerabile, in maniera gratuita se non addirittura capricciosa», anche perché «in preda alla noia». Sangare è stato visitato nella psichiatria dell’ospedale del carcere subito dopo il suo ingresso e non sono state rilevate tracce di patologie, né remote né recenti.
L’INTERROGATORIO
Due ore. Tanto è durato l’interrogatorio di ieri, durante il quale Sangare ripete il suo macabro racconto, dai giorni precedenti l’assassinio fino a quella tra il 29 e il 30 luglio. Racconta che nei giorni precedenti si era esercitato con i coltelli anche sulla statua della preghiera proprio a Terno d’Isola e anche con il cartonato appositamente messo nella casa fatiscente che occupava. «Non c’era un movente, non so perché l’ho fatto», ribadisce.
Spiega ancora una volta di essere uscito di casa con quel «feeling», quella «sensazione che non so spiegare» che lo ha spinto «a voler fare del male» e anche «dopo l’omicidio ho sentito un comfort». Secondo il legale Maj, però, «non era uscito di casa con l’obiettivo di uccidere qualcuno». […]
Quello che è risultato chiaro è che il 31enne fa uso di droghe ma che quella sera – secondo le sue parole - non era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti: di casa è uscito con un solo coltello e sulla sua strada ha confermato di aver incontrato i due ragazzini già indicati nel primo racconto, altre persone e poi Sharon. La vittima prescelta.
Moussa Sangare in bicicletta ripreso dalle telecamere la notte dell omicidio di sharon verzeni
L’ARMA SOUVENIR
[…] «Ho voluto tenere il coltello come ricordo – ha rivelato Moussa Sangare - Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto».
A differenza degli altri oggetti gettati assieme agli indumenti nell’Adda, la lama usata per trafiggere quattro volte Sharon è stata infatti sotterrata nei pressi dell’argine. E quando il giudice gli ha chiesto se la volesse tenere come un souvenir, lui ha risposto: «sì». Allo stesso tempo, però, sostituisce il manubrio della bicicletta guidata quella notte per renderla irriconoscibile. Nel frattempo, l’avvocato Maj fa il suo lavoro: «È stato collaborativo e ha spiegato agli inquirenti dove trovare quel coltello», mentre aggiunge: «Non ha mai pensato di fuggire». […]
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