1. COSA NON TORNA
Fulvio Fiano per il ''Corriere della Sera''
Giovedì è una notte di svago per Gabriel Christian Natale Hjorth «Gabe», 19 anni da compiere a ottobre, in Italia da una settimana con il nonno e il padre in visita ai parenti di Fiumicino, di cui è originaria la famiglia. Da due giorni l’ha raggiunto a Roma Elder Finnegan Lee, nove mesi più grande di lui, amico fraterno nella San Francisco dove abitano e studiano. Per «vivere» la capitale hanno preso a spese di Elder una stanza al LeMeridien Visconti nel quartiere Prati ed escono con l’idea di cercare droga. L’ultima ricostruzione dell’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega parte da qui. Il decreto di fermo e gli interrogatori di testimoni e indagati forniscono maggiori dettagli, ma non chiariscono tutti i dubbi in una vicenda assai intricata.
La droga, la fuga, l’uomo del mistero
Quando è già sera tardi, Gabe e Elder si tuffano nella movida di Trastevere. Un primo video acquisito alle indagini li inquadra mentre nella pedonale piazza Mastai incontrano un uomo che spinge una bici, zaino in spalla. È Sergio Brugiatelli, 45 anni, formalmente incensurato, ma noto a tutti come un mediatore e forse un’esca per clienti in cerca di droga. Una presenza che da quanto è stato possibile ricostruire viene «tollerata» dalle forze dell’ordine in cambio di qualche dritta sui traffici illegali nello storico quartiere. Brugiatelli ottiene la fiducia dei due statunitensi e si offre di accompagnarli dai pusher. Elder resta con il suo zaino a garanzia dell’affare e Gabe, che parla qualche parola di italiano, lo segue in un angolo più riparato.
i due americani fermati per la morte di mario cerciello rega
Qui il racconto dell’italiano (contradditorio di suo) e del quasi 19enne divergono. Nei fatti, l’americano chiede 80 euro di cocaina, ma in cambio riceve della aspirina sbriciolata. Non solo. Al momento di concludere l’affare e forse per coprire la truffa, ai due pusher (un uomo con un cappello nero e un nordafricano) si affiancano altre 6-7 persone che inscenano una finta lite. È un trucco per mettere fretta all’acquirente, prendere i soldi e farlo fuggire senza controllare la merce. Solo che l’americano trascina via impaurito anche l’amico che lo aspetta più indietro. Li si vede correre assieme nel secondo video diffuso venerdì.
omicidio cerciello - il video della fuga dei ladri della borsa a trastevere
L’intervento di Cerciello e il contenuto dello zaino
Nello zaino ci sono documenti e il telefono di Brugiatelli, non viene trovata droga come pure sembrava possibile in un primo momento. L’uomo si fa prestare un cellulare e chiama i due americani. Si dice disposto a raggiungerli per riavere quello che gli appartiene, ma i due lo accusano del raggiro. La telefonata non è amichevole, tutt’altro. Alla fine Gabe e Elder propongono uno scambio (da cui l’idea del «cavallo di ritorno» circolata a caldo): lo zaino in cambio di 100 euro e un grammo di cocaina a ristoro di quanto subito. Brugiatelli chiama anche i carabinieri per tutelarsi. Possibile che non tema di finire nei guai? La sua posizione è al vaglio degli inquirenti.
Intanto, la versione di una chiamata al 112 non trova conferme nel decreto di fermo e resta in piedi l’ipotesi che l’uomo si sia rivolto di persona a una pattuglia in zona. Piazza Mastai è di competenza della caserma Monteverde, il luogo dello scambio è a poche decine di metri da quella san Pietro, ma per il recupero della refurtiva si attivano Cerciello e il collega Andrea Varriale della caserma Farnese. Forse perché sono la pattuglia in borghese più a tiro, forse perché il doppio ruolo di Brugiatelli va protetto. L’estorsione non si consuma (e resta «tentata» nel capo d’accusa) perché all’appuntamento con Gabe e Elder si presentano Cerciello e Varriale, non la vittima del furto.
In borghese da soli: «aggressione spropositata»
Forse i due carabinieri pensano a un intervento senza rischi, forse il primo contatto salta e i due militari restano in zona sperando di incrociare comunque gli americani. Ma di fatto non ci sono neanche pattuglie di copertura nelle vicinanze pronte a dar man forte. Qui c’è l’altro snodo chiave. Varriale afferma che lui e il collega si sono subito qualificati come carabinieri, gli indagati negano (Elder si difende con la non comprensione dell’italiano).
Anzi, i due indagati sostengono di essersi spaventati quando, non trovandosi di fronte l’uomo dello zaino, hanno temuto una nuova trappola. Elder soffre di attacchi di panico e per gestirli fa uso dello psicofarmaco Xanax. Inoltre i due avevano bevuto e probabilmente assunto droghe. Nondimeno, la procura parla di «reazione del tutto spropositata» quando il ragazzo con la chioma mechata viola estrae il coltello e si scaglia con otto colpi sul brigadiere 35enne, accanendosi fin quando non l’ha sopraffatto.
