Monica Serra per “la Stampa”
La scritta fuori è uguale a quella degli altri supermercati: «Rispettate la distanza di sicurezza». Una piccola lavagna, davanti al muro coperto dal marmo grigio. Dentro, gli scaffali presi d' assalto sono tutti in ordine, puliti. I soliti prezzi qui non ci sono: il costo della pasta, dei pelati, dei tovaglioli è calcolato in punti.
«Ogni mese ne assegniamo un certo numero a ogni famiglia in difficoltà, a seconda del numero delle persone», spiega Stefano Doria, il responsabile dell' emporio solidale di Garbagnate, uno degli otto aperti nelle periferie milanesi dalla Caritas Ambrosiana. Dal 24 febbraio le richieste di aiuto sono cresciute del 30 per cento: 4,6 quintali di generi alimentari distribuiti ogni giorno.
Le storie
«Da quando si è diffuso l' allarme le signore hanno smesso di chiamarmi per le pulizie di casa. È un disastro: per me non esistono ferie, malattia, smart working. Se non lavoro, non prendo un euro». Elena, colf di 48 anni, è in fila davanti alla cassa. «Mi auguro che presto s' intravveda la luce in fondo al tunnel. Non posso permettermi di stare a casa senza il lavoro».
PASTI CALDI E MASCHERINE PER I SENZA TETTO A MILANO
Ma alla Caritas si è rivolto anche Giorgio, brianzolo di 51 anni: «Da fine febbraio è tutto fermo, la banca mi ha chiuso i rubinetti e sono rimasto con 100 euro in tasca per fare la spesa fino ad aprile». Fa l' autista di un noleggio con conducente, ma la sua auto, «che per fortuna ho finito di pagare», è parcheggiata dall' inizio dell' emergenza coronavirus. E tutte le prenotazioni sono state annullate: «Le uniche rimaste sono per il 18 maggio: due transfert all' aeroporto di Linate. Non ho più i genitori e non ho una moglie a cui chiedere aiuto. Non so che cosa fare».
volontari aiutano i poveri a milano
Il dramma sociale
Fino a qualche giorno fa ad avere bisogno erano soprattutto senzatetto e immigrati. Ma ora è tutto cambiato. «La quarantena collettiva sta avendo un impatto molto pesante sulle persone più fragili», spiega il direttore di Caritas, Luciano Gualzetti.
reparto di terapia intensiva brescia 22
«Con la chiusura delle scuole, ad esempio, i bambini hanno smesso di usufruire della mensa, per cui chi veniva a fare la spesa da noi, ha dovuto riempire il carrello di più oppure è tornato qui più spesso».
Se è vero che con l' emergenza chi già era povero è in grandissime difficoltà, le misure prese dal governo stanno mettendo in ginocchio anche lavoratori della classe media, che vedono i loro incassi azzerati per chissà quanto tempo. «La mia azienda non ha ancora saldato lo stipendio di febbraio, ma bollette, affitto, retta del nido per mia figlia si pagano puntualmente. Quando ricominceremo a lavorare non si sa».
Laura, 35 anni, fa l' estetista in un salone di Lecce: «Non sono mai riuscita a mettere soldi da parte: con quello che prendo arrivo a malepena alla fine del mese e i miei genitori non possono aiutarmi». Paolo, 54 anni, è invece un tecnico del suono milanese. Gli ultimi lavori per la settimana della moda, poi stop per mesi: «La mia compagna fa la scenografa. È ferma anche lei e abbiamo una bambina di 12 anni. Eventi, concerti e fiere non riprenderanno prima dell' estate».
I piccoli imprenditori Claudio e Roberta, marito e moglie di 56 e 54 anni, sono titolari di una libreria di quartiere a Verona. Il settore era già in crisi, ma tra presentazioni con gli autori e piccoli festival per gli studenti si riusciva a galleggiare: «Da tre settimane gli incassi sono a zero. I nostri dipendenti ora sono in ferie, dopo andranno in cassa integrazione. Sarà dura ricominciare».
Secondo Confcommercio e Confesercenti, infatti, almeno 60 mila italiani potrebbero perdere il lavoro se l' emergenza dovesse protrarsi oltre maggio o giugno. E la situazione è particolarmente grave nel turismo: «Le attività ricettive - dice la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luisi - sono state travolte da un diluvio di disdette, e la stagione primaverile, che vale il 30 per cento del fatturato annuo, è seriamente compromessa».
Elisa, 54 anni, gestisce una trentina di appartamenti di lusso a Milano: tra dipendenti e partite Iva, sono impiegate 8 persone cui si aggiunge un manutentore «che abbiamo già dovuto lasciare a casa» e la ditta di pulizie ferma da settimane. «In due giorni, dal 25 febbraio, abbiamo avuto un crollo del 98 per cento del fatturato. I miei dipendenti sono giovani, tra i 30 e i 35 anni, hanno tutti una famiglia e tanti progetti. Io sto provando a reggere anche per loro ma non so per quanto tempo ancora».