Nell’altro corpo a corpo l’amico cerca di divincolarsi da Varriale, che molla la presa quando vede Cerciello a terra in una pozza di sangue. Non estrae l’arma e cerca di salvarlo. Un tentativo vano. Come la fuga dei due, che vengono bloccati da altri carabinieri in tempi rapidi nell’albergo lì vicino, le valigie già pronte sul letto.
2. LA BUFALA DEI NORDAFRICANI ASSASSINI DEL CARABINIERE È STATA DIFFUSA DA MEMBRI DELLE FORZE DELL'ORDINE
Simone Fontana per www.wired.it
La falsa notizia della cattura di quattro nordafricani in relazione all’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega è stata pubblicata da un collega della vittima e diffusa da un agente della Guardia di Finanza, che ha esposto le foto dei presunti colpevoli sulla sua pagina Facebook da oltre 6mila follower, incitando i suoi seguaci al linciaggio.
Si è svolta così una delle numerose trame laterali del caso di cronaca che ha tenuto l’Italia col fiato sospeso nella giornata di venerdì 26 luglio e che in serata ha visto la confessione di uno dei due studenti americani fermati per l’omicidio. In mezzo, come spesso succede in questi casi, molte reazioni scomposte della politica, che in alcuni casi sono arrivate a collegare apertamente la vicenda ai salvataggi operati dalle ong del Mediterraneo.
Com’è nata la bufala
Fin dalla mattinata di venerdì si inizia a parlare di “caccia a due nordafricani”, per via di un titolo del Messaggero – ora modificato senza traccia di rettifica all’interno del pezzo – immediatamente rilanciato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, che nel post su Facebook auspica “lavori forzati” per gli autori del delitto. In un articolo successivo, ancora il Messaggero fornirà un identikit più preciso dei ricercati, descrivendo uno dei due come “alto 1.80 e con le meches”.
foto di vecchi arresti usate nel caso di cerciello rega
La notizia viene riportata da molti organi d’informazione, da Repubblica a SkyTg 24, ma all’ora di pranzo non arriva ancora alcuna conferma ufficiale. Alle 12.47, la svolta. La pagina Facebook Puntato, L’App degli Operatori di Polizia annuncia la cattura di quattro nordafricani, “tre cittadini di origini marocchine e uno di origini algerine”, con tanto di foto segnaletiche e occhi coperti per tutelarne la privacy. Si tratta naturalmente di una bufala, che resta online per un lasso limitato di tempo, ma tanto basta a scatenare il web.
La pagina di Puntato è ritenuta una fonte piuttosto affidabile, non solo perché è l’account ufficiale di una app privata ma agganciata al sito della Polizia e dunque utilizzata dalle forze dell’ordine per, citando il sito web ufficiale dell’azienda, “fare controlli speditivi del veicolo e redigere verbali”, ma soprattutto perché è amministrata da due carabinieri attualmente in servizio.
foto di vecchi arresti usate nel caso di cerciello rega
Nel giro di pochissimo tempo, su Twitter spuntano le schede segnaletiche dei quattro presunti sospetti, documenti riservati e non oscurati – teoricamente nelle mani dell’Arma dei Carabinieri – che riportano nome, cognome, fotografia e persino informazioni relative a domicilio e genitori degli uomini. Uno degli utenti che per primo ha postato le immagini – per poi cancellarle – ha rivelato di averle trovate su Portale Difesa, un aggregatore di notizie sulle forze armate dotato di forum e gruppo chiuso su Facebook.
A dare la definitiva visibilità alla falsa notizia ci ha però pensato una pagina Facebook chiamata “Soli non siamo nulla. UNITI Saremo TUTTO”, che ha ripubblicato la foto messa in giro da Puntato, accompagnandola con la didascalia “Ora lasciateli a noi colleghi ed al popolo, faremo noi giustizia”. Prima di essere cancellato, il post è rimasto online per sei ore, ottenendo quasi 5mila condivisioni.
Unico amministratore della pagina – come tiene a rivendicare nella sezione informazioni del suo profilo – è V. G., da 27 anni agente della Guardia di Finanza e con un breve passato in politica, da candidato di una lista civica in lizza per le comunali di Monte Romano, in provincia di Viterbo. La sua pagina Facebook è costellata di riferimenti espliciti alla destra estrema e al fascismo, tra i quali spiccano una bandiera di Casapound accompagnata dallo slogan #NoIusSoli e diverse immagini di Benito Mussolini.
Oltre a tre profili personali e allo spazio sul social già menzionato, l’uomo gestisce un’ulteriore pagina Facebook a suo nome. In uno degli ultimi post, condividendo la notizia dell’uccisione di Cerciello, scrive: “#grazieCarola. Mi raccomando, domani tutte senza reggiseno.
foto di vecchi arresti usate nel caso di cerciello rega
Mortacci vostra, spero vivamente che qualche volta tocchi a voi buonisti der cazzo”. E al commento di un utente (“Io gli tirerei l’acido mortacci loro”), controbatte con una frase da gelare il sangue: “Fratè io je tirerei co na 45”.
La Guardia di Finanza ha confermato a Wired di aver attivato “urgenti approfondimenti sulla vicenda” e che eventuali responsabilità saranno poi trasmesse all’autorità giudiziaria.